Il governo del calcio lombardo si spacca in due

Dimissioni di sette consiglieri, il Comitato regionale rischia il commissariamento a un mese dalle elezioni per il rinnovo

Bufera al Comitato regionale lombardo, si dimettono sette consiglieri regionali su tredici. Un vero e proprio scossone ha colpito il calcio lombardo che piomba così nel caos più totale. Di fatto, con le dimissioni dei sette consiglieri decade l’intero consiglio direttivo del Crl che ora verrà certamente commissariato. Un passo grave che i sette consiglieri Giorgio Arioli, Dario Silini, Mario Teti, Andreino Bignotti, Paolo Loschi, Adriano Maino e Francesco Santagostino avrebbero motivato come forma di solidarietà al presidente Giuseppe Baretti in quanto impossibilitato nelle attuali condizioni di salute a potersi esprimere sulle eventuali candidature. Dimissioni di massa che potrebbero avere conseguenze sulla vicina tornata elettorale: il commissario che verrà nominato dal presidente della Lega nazionale dilettanti, Cosimo Sibilia, potrebbe prorogare i termini, inizialmente fissati per il 9 gennaio, per l’assemblea per il rinnovo delle cariche al Comitato lombardo (con probabili candidati a presidente Carlo Tavecchio, che però non ha ancora ufficializzato la sua decisione, e Alberto Pasquali, attuale delegato provinciale di Brescia che a sua volta però a questo punto non è certo di fare il grande passo). E il rischio è che a quel punto i delegati lombardi finiscano fuori gioco alle successive elezioni per i vertici di Lnd e soprattutto Figc. Sarebbe un clamoroso autogol, soprattutto dopo che in tutte le ultime riunioni i rappresentanti delle società lombarde avevano più volte chiesto maggior considerazione a Roma, a meno che dietro alla scelta dei sette dimissionari non vi siano altre motivazioni di carattere politico. «Alla salute del presidente Baretti – commenta con amarezza Sergio Pedrazzini, consigliere del territorio lodigiano che fa squadra con Paola Rasori, Marco Grassini, Mario Tavecchio, Lucio Introzzi e Diego Fattarina – teniamo tutti, ma abbiamo un dovere istituzionale verso le società che ci hanno eletti che dobbiamo portare avanti. Io non gioco con la salute delle persone e non voglio in alcun modo essere strumentalizzato, perché il nostro compito istituzionale non può e non deve essere condizionato».

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