
Germain Akueté ha 23 anni e gli occhi da buono. Eppure, nella sua breve vita, ne ha già viste tante. Oggi vive a Lodi come rifugiato politico e cerca di rifarsi una vita dopo essere fuggito dal Togo. Anche inseguendo un pallone: da novembre Germain si allena con il San Bernardo e domenica 11 gennaio ha esordito nel campionato di Seconda Categoria, maglia numero 9 sulle spalle, nella trasferta di Marudo contro la Pro. «Al San Bernardo sto benissimo, siamo tutti uguali, mi hanno accolto nel migliore dei modi. Qui non c’è ombra di razzismo», racconta l’attaccante africano con il suo musicalissimo accento francese. Un idioma sconosciuto all’interno dello spogliatoio del “Sambe”, ma cosa importa? Per capirsi con compagni e allenatore basta un gesto, qualche parola in inglese e al resto pensa il linguaggio universale del calcio, un po’ come la “livella” di Totò, perché davanti a un pallone non ci sono differenze. La storia personale di Germain Akueté è però profondamente diversa da quella dei suoi coetanei lodigiani. «Sono scappato dal Togo dopo che mio padre è stato ingiustamente arrestato e messo in carcere - racconta -. Lavorava come meccanico per il ministro dell’interno, il fratello dell’attuale presidente che stava pianificando un colpo di stato, poi fallito. Ma mio padre non ne sapeva nulla, è innocente. Dallo scorso agosto non ho più sue notizie». Proprio ad agosto è iniziata l’odissea di Germain, costretto ad abbandonare il suo Paese d’origine perché la situazione si era fatta troppo complicata: Parigi, poi Milano, quindi il destino ha portato Germain a Lodi, dove ha trovato una nuova “famiglia” al San Bernardo.
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