Degradi, il “vice” di successo

CASALPUSTERLENGO La lunga (e bella) avventura di Beppe Degradi nei meandri del calcio che conta. Il 57enne tecnico di Casale ha legato il suo nome a quello di Walter Novellino, di cui è stato «secondo» per parecchie stagioni, ma anche come calciatore è arrivato ai vertici (i numeri dicono di 42 gare e un gol in Serie A) vivendo il momento magico del Perugia di Ilario Castagner. Si parte come consuetudine dall’oratorio della Juventina e a 14 anni Degradi approda agli Allievi della Cremonese e a 16 è già nel giro della prima squadra. Va in prestito al Vigevano in Serie C in una società peraltro un po’ allo sbando che gli fa venire qualche dubbio. Per fortuna la Cremonese lo richiama nella formazione allenata da Giovanni Galeone e arriva anche nella rappresentativa di Serie C ritrovandosi a fianco di Carlo Ancelotti e Pietro Vierchowod. Questa vetrina è importante per il suo passaggio al Perugia, voluto anche da Silvano Ramaccioni, suo grande estimatore e con due elementi in ascesa come Paolo Rossi davanti e Salvatore Bagni in mediana: «Nonostante il salto dalla C comincio bene nel precampionato e in Coppa Italia entrando subito nel centrocampo di Castagner, ma poi sono bloccato dalla pubalgia e devo rinviare l’esordio al 6 gennaio 1980 nella partita vinta col Cagliari - racconta il tecnico casalese -. Non è facile mantenere il posto in una squadra reduce dal secondo posto e senza sconfitte della stagione precedente, ma gli stimoli e le soddisfazioni non mancano».

Degradi rimane anche con mister Ulivieri, poi va in prestito al Como, dove segna il suo unico gol nel massimo campionato decidendo la gara vinta 2-1 sul Cesena (9 maggio 1982). Torna in B nel Perugia guidato da Aldo Agroppi e poi ritrova Galeone alla Spal in C, bissando nel campionato successivo con “Pantera” Danova in panchina (65 partite e 13 gol in totale). Cominciano nel 1985 tre belle stagioni al Piacenza di Titta Rota, di cui la seconda molto importante per la promozione in B (7 reti e 73 partite complessive). Va poi a Vicenza e ancora ad Alessandria, prima dell’esperienza svizzera al Bellinzona. Nel 1990 rientra al Casale e chiude alla “Dossenina” in Serie D nel Fanfulla di Aldo Jacopetti, guidato da Sandro Mutti.

Nel 1994 Giampiero Marchetti lo chiama al settore giovanile del Piacenza, iniziando la carriera di mister dagli Esordienti, dove conosce Walter Novellino, che lo vuole al suo fianco nel 2000, visto che Beppe Jachini sceglie di andare da solo. Arrivano così una promozione in Serie A e una salvezza nella stagione successiva, col successivo trasferimento e per ben cinque campionati alla Sampdoria, appena acquistata dalla famiglia Garrone, che consentono di approdare prima in Serie A e poi addirittura alla qualificazione in Coppa Uefa (a un passo dalla Champions). Ci sono ancora due stagioni al Torino, anche se un po’ travagliate, ma poi Degradi non segue il tecnico campano alla Reggina e al Livorno e allora prova come capo allenatore tra i dilettanti prima al Sant’Angelo («Mi chiamò il presidente Roveda a metà stagione e ci salvammo abbastanza agevolmente in Eccellenza») e poi al Real Casal in Promozione («La squadra era praticamente retrocessa e ne approfittammo per lanciare alcuni giovani di belle speranze, che però poi si sono un po’ persi per strada»).

Così il sodalizio con Novellino si ricostituisce a Modena in Serie B nel 2013 e fino al marzo scorso. «È evidente che con questo percorso ho potuto prendermi grandi soddisfazioni - commenta il tecnico casalino - lavorando diverse stagioni sia in Serie A che in B, a fianco di un allenatore che è tra i più vincenti del nostro calcio: cinque promozioni dalla B e una dalla C sono in effetti un palmares che parla da solo. Certo, caratterialmente Walter non è un personaggio facile, ma diciamo che insieme ci siamo un po’ compensati raggiungendo comunque traguardi di tutto rispetto. Oltretutto, per via della sua esuberanza e per qualche squalifica, mi ha dato la possibilità di dirigere la squadra in prima persona in diverse occasioni. E anche questo è un aspetto da non tralasciare». E peraltro anche durante la preparazione settimanale per Degradi c’è sempre stata la possibilità di incidere nel lavoro dello staff: «Novellino mi ha sempre lasciato parecchio spazio e concesso fiducia e in campo ho sempre lavorato molto con compiti anche delicati. In particolare mi sono sempre occupato degli schemi offensivi, dei reparti avanzati, mentre lui era più concentrato nel gioco difensivo. E anche nello spogliatoio dovevo tenere un po’ i rapporti con i giocatori, visto che lui preferisce stare più defilato».

Ora Degradi è in attesa di novità visto che Novellino non ha squadra e può solo aspettare i primi esoneri: «Vediamo... anche se non si può mai dire. Io sono anche disponibile per incarichi come allenatore, lavorando in prima persona. Del resto anche le esperienze vissute in zona qualche stagione fa sono state importanti perché mi hanno consentito di venire a contatto con realtà che, seppur diverse, mi hanno arricchito. A cominciare proprio da quei giovani di buone qualità, cui manca forse la cultura del lavoro. In effetti ora è tutto un po’ più facile, perché ci sono organici numerosi ed è più semplice arrivare a certi livelli. Quello che conta poi è mantenerli e non bastano solo certe qualità se si vuole tutto e subito».

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