CICLISMO Gilberto Simoni in esclusiva per il “Cittadino”

Intervista con il 52enne ex campione, due volte vincitore del Giro d’Italia

«Corse disputate nel Lodigiano? Forse una volta, con il Giro d’Italia». Ospite speciale del “Bike festival lodigiano” a Graffignana è stato Gilberto Simoni e la sua voce permette non solo di riaprire una piccola ferita (al Giro 2003, vinto da Simoni come nel 2001, risale l’ultimo transito della corsa rosa nel nostro territorio) ma anche di chiacchierare con uno degli scalatori più forti a cavallo del millennio: ieri come oggi, a 52 anni, “Gibo” resta uomo di poche ma ficcanti parole.

Dal Trentino a Graffignana: cosa la porta al “Bike festival” del Pedale Casalese?

«L’amicizia con Luca Colombo, di cui sono stato compagno di squadra da pro’ all’Aki, e con Stefano Cinerari, tecnico del Pedale Casalese (oggi in gara a Castano Primo con gli Juniores e con Christian Fantini capitano, a Crema con gli Allievi e a Gallarate con gli Esordienti, ndr) e titolare di Armofer, e il mio ruolo nell’Us Montecorona, la mia storica squadra. Attenzione però: non salgo in ammiraglia, faccio il dirigente e il genitore, oggi (domenica, ndr) era in gara mio figlio Enrico, classe 2006».

È agonista anche l’ultimogenita Clarissa: com’è il ciclismo visto da papà?

«Forse persino più duro che da corridore: il ciclismo si fa sulle strade e le strade sono sempre più difficili e pericolose».

Come sta il ciclismo giovanile italiano?

«È una situazione complicata, vedo molta voglia di fare ma anche tanta paura e tante difficoltà nel far allenare i giovani. Ai miei tempi c’erano molte più gare: per questo in Lombardia venivo solo se c’erano corse adatte a me... ed è oggettivamente difficile trovarne nel Lodigiano (sorride, ndr). Questo sport sta crescendo all’estero e calando da noi».

Scommetto che i percorsi dei grandi giri di oggi, decisamente più duri che in passato, le sarebbero piaciuti.

«Sicuramente sì, ma ho vinto anche Giri “semplici”. Mi permetta: ogni gara può diventare “difficile”, dipende da come gli atleti la interpretano».

Parlando di gare a tappe: preferisce Tadej Pogacar o Jonas Vingegaard?

«Pogacar, anche per lo spettacolo che regala».

Scelga la più grande gioia e la più cocente delusione della sua carriera.

«Metto entrambi i Giri d’Italia alla pari. Per la delusione... senza dubbio il Mondiale di Lisbona 2001 (quando era all’attacco da solo e un altro azzurro, Paolo Lanfranchi, si mise in testa al gruppo a tirare, ndr)».

Ha più incontrato Lanfranchi?

«No, ma non avrei comunque nulla da dirgli».n 
Cesare Rizzi

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