CALCIO Lacrime lodigiane per la morte di Brehme. Ferri: «Per noi è stato un compagno di vita»

Il mondo del pallone in lutto per la scomparsa a 63 anni del terzino tedesco, ex nerazzurro e campione del Mondo a Italia 90

I cross mancini, come disegnati da un algoritmo perfetto, resteranno per sempre il marchio di fabbrica di Andreas “Andy” Brehme. La sua chioma bionda aveva smesso da anni di svolazzare sulla fascia sinistra; ieri, purtroppo, si è fermato anche il suo cuore. L’improvvisa scomparsa del 63enne ex terzino tedesco, campione del mondo nelle “notti magiche” di Italia ’90 proprio grazie a un suo rigore (calciato di destro) nella finale contro l’Argentina e per quattro anni in Serie A con la maglia della sua amatissima Inter (lo scudetto dei record del 1989, una Coppa Uefa e un Supercoppa italiana), ha lasciato un profondo dolore tra i tifosi ed ex compagni nerazzurri.

Nell’Inter dei record forgiata da Trapattoni, Brehme, arrivato in Italia quasi come “pacco regalo” insieme a Lothar Matthaus, era la freccia mancina, il “fluidificante” che arava la fascia e pennellava cross magici. Di quella squadra facevano parte anche i lodigiani Riccardo Ferri e Corrado Verdelli e il settalese Beppe Bergomi. Tutti increduli dopo avere appreso la notizia: « Più che un ex compagno di squadra, Andy è stato un compagno di vita – racconta Ferri, attuale club manager dell’Inter -. Ci sentivamo spesso: voleva vivere e respirare il presente nerazzurro. Il suo senso di appartenenza e il suo essere interista non è mai venuto meno. Anche dopo la carriera in nerazzurro ha sempre voluto ribadire il suo amore e interesse per i nostri colori. Dal punto di vista calcistico è stato un calciatore incredibile: nessuno ha mai saputo dire se fosse destro o mancino. E poi, quando in campo eri in difficoltà, c’era una sola cosa da fare: dare la palla a Andy. Era come metterla in banca». Profondamente scosso anche Bergomi: « Mi sembra impossibile: lo sentivamo sempre. È il giocatore straniero con cui ho mantenuto il rapporto più forte e duraturo. Era ancora molto legato alla squadra, ai colori nerazzurri. È stato uno dei calciatori più forti della storia tedesca, all’Inter era la nostra sicurezza». 

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