Bescapé, una vita per i pesi

Un santangiolino alle Olimpiadi. Siamo nei primi anni del secolo scorso. La famiglia Bescapé è la tipica espressione di quel mondo agricolo in cui “contadini-famigli” lavorano nei campi e nelle stalle alle dipendenze dei padroni. Il pane si guadagna a fatica e spesso manca... il companatico. È una popolazione che, o perché allietata da qualche miglioramento del proprio stato o perché non lega con i proprietari, è continuamente soggetta a frequenti “sanmartino”. Questa migrazione interna dura negli anni a seguire fino a quando si consolidano gli sviluppi della rivoluzione industriale che, unitamente alla meccanizzazione del lavoro agricolo, portano a uno spopolamento delle campagne. Si sa che i Bescapé venivano dai dintorni di Milano quando giungono alla cascina Montalbana di Sant’Angelo Lodigiano, nella quale il 22 settembre 1910 nasce Attilio, figlio di Giuseppe Bescapé e di Teresa Vitaloni. La famiglia non si ferma per molto alla Montalbana, forse la permanenza dura un paio d’anni. Poi riprendono le peregrinazioni e di loro si perdono le tracce, probabilmente finiscono in cascine del Pavese.

Al piccolo Attilio piace la ginnastica, i genitori gli permettono di coltivare la sua passione e a 14 anni viene tesserato dalla società Pavese. Va in palestra e si cimenta con gli attrezzi, ma viene convinto a dedicarsi al sollevamento pesi. È sui 60 chili, piuttosto basso di statura, tarchiato, con una massa muscolare di tutto rispetto. A 17 anni ottiene il secondo posto ai campionati lombardi di sollevamento pesi, categoria dei Piuma, al limite dei 60 chili. Poco dopo ai campionati italiani vince la medaglia di bronzo accanto al vincitore Pierino Gobetti, oro alle Olimpiadi del 1924. La svolta della carriera nel 1929, quando passa alla Pro Patria sotto la guida del maestro Merlin. Conquista il titolo nazionale nello stesso anno e da allora il suo dominio nella categoria in Italia sarà incontrastato.

Le sue Olimpiadi. Nel 1932 va a Los Angeles e si classifica quinto: pochissimo... peso lo divide dallo statunitense Terlazzo che conquista il bronzo, è comunque il migliore dei pesisti italiani. Ci vuol altro per fiaccare la sua passione. Quattro anni dopo è all’appuntamento ai Giochi di Berlino, dove si classifica sesto, confermandosi fra i migliori nel mondo. Due Olimpiadi, una presenza prestigiosa. Va annotato che nelle edizioni di Los Angeles e Berlino l’Italia ottiene risultati di rilevo: con 12 medaglie d’oro, altrettante d’argento e pure 12 di bronzo, conquista il secondo posto fra le Nazioni, preceduta solo dagli Usa. In Germania gli azzurri con 8 ori, 9 argenti e 5 bronzi si classificano quinti. Questo per dire che Bescapé, pur restando giù dal podio, è partecipe dei successi italiani.

In quel decennio i regimi dittatoriali guardano con attenzione allo sport, lo sostengono, convinti attraverso di esso di poter ottenere visibilità e prestigio in campo internazionale. Nel dopoguerra questo atteggiamento è seguito nei Paesi dell’Est, i cui atleti diventano “professionisti di Stato”. Tornando agli anni Trenta, gli azzurri delle varie discipline hanno adeguato sostegno dallo Stato e quindi anche il nostro santangiolino non è pressato da difficoltà economiche, fermo restando che dalle sue vittorie e dai piazzamenti non ottiene denari, ma solo coppe e medaglie.

Costituirebbe una grossa lacuna il non fermarsi sull’eccezionale carriera di Attilio. Conquista 15 titoli nazionali, ininterrottamente dal 1929 al 1940 e quindi nel 1946, 1948 e 1949 (nel 1947 fu solo... secondo). A parte le Olimpiadi, il suo ruolino in campo internazionale testimonia il suo valore. Nel 1931 è sesto agli Europei, due anni dopo sempre nella rassegna continentale ottiene il quarto posto. È ormai pronto per l’oro in Europa e a Genova conquista il titolo nel 1934: è questo il suo successo più prestigioso. Nel 1938 a Vienna si organizza il primo campionato mondiale. Bescapé è in lizza e trova sulla sua strada Terlazzo, l’americano che lo aveva preceduto alle Olimpiadi di Los Angeles. Vince ancora lo yankee e il santangiolino si deve accontentare (si fa per dire) dell’argento.

Bescapé ha vestito quattordici volte la maglia azzurra e ha detenuto sette primati nazionali: fra i Piuma quelli nello strappo destro (65 kg), nello strappo a due braccia (95 kg), nello slancio a due braccia (120 kg) e nelle tre alzate olimpiche (300 kg); nella categoria dei Gallo invece quelli nello strappo a due braccia (85,5 kg), nello slancio a due braccia (105 kg) e nelle tre alzate olimpiche (260 kg).

Nel 1939 prende moglie, sposa Luigia Fiorani. La guerra impone una pausa per lo sport. Attilio lascia le pedane per i campi di battaglia in Grecia e in Albania. Se la cava, torna in palestra fra i bilancieri e ha giusto il tempo per vincere tre titoli nazionali e partecipare a un Mondiale. A quarant’anni smette ma non lascia lo sport: nella Pro Patria continua per anni a impegnarsi quale allenatore e quindi entra nei quadri tecnici federali. Muore a Milano il 3 marzo 1975. Chissà, se togliendo dai suoi pensieri quei “pesi” da sollevare sia venuto a vedere la cascina Montalbano, dove era nato.

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