LAVORO Nel Lodigiano non si trovano più camionisti, “liberi” 25 posti su 40

Si consolida una tendenza diventata sempre più evidente negli ultimi due anni

A fronte di 40 autisti di mezzi pesanti ricercati ad agosto nelle ditte lodigiane del trasporto, circa 25 posti resteranno liberi perché non si trova personale. È la previsione del sistema informativo Excelsior, che certifica in questo modo la sensazione che gli operatori del settore hanno ormai da tempo, soprattutto negli ultimi due anni.

La vicenda è esplosa in modo dirompente dopo la denuncia di un imprenditore lombardo dell’autotrasporto che ha dichiarato di non trovare personale nonostante uno stipendio da 3mila euro al mese. Dichiarazione che ha subito aperto il campo alle polemiche, tra chi vi vede una rilassatezza dei giovani lombardi nello sporcarsi le mani con lavori difficili e chi invece, facendo le pulci a quei 3mila euro, ha dimostrato che alla fine si tratta né più né meno di uno stipendio normale, per un lavoro fatto però di enormi sacrifici.

Ma indipendentemente dalla polemica, il fatto che non si trovino autisti è una realtà. «Sulla questione del salario non mi piace entrare più di tanto, ma è certo che se da quei 3mila euro bisogna cominciare a togliere tutte le spese di trasferta, non resta poi così tanto – spiega Nicola Marini, titolare di Emme.Effe società di trasporti di Cornegliano con tre dipendenti, e presidente dell’Unione degli Artigiani -. Rimane un buon stipendio, ma forse presentata in questo modo non è corretta. Alla fine, quello che resta in tasca è poco più di quanto si può guadagnare in fabbrica o nella logistica, a fronte di una vita di sacrifici». Però più che lo stipendio, è proprio il sistema a non funzionare, a partire dalle spese che si devono sostenere per avere una patente, almeno 5mila euro, che possono crescere con certificazioni per trasporti speciali o pericolosi. «Per un giovane è un investimento importante, ma di solito senza la certezza anticipata di un lavoro – prosegue Marini -. E del resto, non è che uno con la patente è già esperto del lavoro, anzi. L’impresa deve impegnare risorse e tempo per farlo crescere nel modo adeguato, e spesso non è possibile farlo, perché alla fine i margini non sono così elevati. Prima di lasciare un autista da solo e che abbia la giusta esperienza possono passare anche due anni, e intanto però è a libro paga. Sulla formazione è necessario che le istituzioni intervengano in qualche modo per incentivare il settore, altrimenti tra qualche anno ci saranno enormi difficoltà. Perché chi va in pensione, di norma non si riesce a sostituire. E vale per dipendenti e anche per padroncini. E quando il settore dei trasporti sarà in difficoltà vera, allora ne risentiranno tutte le filiere e ci si porrà la questione. Ma è già tardi».

Il lavoro in questo periodo c’è, anche se risente della difficoltà di programmazione delle filiere produttive e dell’industria: si procede per strappi, con momenti di lavoro molto forte e altri più calmi, con la difficoltà che sui camion non si può avere flessibilità: «I nostri tempi di viaggio e di sosta sono regolati dalla legge, e non si scappa, quindi è difficile poter rispondere in modo flessibile alle esigenze dei clienti», conclude Marini.

Una visione sostanzialmente condivisa da Giulio Tavazzi della Tavazzi Trasporti di Orio Litta, con cinque dipendenti, e presidente della categoria del trasporto di Confartigianato Lodi. «Il lavoro è complicato, ci sono tante variabili e la paga percepita evidentemente non soddisfa le aspettative, anche perché si parla di fare giorni e giorni fuori casa – spiega Tavazzi -. Fino a un paio d’anni fa sopperivamo alla mancanza di giovani con autisti dell’est, ma ora che le paghe si sono un po’ livellate, preferiscono tornare e lavorare nell’Est Europa». C’è un problema di formazione e di accesso alla professione, perché la patente costa ed è necessario un rodaggio a volte pluriennale per l’autista giovane, ma c’è anche un problema di dignità del lavoro: «Alla fine gli autotrasportatori sono considerati l’ultima ruota dell’ingranaggio, il committente vuol dire la sua, il cliente pure, per le amministrazioni locali spesso siamo un fastidio – conclude Tavazzi -. CI vorrebbe da una parte un cambio di mentalità che riconosca il nostro ruolo, dall’altro uno strumento di apprendistato più ampio, e retribuito correttamente, per invogliare i giovani ad avvicinarsi a questo mondo».
Andrea Bagatta

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