LAVORO Anche nel Lodigiano camerieri e cuochi sono diventati merce rara

Bar e ristoranti fanno sempre più fatica a trovare personale specializzato

A distanza di un anno, la situazione non è migliorata. Anzi. Più voci segnalano come oggi sia ancora più critica rispetto a un anno fa: bar e ristoranti non trovano personale specializzato con esperienza, e non trovano nemmeno molte figure giovani da formare. La carenza di organico è una costante in quasi tutti gli esercizi, e il risultato è che a essere a rischio oggi è l’impresa stessa.

Gli annunci di lavoro corrono sui social. Il tradizionale passa-parola, che una volta era sufficiente a coprire una posizione, oggi non vale più. E i titolari si rivolgono ai social: nelle ultime settimane è stato tutto un fiorire di ricerca di camerieri, camerieri di sala, personale di cucina, aiuto cucina, lavapiatti. Tutti profili anche senza esperienza. Gli annunci toccano un po’ tutto il territorio, da Casale a Sant’Angelo, con una netta predominanza di Lodi città, dove, solo nell’ultima settimana, le nuove posizioni aperte in diversi bar-ristoranti sono almeno una dozzina. Ma i profili ricercati sono molteplici, e probabilmente le ricerche proseguiranno ancora a lungo. Il rischio è quello di rinunciare al lavoro: già diversi ristoranti nel periodo maggio-giugno hanno limitato i banchetti post-cerimonia proprio per l’impossibilità di incrementare l’organico con lavoratori a chiamata, che non si trovano.

«La situazione è peggiore dell’anno scorso, perché di fatto si è prolungata: non si trovano giovani studenti a chiamata per implementare le squadre nel week end, non si trova personale specializzato e con esperienza per le posizioni più delicate e per quelle di cucina, non si trovano lavoratori generici disponibili a imparare - dice Alessandro Ferrandi , titolare della Coldana di Lodi e presidente di categoria per Confartigianato -. Noi stessi abbiamo almeno tre posizioni aperte, due di sala per il fine settimana, uno in cucina. Se vuoi lavorare con una certa qualità, non puoi far altro che rinunciare a qualche banchetto: persino gli studenti universitari, una volta bacino in cui pescare gli occasionali, oggi faticano a dire di sì a questa occupazione. È un lavoro pesante, che viene vissuto come servile, e che in pochi sono disposti ad accettare, anche solo parzialmente od occasionalmente. È una situazione generalizzata, e che non si era mai vista».

Non si tratta più solo di avere l’organico adeguato, ma di poter sopravvivere. Per la prima volta in Italia, nelle scorse settimane L’Acciuga Bistrot di Torino è finito sulla stampa nazionale per aver chiuso per mancanza di personale. «E purtroppo la situazione rischia di avvitarsi su sé stessa - spiega Vittorio Codeluppi , presidente Asvicom Lodi -. Non si trova personale, quindi da una parte si rinunciano a degli incassi perché non si riesce a erogare il servizio, dall’altra si chiede al personale in servizio di fare uno sforzo in più, mettendolo sotto stress. Il ritorno che abbiano da parte dei nostri associati è simile per tutti: sono sottorganico, non trovano professionisti e faticano a trovare giovani disponibili e con voglia di lavorare e imparare. A mio avviso stiamo pagando da una parte un cambiamento epocale per cui la bilancia del tempo-lavoro e del tempo-personale si è spostata decisamente a vantaggio del secondo, con la gente non più disponibile a sacrificare il tempo per sé o per la famiglia per il lavoro, dall’altra parte poi manca un sistema di formazione in grado di far capire ai giovani e soprattutto alle famiglie che si tratta di un lavoro qualificato e professionalizzante. È un tema complesso, che non si recupera in breve tempo ma su cui è necessario aprire da subito una riflessione profonda».

Un problema che ormai si trascina da anni ed è trasversale a tante categorie produttive. «Non so se la situazione sia più complessa dell’anno scorso, di certo è in continuità con la fase post-Covid dove già si era segnalata la mancanza di personale – commenta il segretario di Confcommercio Lodi Isacco Galuzzi -. Ormai sta assumendo i contorni di un problema strutturale, che riguarda i bar e ristoranti, ma anche tutto il comparto del commercio in generale. È complesso fare un’analisi seria del fenomeno, cui concorrono di certo numerosi fattori. Quello che è sicuro è che c’è una preparazione professionale che non incontra il fabbisogno reale del mondo produttivo ».

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