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Mercoledì 07 Dicembre 2011
«Resto in Italia, non tornerò in Perù»
Cora fa l’estetista: «Il vostro si è rivelato un paese ricco di opportunità»
Cora è una bella donna, che giustamente non vuole dichiarare la sua età e che da quando si trova in Italia ha potuto osservare i suoi sogni crescere e realizzarsi. Mai avrebbe lasciato il Perù, se non fosse stato per l’insistenza del marito, sconvolto dalla morte di un amico.Da sedici anni, Cora sente di essere appagata e di aver avuto dalla vita molto più di quanto avrebbe potuto immaginare: un lavoro da estetista, una figlia in gamba, una bella famiglia e la madre e la sorella a un tiro di schioppo, perché questa Italia si è rivelata un Paese talmente ricco di opportunità, da portare tutti i suoi familiari a fare le valigie e trasferirsi qui. E se anche oggi c’è la crisi, Cora non ha dubbi: «Siamo i maestri del “tirare la cinghia”. Comunque, sempre meglio qui che a casa».
Ciao, posso chiederti di dedicarmi qualche minuto e raccontarmi la storia della tua vita?«La storia della mia vita? Un bell’impegno».
Ti assicuro che la tua privacy verrà rispettata.«Bene. Ma il problema non è solo quello: condensare la mia vita in qualche minuto, quello è il problema».
Proviamoci. Sei d’accordo se ti faccio qualche domanda?«Vai, spara».
Vivi in Italia da molto?«Fammici pensare. Cavoli, sono già sedici anni. Da, molto, direi. Ma a dire il vero non mi sembra che sia trascorso tutto questo tempo. È proprio vero che quando si sta bene il tempo vola».
Sei felice?«Sì, sono felice. Sono una persona che sa accontentarsi, quindi non è difficile per me sentirmi appagata. Mi bastano la salute, la famiglia e il lavoro, in quest’ordine. Non chiedo nulla di più alla vita».
Da dove vieni? «Da Lima, Perù. Anche se ormai da quella parte dell’oceano praticamente della mia famiglia non c’è più nessuno. Mio padre è morto, mia madre si è trasferita da me, mentre mia sorella ha seguito il marito in Spagna. Ci sono le mie amiche, qualche parente lontano, ma posso dire in tutta tranquillità che ora la mia vita è qui, in Italia».
Sei una di quelle persone che non torneranno più in patria?«Esattamente. Ti devo confessare che la sensazione di andarmene per sempre ce l’avevo già sedici anni fa. Mio marito mi rassicurava: “Guadagniamo un po’ di soldi, ci fermiamo in Italia per qualche anno e poi avviamo un’attività tutta nostra in Perù. Non devi piangere, non è per sempre”. Erano queste le sue parole, ma io come ti dicevo non ero molto convinta. E avevo ragione».
Avevi paura di emigrare?«E chi non ce l’ha? Solo i disperati o gli incoscienti, vale a dire quelli che non hanno nulla da perdere e quelli che non sanno cosa potrebbero perdere. Una persona normale, come me e mille altre persone prima di me, altroché se ha paura. C’è tutta una vita da lasciarsi alle spalle e un grande buco nero in cui tuffarsi. La paura è il minimo. Anche perché quando non c’è lei ci si mette la tristezza. Comunque, adesso sono qui».
Di cosa ti occupi?«Lavoro presso un centro estetico. Ero estetista anche a Lima e, non per vantarmi, ma sono brava. Così fin da subito mi sono data da fare per continuare a svolgere il mio lavoro. “Va bene cambiare vita – mi dicevo – ma almeno il lavoro potrebbe restare lo stesso. Prima o poi troverai qualcuno che ha bisogno di te”. Mi presentavo ai colloqui con il mio diploma e gli attestati dei corsi svolti. Poi la titolare del centro per cui lavoro mi ha detto: “Fammi vedere cosa sai fare”. In capo a mezz’ora avevo il posto».
Ti piace quello che fai?«Certamente: io ho proprio scelto di fare l’estetista, quindi per me avere ancora oggi la possibilità di svolgere il mio lavoro è una grande fortuna. Credo non capiti a tutti».
Perché sei partita?
«Non ho deciso io di emigrare, è stato mio marito. Lui faceva il camionista, io appunto l’estetista, ma mentre io mi accontentavo di quello che avevamo, lui desiderava qualcosa di più, maggiori sicurezze. Una parte di me lo capiva, soprattutto quando esprimeva tutti i suoi timori per il futuro».
Di cosa era preoccupato?«Del fatto che non avevamo abbastanza soldi per crescere serenamente dei figli, e che il suo lavoro era pericoloso. Era rimasto scioccato dalla morte di un collega, un collega e caro amico, durante un lungo viaggio per effettuare delle consegne».
Cosa gli era successo?«Si era addormentato proprio mentre stava percorrendo una zona montuosa. Il camion è precipitato e non è stato nemmeno possibile recuperare il corpo. Mio marito aveva percorso quel tragitto più volte. Lo terrorizzava l’idea che bastasse solo un attimo di distrazione per porre fine a una vita».
Tuo marito conosceva qualcuno in Italia?«Un cugino, con cui non aveva contatti da dieci anni. Ma lo sai, no?».
Cosa?«Che quando ci si trova tanto lontani ci si sente molto più uniti. Uno della tua famiglia che non vedi da anni ti chiama, e improvvisamente ti accorgi che la tua famiglia è tutto, proprio perché in quel momento è diventata un lusso che non puoi permetterti. Per farla breve, mio marito chiama suo cugino e questi non ha esitazioni: “Vieni qui da me che ti aiuto io”».
Lapidario.«Ma efficace. Anche perché l’ha aiutato davvero, ospitandolo a casa sua e cercandogli un lavoro. Nel giro di cinque mesi, mio marito aveva un impiego come si deve e un posto letto in cui dormire. Tre anni e mezzo dopo, io ero qui con lui, nella nostra casetta».
Di cosa si occupa tuo marito?«Si chiama Carlos, fa il falegname. A lui piace dire così, in realtà monta mobili, non lavora il legno. Tu non scriverlo. Anzi, sì, così ci facciamo quattro risate. Comunque, Carlos ha trovato la sua dimensione: adora il suo lavoro ed è felice. Ogni tanto fa il fenomeno e mi dice: “Hai visto? Dovresti ringraziarmi perché è solo merito mio se oggi ci troviamo qui. Pensa come sarebbe la nostra vita se fossimo rimasti a Lima”. In fondo ha ragione: io non mi sarei mai azzardata a emigrare, non era nel mio DNA: sono una che ama la tranquillità».
Avete dei figli?«Una figlia, una bella tredicenne. Sai che si è iscritta alla scuola per estetiste? Le ho detto: “Figlia mia, non potevi scegliere niente di meglio”. Poi se ci penso incomincio a sognare e perdo i contatti con la realtà».
In che senso?«Nel senso che mi immagino mia figlia titolare di un centro estetico, padrona di casa perfettamente a suo agio con le clienti, senza nessuno che le dica cosa e come fare. Questo è però il sogno, anche perché con la crisi che stiamo attraversando, mettersi in proprio e rischiare non è il massimo. Io ho notato che le clienti stanno diminuendo, mio marito pure con i suoi. Brutto segno».
Ti preoccupa?«Non in modo particolare. In Perù eravamo dei maestri nel tirare la cinghia, se dovesse essere necessario, potremmo fare altrettanto qui. Il mio pensiero va solo a mia figlia, a cui non deve mancare nulla. Anche se avremo poco, lei sarà sempre al primo posto».
Una curiosità: tua sorella che lavoro fa?«È stata un po’ meno fortunata di me, perché fa la donna delle pulizie a ore. Non è in regola, anche perché lavora per più famiglie, quindi ha meno garanzie. Ma mi sembra serena e ogni domenica, quando ci vediamo con tutti gli altri amici, mi dà l’impressione di essere contenta. Insomma, non si è pentita della sua scelta».
E tua madre?«Siamo riusciti miracolosamente a farla venire in Italia, considerato che a Lima non aveva più nessuno. Vive da noi, mi aiuta con mia figlia. Non credevo le potesse piacere l’Italia, invece si è trovata bene. Le mancano un po’ gli ingredienti della nostra cucina, che troviamo solo in alcuni negozi specializzati. Quando glieli porto, prepara i piatti tipici della nostra tradizione e io sono felice».
Perché ti mancano?«No, perché in questo modo mia figlia può restare legata alle tradizioni e alla cultura del Paese da cui provengono i suoi genitori. È un modo per mantenere un legame con il Perù, che secondo me fa bene a tutti noi».
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