Mohamed è amico di Toni, il nostro protagonista della scorsa settimana. Ed è anche amico di un gruppo di tunisini conosciuti in questa parte del mondo. Se si trova qui è grazie a un connazionale particolarmente generoso che, dopo averlo aiutato con la ricerca di un lavoro, gli ha offerto buoni consigli e ospitalità.Mohamed è soddisfatto della sua vita: ha un lavoro, una casa, tanti amici e per ora questo gli basta. Preferirebbe però che il fratello minore non seguisse la sua strada, ma approfittasse delle migliori entrate familiari per frequentare l’università e costruirsi un futuro in Tunisia.
Dunque, veniamo a noi. Ho appena finito di intervistare il tuo amico Toni, adesso è il tuo turno. Hai un “nome d’arte” anche tu?«No, io mi chiamo Mohamed e non ho un “nome d’arte”, non ce n’è bisogno».
In effetti Mohamed non è difficile da ricordare. Sei tunisino anche tu?«Sì, ma non vengo da Nabeul. Io sono della capitale, Tunisi. Con tutti i ragazzi che vedi qui, ci siamo conosciuti in Italia. Sai, uno si trova all’estero e non vuole sentirsi solo. Così inizia a cercare e frequentare i propri connazionali, con cui nascono amicizie importanti. Ci si dà una mano, ci si confronta e ci si diverte. Noi cinque siamo sempre insieme, quando non lavoriamo».
Nessuno di voi ha famiglia?«Loro due, ma le mogli e i figli vivono in Tunisia, quindi è come se non l’avessero. Io invece sono single, felicemente single».
Quanti anni hai?«Ventitré, di cui tre trascorsi qui in Italia».
E prima di partire cosa facevi?«Mai niente di speciale. Ho fatto i cosiddetti “lavoretti” senza imparare veramente un mestiere. Una volta tinteggi una casa, un’altra aiuti un amico a posare delle piastrelle facendo poco più che l’uomo di fatica, un’altra ancora organizzi un trasloco. Sai com’è no? Se c’è bisogno di braccia forti si recluta chiunque, indipendentemente da quello che sa fare. Io ero il chiunque della situazione».
In effetti la presenza c’è. Ma guadagnavi abbastanza per vivere?«Vuoi scherzare? No che non guadagnavo abbastanza per vivere. Il più fortunato fra noi, quello che in Tunisia aveva uno stipendio fisso sufficientemente dignitoso, è Toni. Tutti noi siamo invece scappati da una condizione abbastanza infelice. Fortunatamente non avevamo mogli e figli da mantenere».
Quindi, tu vivevi in Tunisia e facevi mille lavoretti. Cosa ti ha spinto a emigrare?«Lo vedi quel ragazzo lì? Dai, fatti vedere. La “colpa” di tutto è sua. Era partito qualche anno prima e quando tornava faceva il fenomeno, sembrava dovesse traslocare. Portava regali per tutti, raccontava aneddoti e faceva sembrare l’Italia una miniera d’oro. Anche lui come me non aveva alle spalle anni di carriera in banca. Io lo ascoltavo e pensavo che poteva essere il posto giusto per me. In fondo è da quand’ero piccolino che una vocina mi spingeva a conoscere altro».
Quindi sei partito.«Aspetta, piano. Non sono partito così, improvvisando».
No?«No, non è nel mio carattere. A me piace fare le cose per bene. Quindi, mi rivolgo al mio amico “cantastorie” e gli chiedo se è disposto a mettere una buona parola per me, se è disposto a presentarmi al suo datore di lavoro. Mi dice: “Farò di più, se vuoi ti cerco un lavoro”».
Davvero?«Davvero».
Ma quindi eravate molto amici.«A dire il vero no. Ci conoscevamo bene ma non ci frequentavamo. Forse va così: quando sei felice, quando ti senti fortunato, vorresti che anche gli altri fossero felici e fortunati come te. Anche a me è capitato di aiutare qualcuno che quasi nemmeno conoscevo».
Capisco. Torniamo a te.«Il mio amico – oggi sì che posso definirlo tale – torna in Italia e per tre mesi non si fa sentire. Nel frattempo io avevo iniziato a informarmi per i documenti, la sistemazione e tutto il resto. L’unica certezza era che emigrare da solo si sarebbe rivelata un’impresa. Anche solo trovare a buon mercato un posto dove dormire era davvero una sfida. Poi, finalmente una sera mi arriva una telefonata. È il mio amico che mi dice: “Il mio capo cerca una persona per il magazzino. Ho fatto il tuo nome. È disposto a incontrati”. Non me lo sono fatto ripetere due volte».
Una bella fortuna.«Verissimo, una bella fortuna aiutata dal fatto che il mio amico è uno che si dà da fare. Intendo dire che è una di quelle persone che non deludono sul lavoro e che ispirano fiducia. Così, se loro fanno un nome, per la proprietà transitiva la fiducia si estende alla persona nominata. Io sono stato ben accolto fin da subito. Sono arrivato in Italia un lunedì mattina, il martedì pomeriggio avevo il colloquio, due settimane dopo ero all’opera».
Nel frattempo dove vivevi?«A casa del mio amico che mi ha offerto un tetto sulla testa. Adesso siamo in quattro in appartamento, tutti paghiamo regolarmente le spese e abbiamo un lavoro. Solo uno è rimasto due mesi senza stipendio perché avevano finito i lavori al cantiere, ma poi l’hanno contattato per un altro, quindi tutto ok. Ad ogni modo, se uno è senza soldi, gli altri lo aiutano».
Torni mai a casa?«Una volta all’anno, e faccio anch’io il fenomeno: porto regali, enfatizzo quello che mi succede. Ho mietuto la prima vittima, mio fratello minore».
Quanti anni ha?«Diciotto e partirebbe domani se potesse. Ma i miei non sono d’accordo. Dicono che uno in famiglia basta. Per mio fratello qualche speranza in più in Tunisia c’è: a lui piace studiare, è uno che si impegna. Inoltre io potrei finanziare i suoi studi all’università. Avrebbe un futuro diverso dal mio, magari più interessante, nonostante tutto il bailamme di questo momento».
Hai altri fratelli o sorelle?«Due sorelle più piccole, di sedici e quattordici anni. Nel loro caso di venire in Italia non se ne parla, è fuori discussione».
Va bene, ma non arrabbiarti.«Non voglio nemmeno pensarci».
Non farlo, allora. Sei soddisfatto della tua decisione?«Altroché, sono soddisfattissimo. Qui mi trovo molto bene, clima a parte. Ho il mio lavoro, i miei amici e la mia autonomia. Per me è semplicemente perfetto. Non sono un nababbo ma i soldi per vivere non mi mancano, grazie agli amici non mi sento mai solo, non posso chiedere nulla di più».
Resterai qui per sempre?«Al momento ti dico di sì. Non ho motivi per tornare in patria, almeno non adesso. Vedo la mia famiglia una volta all’anno e mi basta. Sono contento così».
Progetti per il futuro?«Nessuno, anzi no, uno ce l’ho. Il mio progetto per il futuro è vivere alla giornata e stare bene. Mi impegnerò seriamente per raggiungere questo obiettivo».
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