Paula è piccolina e questo sembra enfatizzare la sua agilità. Cammina veloce, porta borse pesanti, butta celermente un piede davanti all’altro e ha lo sguardo fisso di chi sa esattamente dove sta andando e quanto tempo le occorrerà per farlo. Non un minuto di più. È una di quelle donne che lavorano duro, senza fermarsi. E che, quando “staccano”, fra le mura domestiche trovano il “secondo lavoro”, quello più impegnativo: la propria famiglia da mandare avanti.Presto Paula partirà per il mare. Ma non andrà in vacanza: continuerà a fare la colf per la famiglia presso cui presta servizio. Le restano pochi giorni per organizzare tutto a casa: dalla spesa ai pasti dei figli.
Mi dedichi qualche minuto per raccontarmi la tua storia?«Oh mamma mia, ci mancava solo questa».
Cosa intendi?«Che con tutto quello che ho da fare devo anche dedicarti qualche minuto».
Non sei costretta, solo se vuoi.«Ma sì, ma sì, però solo pochi, pochissimi minuti, ho una fretta terribile. Ma poi cosa vuoi sapere?».
Banalmente chi sei e cosa fai. Vorrei far conoscere la tua vita e i motivi che ti hanno portata qui. Che ne dici?«Ti avevo già detto di sì. Vai, vai, procedi».
Perfetto, grazie mille.«Vai, domanda, intervistami».
Perché tanta fretta?«Pensavo mi chiedessi da dove vengo e tutto il resto».
Ok, verissimo, ma si tratta di una sorta di chiacchierata, non un’intervista-interrogatorio. Sei d’accordo, ovviamente.«Allora dovrei rilassarmi, giusto? Cavolo, come faccio?».
Incomincia a dirmi perché sei così di fretta, per esempio. E intanto magari ti rilassi.«Semplice: oggi è lunedì, giusto? Venerdì parto con la famiglia per cui lavoro. Andiamo al mare per un mese, quattro settimane esatte. Devo fare gli ultimi acquisti e preparare tutto in casa mia, visto che starò via tanto a lungo. Mio marito da solo non sa farsi neanche un piatto di pasta o un uovo al tegamino. Quindi ho fretta perché in questo poco tempo devo fare la spesa, comprarmi un costume da bagno e una salvietta visto che seguirò i bambini in spiaggia, preparare una valigia per un mese e cucinare e congelare un bel po’ di pasti per mio marito e i miei due figli, altrimenti mangeranno solo pizza e pane. Altroché se sono di fretta».
Ti capisco, ma respira.«Respiro, respiro, grazie. Sono solo un po’ agitata».
Ma di cosa ti occupi precisamente?«Per tutto l’anno sono una donna delle pulizie, normalissima. Ogni tanto faccio anche la babysitter per i nipotini della famiglia che seguo. Poi però d’estate mi trasformo, come i personaggi della tivù».
Ti trasformi?«Sì, in una sorta di tuttofare. Nel corso del mese la casa si riempie dei figli e dei nipoti dei proprietari. Io faccio di tutto: cucino, pulisco, seguo i bambini in spiaggia o a casa quando gli adulti vanno al ristorante, rifaccio i letti, lavo, stiro. Sono a disposizione per ogni esigenza».
Una bella fatica. Diciamo che decisamente non vai al mare per divertirti.«Proprio no. Ormai è da sette anni che ogni estate mi viene chiesto di seguire la famiglia al mare. Ti garantisco che è faticosissimo, ma mi permette di guadagnare un po’ di più del solito stipendio e quei soldi in casa mia sono provvidenziali. Ho due figli adolescenti che hanno le loro esigenze. Io sono una donna delle pulizie, mio marito fa l’imbianchino. Capirai che le entrate sono quello che sono. Quindi questa pausa estiva ha il suo “peso”, anche perché, oltre allo stipendio, ho vitto e alloggio garantiti».
Chiaro. Non ti ho ancora chiesto da dove vieni.«Dall’Ecuador, come mio marito. Mi sono trasferita in Italia prima io, seguendo mia cugina. È stata lei a farmi conoscere i miei datori di lavoro, amici dei suoi. Sono persone per bene, mi hanno assunta e in questo modo mi hanno consentito di vivere qui serenamente e progettare un futuro con la mia famiglia. Successivamente, tre anni dopo, è arrivato mio marito. Infine è stata la volta dei ragazzi».
Quindi loro non è molto che si trovano in Italia.«Un paio d’anni, ma si sono adattati immediatamente. Dopo un inizio piuttosto infelice, come ovvio».
Piuttosto infelice?«Certo. La cosa più sgradevole che una persona possa proporre a un ragazzino è cambiare non solo casa, non solo quartiere, città o regione, ma addirittura continente, e lasciare tutti i propri amici dall’altra parte dell’oceano. Ci hanno tenuto il muso per tre mesi buoni e non hanno nemmeno voluto studiare l’italiano. Così l’inserimento a scuola è stato abbastanza tragico. Fortunatamente con il tempo hanno saputo gestire la situazione e sono stati promossi entrambi. Ci tengono a fare bella figura».
Hanno amici?«Certo, si sono inseriti perfettamente».
E tu prima di partire devi preparare tutto?«Non posso descriverti come trovo la casa al ritorno. Tre uomini da soli sono peggio di un tornado. Non devo preparare proprio ogni cosa: faccio la spesa con un po’ di tutto, congelo alcuni piatti da infilare dritti nel microonde e pulisco la casa da cima a piedi. Per il resto sanno che io non posso aiutarli quando sono via. Ho tolto le istruzioni dalla lavatrice lo scorso anno: finalmente hanno imparato a usarla e non c’è più bisogno del mio bigliettino».
Come ti sei trovata qui in Italia, Paula?«Benissimo, benissimo davvero. In Ecuador mi occupavo di pulizie come qui, in una cittadina turistica. In stagione, quando c’era il cambio degli inquilini al fine settimana, con la mia collega arrivavamo a pulire da cima a fondo anche dodici appartamenti. Dalla mattina alla sera, praticamente. Guadagnavamo pochissimo, una manciata di euro che finivano tutti nella spesa settimanale. Qui è un altro mondo. Le persone per cui lavoro si fidano di me e in cambio ho uno stipendio fisso che mi permette di progettare il mio futuro e quello della mia famiglia con una certa serenità. A me basta questo per sentirmi a posto, per pensare “ne valeva la pena”».
Sei mai tornata in Ecuador?«Certo. Ci torniamo un anno sì e uno no, perché tutti gli anni sarebbe troppo costoso. Prepariamo una bella valigia piena di regali e cibo, anche se in teoria il cibo non si potrebbe portare. Ma mia mamma adora il grana padano e in qualche modo riesco a infilare tre o quattro pezzi confezionati fra i vestiti. Le altre prelibatezze che non possono mancare sono la mostarda e i porcini secchi. Poi ci sono le scarpe e le t-shirt per i nipoti e altri piccoli regali per i miei fratelli e sorelle, oltre a quelli di mio marito. Partiamo con le valigie piene e torniamo parecchio alleggeriti. Per questo non rientriamo in patria più frequentemente: non è solo il viaggio a costare».
Cosa farai in futuro, Paula? Tornerai in Ecuador o resterai in Italia?«Bella domanda. Al momento non lo so. Il cuore mi vorrebbe portare in patria, non c’è dubbio. Ma se poi i miei figli si fermeranno qui, so che vorrei star loro vicina. Non lo so, non lo so proprio».
Grazie Paula, ti faccio tornare alle tue cose.«Mamma mia come è tardi. Vado, vado».
Buon viaggio.
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