Olga, dall’Olanda nel Lodigiano per... un giovane medico

Questa storia di immigrati è molto diversa dalle altre, perché diverse sono le motivazioni che hanno portato Olga, infermiera olandese, qui in Italia. Se per molti la più forte spinta all’emigrazione è data dal denaro, nel caso di Olga, come in un bel romanzo, si tratta d’amore.È per il marito, medico milanese, che Olga si è trasferita nella metropoli, dove ha vissuto un periodo sospeso fino alla rinascita, avvenuta qui nel Lodigiano, in una villetta che presto si è riempita di bambini e d’amore.Una bella storia, con un lieto fine, e tanto, tanto verde a fare da cornice.Grazie, Olga, per la tua disponibilità. Come ti accennavo vorremmo semplicemente conoscere la tua storia, le motivazioni che ti hanno portata qui, cosa hai trovato e cosa ti aspettavi.«Ti anticipo subito che se solo vent’anni fa mi avessero detto: “Olga, tu vivrai in Italia”, sarei scoppiata a ridere. Mai e poi mai avrei immaginato. Prima di trasferirmi qui ho sempre vissuto in una cittadina olandese davvero graziosa, dove ho frequentato le scuole superiori e dove sono diventata infermiera. Automaticamente, subito dopo il tirocinio, ho iniziato a lavorare presso l’ospedale della mia città. Tutto filava regolare: il mio lavoro mi piaceva, la mia vita era normale».Poi?«Poi arriva questo medico italiano per fare un’esperienza di un anno. Non capitava spesso nel nostro piccolo ospedale. Sembrava un tipo interessante, decisamente troppo interessante. Ed ecco che dodici mesi dopo mi ritrovo, di punto in bianco, a vivere a Milano e a lavorare come infermiera in un grande nosocomio milanese».Un bel cambiamento.«Scherzi? Un enorme cambiamento, fin eccessivo».Perché?«Senza considerare le differenze sul lavoro, intendo dire il modo diverso di concepire l’assistenza, mi sono comunque trovata nel caos più totale. Conoscevo l’italiano grazie a mio marito, ma non abbastanza perché tutto fosse chiaro, inoltre vivevamo a Milano, capisci?».Cosa dovrei capire?«Prima di emigrare abitavo in una casetta con giardino, in una zona verde, con le passeggiate e l’occhio che si perdeva all’orizzonte. Se invece dalla mia casa milanese guardavo fuori dalla finestra, il massimo che potevo vedere era il palazzo di fronte. Uscivo per fare una passeggiata e ad accompagnarmi c’erano rumore e smog. Credevo di impazzire. Il mio compagno, ora mio marito, cercava di capirmi, ma non aveva altre soluzioni; quella era la sua casa e sicuramente non era ancora il momento per grandi acquisti insieme: la nostra storia durava da troppo poco».Quindi cos’è successo?«Un bel niente: andavo al lavoro e tornavo a casa, non uscivo quasi mai. Ogni tanto, il fine settimana, venivano gli amici di mio marito a cena, ma nulla di più. Mi sentivo come svuotata, aspettavo solo di tornare in Olanda per ricaricarmi. Ma con mio marito stavo benissimo, davvero. Così un paio d’anni dopo decidiamo di sposarci, con una bellissima cerimonia qui in Italia e una altrettanto bellissima festa in Olanda. Eravamo felici, nonostante tutto».Parli al passato, perché?«Perché poi sono seguiti tempi più difficili. Volevamo avere dei figli, ma i figli non arrivavano. Nonostante le visite, le consulenze, e tutta quella miriade di tentativi fra scientifico e officinale a cui si sottopone chi vuole un figlio, ma non riesce ad averlo. Io ero triste, profondamente triste. Gli anni passavano e mi sembrava di spegnermi. Mio marito sembrava sopportare meglio di me. Ma ti giuro se ti dico che intorno vedevo solo nero. Poi, ecco che, inattesa come sempre, arriva la svolta».Ossia?«Avevo la sensazione che la mia vita stesse prendendo una piega spiacevole, un profilo diverso da quello che avevo sempre immaginato. Mi ero lascata trascinare, gli ultimi anni erano stati tutti un continuo adattarsi: al posto di lavoro, alla metropoli, alla routine, ma non sapevo come uscirne. Finché un giorno riceviamo un invito da una coppia di amici: abitavano in campagna e ci proponevano una grigliata a casa loro. Era un sabato di giugno: in mezz’ora lasciavamo la metropoli ed entravamo nel verde, fra gli uccellini, i campi coltivati, le cascine. Mi sembrava di essere tornata a casa».Posso immaginare.«Ricordo quel pomeriggio con grande piacere e la sera, al ritorno, guardo mio marito negli occhi e gli dico: “Amore, è qui che vorrei vivere. Credi sia possibile?”. Sei mesi dopo abitavamo nel Lodigiano, in una villettina bellissima, con le imposte verdi. Mi sono anche presa un gatto che ho ancora. È un po’ vecchietto, ma tutto sommato sta bene».Un grande cambiamento.«La nuova vita mi ha portato energia. Ok, se non potevo avere figli, almeno ero psicologicamente in grado di adottarne uno. Mio marito era d’accordissimo. Ci siamo mossi con le adozioni internazionali, ci siamo spinti fino in Sudamerica, abbiamo adottato un fratellino e una sorellina che all’epoca avevano cinque e sette anni. Adesso sono due splendidi adolescenti, non sempre facili di gestire, ma decisamente meravigliosi. La nostra casa si è riempita di gioia e di luce».Che bello.«Mi hanno chiesto, quando saranno maggiorenni, di poter conoscere i loro genitori».Come l’hai presa?«Mi sembra giusto, anzi sacrosanto. Si sono già visti in Skype, hanno anche scambiato qualche parola. Gli ho detto che sicuramente li riporteremo in patria per incontrare la loro famiglia d’origine. Però io e mio marito vorremmo essere presenti, perché i bambini erano stati portati in orfanotrofio per questioni di alcol e violenza. Credo sia quindi importante gestire bene il momento dell’incontro».Come si trovano a scuola, i ragazzi?«Direi benissimo, ormai sono italiani a tutti gli effetti. Hanno degli ottimi voti, soprattutto il ragazzo, e vorrebbero fare l’università».Quale facoltà?«La femmina vuole fare Medicina, il maschio Economia. Ma staremo a vedere».E tu?«E io ho lasciato il lavoro per prendermi cura dei bambini, che ormai sono grandi ma almeno hanno sempre una mamma a casa ad aspettarli. Mio marito invece continua la sua attività in reparto. Ma mi vedi? Si nota che sono felice?».Altroché.«La mia vita è cambiata poco meno di vent’anni fa e ha preso un percorso che mai avrei anche solo ipotizzato. Ci sono stati alti e bassi, ma adesso sono felice. Non chiedo nient’altro, sto bene così». Sono molto contenta per te. Grazie, Olga. Raccontare la tua storia sarà un piacere.

© RIPRODUZIONE RISERVATA