Bea è una donna che si fa in quattro per mandare avanti la sua famiglia. Se fino a poco tempo fa, infatti, il suo stipendio serviva giusto per arrotondare, oggi è la fonte unica di sostentamento per lei, il marito disoccupato da un anno, e il figlio di cinque anni.Pur con tutto l’ottimismo del mondo, la situazione di Bea e dei suoi cari fa rabbrividire: sono tutti attaccati a un filo sottile fatto di ore di pulizie in nero. Salta un elemento, e la famiglia crolla. Nessuna certezza, per la nostra protagonista, a parte il mutuo da pagare.Ma Bea non si scompone, e a volte sembra fredda come il metallo: «Non mi piango addosso, non serve a niente. Mi rimbocco le maniche. E mi ripeto che in qualche modo faremo».
Lavori qui in zona?«Sì, ma solo per qualche settimana. Sostituisco mia sorella che è tornata in Romania, a casa. Sta via un mese, rientra a fine agosto. Beata lei. Comunque per me è una vera fortuna sostituirla, visto che in famiglia quest’ultimo anno è stato piuttosto duro. Ho bisogno di lavorare e non perdo un’occasione, anche se ci sono quasi quaranta gradi».
Perché tu sei rimasta a Lodi?«Di solito torno a casa ogni anno, è una regola per tutta la famiglia. Ma quest’estate non abbiamo i soldi per affrontare il viaggio, quindi eccomi qui».
Dicevi che è stato un anno abbastanza duro.«Altroché. Mio marito ha perso il lavoro molti mesi fa. Dunque, settembre 2011. Cavolo, ora che ci penso è quasi un anno davvero. Andiamo avanti con i risparmi e i soldi che porto a casa io, come donna delle pulizie. Considerato che prendo dai sette ai dieci euro all’ora, capirai che in tre non è facile: bisogna fare i salti mortali per sostenere tutte le spese».
Sei molto brava a mandare avanti la famiglia da sola.«Guarda, credimi se ti dico che non è questione di essere brava, è questione di non avere alternative. Cos’altro posso fare? O mi tiro su le maniche o andiamo a picco. Capisci cosa intendo?».
Credo proprio di sì. La disperazione rende più forti.«Esatto. Quindi io faccio il possibile per guadagnare abbastanza, ce la metto tutta. Sul lavoro do il massimo, perché non posso permettermi di venire licenziata o di essere sostituita. Se ne accorgono anche i miei “clienti”: “Bea, sei una forza”, mi dicono. È la forza della disperazione, penso io. Senza il mio stipendio per la mia famiglia sarebbe la fine, punto e basta. Prima la vita era più semplice. Scusa se te lo dico con un po’ di tristezza».
Da quanto tempo ti trovi in Italia?«Sette anni. All’inizio lavorava solo mio marito, in cantiere».
Muratore?«Esattamente. Nella mia famiglia gli uomini sono quasi tutti muratori: mio papà, mio fratello, mio cugino e fino a poco tempo fa anche mio marito. Come ti accennavo inizialmente le cose andavano bene: mio marito aveva uno stipendio fisso, io arrotondavo facendo la donna delle pulizie e tutto filava liscio, come nelle favole. Sai quante belle cose abbiamo fatto?».
Davvero?«Ma certo. In pochi anni ci siamo comprati una casa qui nel Lodigiano e abbiamo avuto un figlio. Adesso ne vorremmo un altro, ma non possiamo permettercelo. Ne abbiamo parlato e riparlato. Non è il momento, punto e basta. Ma io ho trentasei anni, e sento la lancetta dell’orologio battermi in testa: non ho molto tempo. Maledetti soldi, sono sempre un problema. Possibile che non bastino mai? E possibile che questa crisi non finisca?».
Ultimamente se lo chiedono in molti.«All’inizio almeno per mio marito c’era la cassaintegrazione. Meglio di niente, meglio del nulla che sta facendo in questo momento. Oddio, poverino, dire che non sta facendo nulla non è corretto».
Sta lavorando?«No, il lavoro è proprio un tasto dolente perché da quando la ditta ha chiuso non ha mai più fatto un giorno di lavoro, nemmeno in nero. In compenso mi ha ristrutturato casa, poi l’ha tinteggiata da cima a fondo. Inoltre si occupa della bambina mentre io sono al lavoro, visto che l’asilo è chiuso, e siccome io ho solo tre quarti d’ora di pausa mi prepara il pranzo. È una persona perbene. Mi dispiace che non ci sia una possibilità per lui: ha chiesto praticamente a tutte le ditte della zona, ma senza successo. È un uomo umile che accetta le critiche, si dà da fare, crede nel lavoro, un po’ come me. Se senti che qualcuno ha bisogno di un muratore, per favore dimmelo …».
Certo, sarà fatto. Perché l’Italia?«Da noi non si campa. Se vuoi guadagnare abbastanza per mandare avanti una famiglia senza infiniti sacrifici, l’emigrazione è la sola possibilità. Non c’è molto da dire. Mio marito, all’epoca fidanzato, voleva solo lavorare e costruirsi un futuro decente. Per questo è partito. Io in Romania non avevo un impiego, quindi l’idea di trasferirmi qui non mi sembrava male, anzi. E poi da questa parte del mondo, ad aspettarmi, c’erano già mio fratello con la moglie e i figli, mia sorella con il marito e mio padre e mia madre».
Praticamente siete tutti qui.«Quasi. Ho ancora un fratello in Romania, oltre a parecchi cugini e agli zii. Ma in sostanza la mia famiglia adesso è tutta qui: l’Italia è la nostra nuova casa, anche se non abbiamo amici italiani. Solo rapporti di lavoro, con voi».
L’integrazione è sempre difficile.«Noi siamo gli stranieri, probabilmente lo saremo per sempre. Ma questa è un’altra storia. Tornando alla mia, mi sembrava che venire in Italia fosse una bella opportunità, e in effetti fino a un paio d’anni fa era proprio così. Qui ho realizzato sogni che, se fossi rimasta in Romania, sarebbero stati semplicemente inimmaginabili».
Vorresti farci qualche esempio?«Detto fatto. Sai cosa vuol dire avere una casa di proprietà? Per noi è incredibile, anche se c’è un mutuo da pagare per i prossimi vent’anni, un mutuo che magari estinguerà tuo figlio. Non importa, abbiamo la nostra casa e questo è il massimo. E poi mio marito si è comprato un’automobile, usata ma bellissima, e tutti e tre abbiamo le biciclette. Tu dirai: “E cosa ci vuole?”. Per noi questi erano solo sogni».
Ti capisco, invece. Una mia amica in Congo ha lavorato un anno per comprarsi un frigorifero. Era così felice mentre me lo raccontava al telefono, da farmi capire che un frigorifero non è una cosa scontata, come una bicicletta. Niente va dato per scontato. «Quando sono partita non avevo un soldo in tasca. Almeno non mio, perché i miei genitori mi inviavano mensilmente del denaro. Poi lentamente sono riuscita a costruire il mio mondo, con un nuovo equilibrio. E adesso boom, mi è scoppiato in mano. Comunque, Elisa, non mi piace piangermi addosso. Noi siamo gente forte, andiamo avanti. Se non c’è una strada, la costruiamo».
Brava Bea. Cosa vedi nel tuo futuro?«A settembre mio figlio andrà a scuola, in prima elementare. Avrà nuovi amici, nuove insegnanti, nuove abitudini. La vita va avanti, le cose cambiano, spero in meglio. Nel mio futuro vedo molto lavoro. Se ci sarà bisogno mi darò da fare ancora di più, tutto qui. Poi magari, chissà?, potrebbe saltare fuori un posto per mio marito. La ruota gira, no?».
Ve lo auguro.«Eccolo, è venuto a prendermi con il bambino. Scusa, ma devo andare a preparare la cena. Grazie per questa chiacchierata».
Grazie a te. Buona fortuna.
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