«Ne sono certa: tornerò nello Sri Lanka»

Enoika ha solo vent’anni, fa la donna delle pulizie e la baby sitter a ore

Enoika si trova in Italia da due anni ma, nonostante abbia studiato l’italiano frequentando un corso per stranieri, fatica ancora a parlare la nostra lingua.

Fortunatamente il suo viso espressivo, con un grande sorriso solare o la fronte che si corruccia ad alcuni pensieri, spesso durante l’intervista è riuscito a “dire” molto di più di mille parole, rendendoci la sua storia perfettamente chiara.

Enoika ha vent’anni, è nata nello Sri Lanka, e lì vorrebbe tornare seduta stante. Qui non si è integrata davvero: non ha amici italiani e sebbene si aggiri nelle nostre case per renderle linde e accoglienti, o si prenda cura dei nostri bambini, la sua vita non si interseca mai realmente con quella dei lodigiani.

È un moderno paradosso, senza dubbio. A Enoika vengono affidate le cose e le persone più care da gente che quasi nemmeno conosce. Per lei non è un problema: «Perché è il mio lavoro, so come va il mondo. Io mi limito a fare del mio meglio, con un obiettivo preciso». Ossia, guadagnare in tempi brevi, anzi brevissimi, il denaro necessario per realizzare i suoi sogni nello Sri Lanka, dove l’attendono il fidanzato, il padre e la sorella minore.

Ciao Enoika, sembri molto giovane. Quanti anni hai?

«Venti. Mi trovo in Italia da due anni. Mia mamma mi ha voluta qui appena raggiunta la maggiore età. Se devo essere sincera, sarei rimasta volentieri a casa mia».

Sei stata costretta a trasferirti?

«No, assolutamente. Quando sono partita era da sei anni che mia mamma viveva in Italia. Ci raggiungeva un anno sì e uno no durante le vacanze estive, e i suoi racconti, “rinforzati” dalle somme che ci spediva puntualmente ogni mese, erano incoraggianti. Descriveva il vostro Paese come un luogo meraviglioso, dove vieni retribuito più che adeguatamente, sei ben accetto e puoi acquistare praticamente tutto ciò di cui hai bisogno. Capirai che questo, su un’adolescente, ha avuto una grande presa. Non c’è stato bisogno che me lo chiedesse due volte, di raggiungerla».

Lei perché si trovava in Italia?

«Per dare un aiuto economico a tutta la famiglia, ossia a me, a mio padre e a mia sorella minore, che ha diciassette anni. Nel nostro Paese mia mamma non aveva un lavoro. A volte dava una mano nel negozio di alimentari di mio padre, ma nulla di più. In quattro non ce la facevamo, non riuscivamo nemmeno ad avere due pasti al giorno garantiti. Se non c’era da mangiare, si saltava la cena. Tutto qui. So che in Italia una situazione del genere è difficile da immaginare. Comunque, nessuno si lamentava apertamente, ma tutti sapevamo che il nostro futuro era incerto. Così quando mia mamma ha deciso di partire, intorno a lei si è creata una sorta di silenzio-assenso. Eravamo dispiaciuti, ma non osavamo trattenerla».

Perché proprio l’Italia?

«Per via di mia zia, sua sorella, arrivata un paio d’anni prima di lei. Mia zia è un portento, una vera “pioniera”. È una donna che sorride spesso e se c’è una nuova strada da intraprendere, si butta senza pensarci due volte. Non mi stupisce che sia partita per prima; mia mamma, invece, è più simile a me: ha bisogno di riflettere e poi di essere spronata. Se non fosse stato per mia zia, quindi, ora noi non saremmo qui».

E tu saresti più contenta.

«Sì, ma non gliene voglio. In fondo, visto che sono ancora giovane, posso considerare questa esperienza come un’utile parentesi, che però mi è costata non poco dal punto di vista psicologico. Sai cosa vuol dire salutare tutti, salire su un volo e non sapere quando rimetterai piede nella tua terra? È da due anni che non vedo mia sorella, se non alla webcam, e con il mio ragazzo ci sono parecchi problemi. Ma non voglio pensarci, meglio guardare avanti».

Dicevi di essere entusiasta prima di partire. Cosa ti ha fatto cambiare idea?

«Parecchi “dettagli” davvero non marginali. Il primo riguarda mio padre, che mi manca moltissimo. È sempre stato il mio punto di riferimento, la spalla su cui piangere, il bastone a cui appoggiarsi. Ora siamo tanto lontani l’uno dall’altra che spesso, per non farlo soffrire, quando lo chiamo mento spudoratamente dicendo che sono contenta e tutto va bene. Poi mi sento in colpa perché so di non essere stata sincera. E intanto il nostro rapporto ne risente. Il secondo dettaglio, invece, è puramente pratico».

Ossia?

«Mi mancava poco per finire la scuola, diplomarmi e avere in mano un pezzo di carta che se anche qui non vale nulla, nel mio Paese è oro. Mia mamma aveva faticato tanto per pagare gli studi a me e a mia sorella. All’inizio credevo che non ci sarebbero stati problemi, che si vive lo stesso anche senza un diploma; adesso sono di tutt’altro avviso. Avrei potuto aspettare un po’, concludere il mio percorso formativo e poi emigrare».

Ultimerai gli studi più avanti?

«Puoi scommetterci, anche perché come ti accennavo non ho intenzione di restare in Italia ancora a lungo: giusto il tempo di mettere da parte un po’ di soldi e realizzare un’attività tutta mia. Tornando a noi, un altro dettaglio per cui sono insoddisfatta della mia permanenza in Italia riguarda l’integrazione».

Vorresti spiegarci meglio?

«Fin dal giorno del mio arrivo sono rimasta decisamente sbalordita da come sia possibile non capire niente, e dico niente, di ciò che una persona ti sta comunicando. Non sapevo una parola di italiano e a un certo punto ho iniziato a sentirmi un’aliena. Mi aggiravo in un mondo per me assolutamente incomprensibile. Questo di per sé è spiazzante. Così mi sono attivata per porvi rimedio».

Come?

«Mi sono iscritta a un corso di lingua che in soli due mesi – con tanto impegno, te lo garantisco – mi ha permesso di afferrare il senso di alcune frasi. È vero, con mia mamma e mia zia parlo solo nella nostra lingua, ma sto studiando ancora. Purtroppo, però, come hai modo di sentire con scarsi risultati. Comunque, come fa uno a integrarsi se non riesce a esprimersi?».

Non hai amici italiani?

«Faccio prima se ti dico che non ho amici. Qui in Italia ci sono mia mamma e mia zia, lo ripeto, ma per il resto le mie sono solo conoscenze, vuoi per lavoro, vuoi per la spesa. Della mia cultura non vedo nemmeno l’ombra. E, credimi, la mia cultura mia manca da morire. Per questo so con certezza che non mi fermerò a lungo in questo Paese».

Hai detto di avere un lavoro. Di co sa ti occupi?

«Ho seguito l’esempio di mia madre: faccio la donna delle pulizie. Ogni tanto intervallo con un po’ di baby-sitting, lavoro che fra l’altro mi piace moltissimo. Mi occupo dei bambini due pomeriggi alla settimana, tutte le mattine sono in una famiglia, mentre il sabato mattina e i pomeriggi liberi in un’altra. Per questo sono contenta quando faccio la baby-sitter, perché mi riposo. Pulire appartamenti dalle otto del mattino alle sette di sera è abbastanza faticoso».

Anche tua zia fa la donna delle pulizie?

«Sì, anche lei. È l’unica ad avere provato l’assistenza agli anziani. A suo avviso non ne vale la pena, soprattutto se come lei vuoi fermarti qui a lungo. Dice che il lavoro di badante necessariamente ti lascia a piedi prima o poi e che “ti consuma”, queste sono le sue parole esatte. Io, per come sono fatta, non l’ho nemmeno preso in considerazione».

Consiglieresti a tua sorella di partire?

«Mia sorella non sta più nella pelle e non vede l’ora di avere diciotto anni per trasferirsi qui con noi. Le ho sconsigliato vivamente di lasciare lo Sri Lanka, ma non mi dà retta. Sai che ti dico?».

Cosa?

«Che sbatterà anche lei la testa contro la dura realtà e proprio come me rifarà le valigie e tornerà in patria appena possibile. Sicuramente mia mamma ci resterà male, ma non siamo tutti uguali: lei si trova bene qui, noi stiamo bene a casa».

Dicevi di avere un sogno da realizzare in patria.

«Ho più di un sogno da realizzare, fortunatamente. Il primo, immediato, è finire gli studi e ottenere il mio agognato diploma in agraria».

E poi?

«E poi se il mio ragazzo riesce ad avere ancora un po’ di pazienza, vorrei che ci comprassimo una casa tutta nostra e ci sposassimo. Ne abbiamo parlato almeno mille volte, era il nostro progetto, forse anche uno dei motivi per cui mi trovo qui».

Quale pensi sarà il tuo lavoro nello Sri Lanka?

«Con i soldi risparmiati mi piacerebbe aprire un’attività tutta mia. Viviamo in una zona bellissima che ha un grande potenziale dal punto di vista turistico. Io vorrei aprire un piccolo ristorante. Sai che meraviglia? Potremmo lavorarci io, mia sorella e anche il mio futuro marito».

Cucina italiana o cingalese?

«Fortunatamente ho tempo per pensarci, ma mi hai dato una bella idea».

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