Jean consegna volantini. Da tre anni questo è il suo lavoro, indispensabile per saldare il debito contratto per emigrare, aiutare la famiglia in Costa d’Avorio e pagare l’affitto del monolocale che divide con altri due connazionali.Non ci vuole molto per comprendere quanto fosse disperata la sua condizione prima di partire: niente lavoro, niente risparmi, niente possibilità. «Non avevo scelta: se restavo in patria finivamo tutti sulla strada. Era questione di pochi mesi». E intanto la moglie lo aspetta in Africa: «Là in qualche modo ci si arrangia»; mentre qui Jean tira a campare, senza l’ombra di una prospettiva per il futuro.
Buongiorno.«Buongiorno».
Vedo che sta lavorando. Posso accompagnarla e chiederle di raccontarmi la sua storia?«Va bene, faccia pure».
Ci diamo del tu?«Nessun problema. Cosa vuoi sapere?».
Inizia tu, nessuna domanda: raccontami la tua vita.«Ho quarantatré anni, vengo dalla Costa d’Avorio, facevo l’operaio in una ditta che commerciava legname. Ho una moglie e tre figlie, tutte femmine. Ho anche un fratello. Tutto qui».
Come tutto qui? Allora ti faccio io le domande. Quanti anni hanno le tue figlie e di cosa si occupano?«La più grande ha ventidue anni e ha un figlio».
Sei nonno, quindi.«Esatto. Dicevo ha ventidue anni e un figlio, quindi si occupa della sua famiglia. La più piccola invece ne ha quasi tredici e aiuta la madre. Sta anche finendo di studiare: ha davanti ancora un anno».
E la terza figlia?«La diciassettenne è l’unica che lavora. Fa la parrucchiera nel negozio di un’amica. È il sogno di quando era bambina. Per dirla tutta, avrebbe sempre voluto avere un salone tutto suo, ma non siamo gente che può permetterselo, su questo non c’è dubbio. Con il mio solo stipendio di operaio facevamo la fame. Non che adesso sia molto diverso».
Da quanto tempo fai volantinaggio?«Praticamente è stato l’unico lavoro che ho svolto qui, poche settimane dopo il mio arrivo in Italia. Mi verrebbe da dire “e tanta manna”, ma forse non è il caso. Non si guadagna abbastanza per vivere. Me ne sto intere giornate in strada per pochi euro. Giusto per darti un’idea, riesco a spedire qualcosa a casa una volta ogni tre mesi».
E come fa la tua famiglia?«Come tutte le famiglie africane, fa quel che può, si arrangia. Noi ce la caviamo con poco. Il problema è che io volevo ribaltare le sorti di tutti, invece eccomi qui. Non è vita questa».
Mi dispiace. Abiti in zona?«Dividiamo un monolocale in tre, tutti ivoriani, appena fuori Lodi: in città gli affitti sono troppo cari».
In tre in un monolocale?«Lo so che non si sta comodi, ma questo è quello che passa il convento e qui davvero dico “tanta manna”. Con quel che guadagno non potrei mai permettermi di disporre di un appartamento tutto per me».
Anche i tuoi connazionali fanno questo lavoro?«Sì, anche loro. Non che ci siano molte alternative: o chiedi la carità o ti accontenti».
Ma tu perché sei partito? Hai detto che il lavoro ce l’avevi.«Ce l’avevo sì il lavoro, ma un anno prima della partenza mi ero ritrovato a casa. Sai com’è, a volte le cose non vanno come speri. Dovevano ridurre il personale e io ero nella lista sbagliata: in quella delle persone da licenziare. Il mio migliore amico è ancora in azienda, sai? Fa i salti mortali per mandare avanti la famiglia con quello stipendio da miseria, ma almeno ha il lavoro. Capisci?».
Certo che capisco.«Io ero disoccupato, invece, con una moglie e tre figlie. Disoccupato in Costa d’Avorio, non so se mi spiego. “Adesso che si fa?”, mi chiedeva mia moglie? “Vedrai che ci arrangiamo”, rispondevo. Invece avrei voluto dirle: “E che ne so?”. Non lo sapevo davvero, che fare».
Non hai provato prima a cercare qualcosa in zona?«Ti garantisco che prima di fare le valigie per l’Italia le ho tentate praticamente tutte. Ma sono un uomo senza conoscenze, cosa vuoi che possa trovare in Costa d’Avorio? Così alla fine, un anno dopo il licenziamento, mi sono messo in viaggio per l’Europa. Tutti mi dicevano che l’Italia era un “buon posto”, anche per chi come me non aveva modo di fare tutte le cose a regola d’arte».
Ci vorresti spiegare meglio?«Se ti trovano senza documenti in Francia sono guai, qui invece te la cavi. Ecco, così è più chiaro?».
Decisamente.«Allora mi sono organizzato. Il viaggio è stato piuttosto lungo e costoso. Finirò di saldare il debito con un tizio della mia città fra qualche mese».
Più di tre anni?«Purtroppo le cose non sono andate come volevo. Avevo sentito di conoscenti che, con un lavoro da operaio in Italia, avevano reso ricca la loro famiglia a casa. Quello era il progetto iniziale. Poi invece mi sono dovuto adattare alla nuova realtà strada facendo. Ho scelto il volantinaggio. Ho scelto non è corretto; diciamo che ho “trovato” il volantinaggio come unica possibilità. Se volevo ripagare il debito non avevo alternative».
Come l’hanno presa a casa?«Come dovevano prenderla? È sempre meglio di niente. Mia moglie si è messa a cucire per tutto il vicinato. Dice di essere diventata abbastanza brava. Se serve si improvvisa anche cuoca. Poi, a dire il vero, non è che proprio si improvvisi: è brava a fornelli. Insomma, come ti accennavo fa quello che può, e mia figlia minore l’aiuta».
Dicevi di avere un fratello.«Sì, ma lui ha la sua vita e la sua famiglia».
In Costa d’Avorio?«Per sua fortuna sì: non è mai stato nella lista infelice dell’azienda in cui lavora».
Anche lì ci sono stati tagli?«Diciamo che la situazione non è rosea per nessuno: anche in Costa d’Avorio la crisi si è fatta sentire, e non poco. Io sono partito appena prima che la situazione diventasse insostenibile».
Hai dei progetti per il futuro?«Scusa, ma che progetti vuoi che abbia? Dove vuoi che vada? Entro i primi mesi del 2013 devo saldare il debito, poi potrò decidere come muovermi, ma francamente non ho i mezzi per fare grandi cambiamenti o spostamenti. Andrò avanti così finché resisterò, questa è la realtà».
Non tornerai a casa?«Per fare cosa? Morire di fame come tutti gli altri? Preferisco tirare la cinghia qui. Almeno sono in Europa, almeno un lavoro ce l’ho».
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