«Faccio il muratore, ma non c’è lavoro»

Il blocco dell’edilizia sta innescando problemi a livello occupazionale

Raul ha ventotto anni e sorride poco, anzi pochissimo. Forse perché la sua vita è stata dura, forse perché si sente un po’ solo, fatto sta che il suo bel viso chiaro si illumina raramente. Solo quando parla di sua moglie e di sua figlia l’espressione assume un’intensità diversa; per il resto è buio.Rimasto disoccupato all’improvviso, un anno prima del matrimonio, Raul ha drasticamente smesso di credere alla fortuna e si è rimboccato le maniche per costruirsi la vita che avrebbe voluto. E per un po’ la sua determinazione ha dato i frutti sperati. Ma oggi c’è la crisi, che un muratore avverte inesorabilmente. E la domanda a questo punto è una soltanto: «Possibile che io non possa avere un attimo di pace, non possa sentirmi tranquillo? Mia moglie e mia figlia meritano un futuro sereno, e io con loro».

Buongiorno, è italiano?«No, sono rumeno. Perché, c’è qualche problema?».

No, nessun problema. Anzi, visto che è rumeno potrei approfittarne e farle qualche domanda per il Cittadino. Che ne dice?«Mi faccia pensare. No, dico di no».

Ma guardi che non succede nulla, può stare tranquillo.«Ho capito, ma cosa vuole sapere?».

Facciamo così: inizio con le domande, tu se vuoi rispondi e poi vediamo. Ok? Innanzitutto, va bene se ti do del tu? Mi sembri giovane.«Ho ventotto anni, sì, sono giovane. Dammi pure del tu. Posso anch’io?».

Certo. Dicevi di essere rumeno. Da quale città vieni?«Vengo da Bucarest, dove sono nato e cresciuto, ma ormai mi trovo in Italia da cinque anni».

Il motivo?«Il motivo? E me lo chiedi anche? Non sai che in Romania non siamo messi bene? C’è poco lavoro, ci sono pochi soldi e poche opportunità. Io per esempio mi sono ritrovato disoccupato quasi da un giorno all’altro. Facevo l’operaio in una ditta di calzature. Nessuna avvisaglia, sembrava che la mia vita potesse continuare così all’infinito, invece bum, all’improvviso non ho un lavoro, quindi nemmeno uno stipendio».

Ovviamente.«Ovviamente. Una tragedia. Anche perché la mia famiglia non se la passava bene già quando lavoravo, figuriamoci con un figlio di ventitré anni a carico. Oltretutto prossimo al matrimonio».

Dovevi sposarti?«Certo, l’anno successivo. Ma evidentemente il destino sembrava avere in serbo per me qualcosa di diverso. Senza un lavoro non potevo pensare di mettere su famiglia. Mia moglie, intendo dire quella che è poi diventata mia moglie, era disperata, forse anche più di me. I suoi sogni si stavano frantumando insieme ai miei».

È molto triste ciò che dici.«Triste ma vero. Mi hai chiesto di raccontarti la mia vita. Eccola».

Tua moglie non aveva un lavoro?«Sì, lavorava in una tintoria dove faceva la stiratrice. Sai che con il suo lavoro non guadagnava neanche duecento euro al mese? La sfruttavano, sapendo che avevamo bisogno, ecco come stavano le cose. Ma quando non hai i soldi è così: chi può se ne approfitta. Ha un bel pari, uno, a pensare alla propria dignità. Fai quel che devi e tante grazie, altro che dignità».

Purtroppo.«A quel punto, ritornando a me, ho iniziato a cercare come un pazzo un posto di lavoro. Qualsiasi cosa andava bene, qualsiasi. Credo di aver bussato a quasi tutti i portoni della mia città, ma niente. “Siamo al completo”, “Provi a ripassare fra qualche mese”, “Se avremo bisogno le faremo sapere”. Le solite risposte di circostanza, quelle che non ti lasciano molte speranze. Parecchi mi salutavano aggiungendo “Buona fortuna”. All’ennesimo augurio di questo tipo mi sono fermato, come congelato, e ho avuto l’intuizione».

Che intuizione?«Mi auguravano buona fortuna, come se la mia vita fosse regolata solamente da quella. Ero un ragazzo in gamba, con tanta voglia di fare e su cosa potevo basarmi? Sulla fortuna? No, per me era inconcepibile».

Cosa intendi dire?«Intendo dire che se uno aspetta che le cose piovano dal cielo è finito. Bisogna prendere in mano la propria vita, o sia arriva alla fine senza averla vissuta. Fortuna un bel niente, io potevo e volevo fare qualcosa. Quel giorno ho smesso di credere nella fortuna».

E cos’hai fatto?«Mi sono messo in viaggio per l’Italia. La mia ragazza era in lacrime, io invece mi sentivo al settimo cielo. Ero convinto di potercela fare senza l’aiuto di nessuno».

Proprio nessuno?«Avevo un cugino qui in Italia. Non lo vedevo da tempo, ma poteva essere disponibile. Una telefonata, e avevo un tetto sulla testa. Non mi restava che cercare il lavoro, ma quello si poteva fare solo in Italia. Così mi sono messo in viaggio, destinazione Verona».

Cos’hai trovato al tuo arrivo?«Una bella città, ma poco lavoro. Mio cugino si era sistemato: faceva il magazziniere in una ditta. Ma per me non c’era nulla. Io di certo non sono un tipo che si lascia prendere dal panico o dallo sconforto, quello no. Ma quando i mesi passano e all’orizzonte non si vede il minimo segno di miglioramento, anche i più tosti qualche domanda se la pongono».

Avevi paura di non farcela?«Sì, avevo paura di dover tornare a casa sconfitto, senza un soldo e senza l’ombra di un futuro. Ma avevo ancora una carta da giocare».

Quale?«Quella di una mia zia che viveva e vive tuttora nel Lodigiano. “Dai, Raul, vedrai che lì andrà meglio”, mi dicevo. E intanto ogni volta che sentivo la mia ragazza mi si stringeva il cuore: non avevo mai buone notizie da darle. Comunque, ecco che arrivo da mia zia, una donna pratica che nel giro di un mese era riuscita a “piazzarmi”».

Piazzarti?«Letteralmente. Aveva attivato tutte le famiglie per cui lavorava come colf, chiedendo di aiutarmi con la ricerca di un lavoro. “È un bravo ragazzo, si deve sposare, dategli una mano perché se lo merita”. Mi sembrava di essere il caso umano dell’anno. Sai che ce l’ha fatta? È un mito, mia zia».

È la sorella di tua mamma?«Sì, una persona molto cara. In capo a un mese, come ti accennavo, avevo un lavoro da muratore. Mai fatto il muratore in vita mai, fino a quel momento, ma poco importava, no?».

Si impara tutto nella vita.«Esattamente. E infatti adesso credo di essere abbastanza bravo. L’unico problema è che non c’è molto lavoro. Io ho una moglie da mantenere e una figlia piccola che ha bisogno di certezze».

Alla fine anche con tua moglie è andata bene.«Benissimo. Ci siamo sposati proprio il giorno previsto, come nei nostri sogni. Un anno dopo, la nostra bimba era in arrivo».

Ma c’è qualcosa che non va? Ti vedo triste.«Ma sì, non va che non riesco mai a stare tranquillo. Cerco di fare felici tutti ma i problemi non finiscono mai. Adesso, appena chiudiamo con il cantiere in cui stiamo lavorando, non ci sono altri lavori all’orizzonte. E cosa do da mangiare alla mia famiglia?».

Un bel problema.«Magari metto un’inserzione sul giornale, per fare qualche lavoretto nelle case. Che ne pensi?».

Secondo me funziona.«Speriamo. Anche perché io non voglio tornarmene in Romania. Sto bene qui, davvero».

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