Elga fa la badante da dodici anni con il preciso scopo di realizzare i sogni del figlio. La sua vita è un’ombra, custodita in una casa del Lodigiano.Elga qui non ha conoscenti né amici, a parte una connazionale che non vede mai, per via della mancata coincidenza delle rispettive ore libere.Fa tenerezza, la nostra protagonista: da quando ha vent’anni ha messo in disparte se stessa e i propri desideri per dare una chance alle persone che ama. E intanto la vita è andata avanti: il figlio è cresciuto, la sorella si è sposata, la Romania è cambiata. Ma nella storia di Elga non si è spostata un virgola. Tutto immobile. Anche il suo sorriso.
Tu non sei italiana, giusto?«Giusto. Perché ti interessa?».
Perché scrivo le storie di immigrati per Il Cittadino. Hai qualche minuto per raccontarmi la tua storia?«Va bene, ma quando arriva il pullman devo andare, c’è la mia signora che mi aspetta».
Fai la badante?«Esatto».
Da molto?«Sono dodici anni. Una vita, se consideri che ne ho trentatré».
Una vita davvero.«All’inizio non mi piaceva questo lavoro. Ero solo una ragazza con tanta voglia di portare la sua famiglia fuori dalla miseria, punto e basta. Non mi piaceva stare con gente malata giorno e notte, mi metteva angoscia. Non so se mi spiego».
Credo di capirti.«Hai vent’anni, lasci il tuo Paese per – diciamo così – fare fortuna. Il tuo obiettivo è lo stipendio. Semplice, chiaro. Poi arrivi e tramite le tue conoscenze ti trovi a casa di una sconosciuta, tu e lei. Non puoi uscire se non nell’“ora d’aria”, che arriva sempre troppo tardi e dura sempre troppo poco. Nessuno ti ha insegnato niente: come cucinare, come parlare correttamente la lingua, come prenderti cura di un’anziana non autosufficiente; ma, soprattutto, nessuno ti ha detto cosa effettivamente questa persona ha, qual è la sua patologia. E, come se non bastasse, a tutto questo si aggiunge una profonda nostalgia per la tua famiglia, che non vedrai per un bel pezzo. Ho pianto per due mesi, poi me ne sono andata».
E cos’hai fatto?«Ho trovato un’altra signora, decisamente meno complessa da gestire. E poi ho fatto un bel lavoro su me stessa».
In che senso?«Nel senso che mi sono autoconvinta che anche se questa non è una vita perfetta, come l’avrei sognata, almeno è una vita dignitosa. In Romania c’è mio figlio, oggi è un ragazzino, ha quattordici anni. Sono partita per lui, per garantirgli un futuro, visto che il padre non l’ha voluto riconoscere. Se non avessi fatto questo “sacrificio”, oggi non potrebbe frequentare la scuola che gli piace e decidere del suo futuro. Il mio lavoro da badante è la sua libertà».
Chiaro.«Non avevo scelta: ero in Italia per combinare qualcosa. Poi pian piano ho capito che fare la badante ti dà anche di più del semplice denaro: ti dà umanità. Adesso è tutta un’altra storia. Sono molto affezionata alla signora che seguo».
Tu cosa facevi prima di partire?«Lavoravo in una panetteria non lontano da casa e vivevo con i miei genitori e mia sorella. Era una vita normale, la mia. Il problema era che in casa avevamo davvero pochi soldi: giusto per le prime necessità. Poi ecco che resto incinta e scoppia la tragedia: in cinque con due stipendi, il mio e quello di mio padre, non potevamo farcela. Ho aspettato che il bambino avesse due anni giusto perché così sarebbe stato più facile da gestire per i miei. Ovviamente il giorno della partenza avevo il cuore in lacrime».
Conoscevi qualcuno qui in Italia?«Conoscevo la figlia di una vicina di casa che faceva la badante. Il primo mese sono stata a casa sua. O, meglio, a casa della signora che seguiva. Sembravano scene da film: rientravo solo per dormire, perché non potevo disturbare durante la giornata, l’appartamento era piccolissimo».
E cosa facevi tutto il giorno?«Passeggiavo per la città, chiacchieravo con i connazionali, davo un’occhiata alle vetrine. Fortunatamente era estate. Ricordo di aver passato intere giornate all’Isola Carolina. Non mi dispiaceva, solo che avevo urgenza di trovare un lavoro: a casa aspettavano il mio aiuto».
Come l’hai trovato?«Tramite una connazionale, che rientrava in patria per sempre. In sostanza, mi lasciava il suo posto che, come ti accennavo, era particolarmente impegnativo. Tutte le volte che ho perso il lavoro, non sono mai stata ferma per più di un mese, marito del passaparola. E intanto il mio bambino cresceva bene. È un ragazzo in gamba».
Dopo quanto tempo sei tornata a casa la prima volta?«Dopo un anno e mezzo. Quasi non lo riconoscevo tanto si era fatto grande. Mi dispiace di non essere stata con lui quando ne aveva bisogno, mi dispiace moltissimo. Ma anche se non è la vita che avrei sognato, è pur sempre una vita dignitosa. Io non potevo fare altrimenti: se fossi rimasta in Romania non ce l’avremmo mai fatta».
Prima dicevi di avere una sorella.«Sì. Si è sposata e ha due figli. Ovviamente vive in Romania. Le abbiamo organizzato un matrimonio meraviglioso; questo sempre grazie al mio lavoro qui».
Tu qui in Italia hai degli amici?«A dire il vero non conosco quasi nessuno. Me ne sto sempre in casa, a parte le due ore al giorno che non coincidono quasi mai con quelle della mia amica. Alla fine non sempre esco: se fa molto freddo mi passa la voglia».
Parli benissimo l’italiano. «Merito di una signora che seguivo. Era una donna molto in gamba che mi dava lezione: dedicavamo un paio d’ore al giorno allo studio della lingua. Mi piacevano moltissimo quei momenti. Io avevo il mio quaderno e il libro di grammatica, lei prendeva carta e penna e mi insegnava l’italiano. Grazie a quella donna meravigliosa so leggere e scrivere in italiano più che dignitosamente».
Ormai è una vita che sei qui. Per quanto tempo ancora ti fermerai?«Bella domanda. Non lo so. Ragioniamo al contrario: cosa potrei fare se tornassi in Romania? Quale lavoro mi aspetta? Credo niente. O, almeno, niente che mi consenta di fare studiare mio figlio e vivere dignitosamente. Quindi, con tutta probabilità, starò qui ancora qualche anno. Quanti non so, ma mi farebbe piacere che mi figlio frequentasse l’università».
Tornerai a casa questa estate?«No, quest’estate facciamo un esperimento».
Ossia?«Viene qui mio figlio. Lo ospiterò a casa della signora che seguo. Ovviamente lei è stata informata ed è d’accordo. Vedremo come andrà».
Secondo te?«L’Italia gli piacerà tantissimo».
E se vorrà vivere qui?«Troveremo il modo, tutto è possibile. Sono qui per realizzare i suoi sogni».
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