Alì e Abbas, due “fratelli” in cantiere

Alì e Abbas sono amici e colleghi di lavoro. Uno è piccolo e minuto, l’altro grande e grosso, ma entrambi hanno il volto gentile, con quell’espressione simpatica che mette a proprio agio. Li abbiamo intervistati con un piacevole sottofondo musicale – «Musica araba, egiziana per la precisione» – in una bella giornata di sole. E con un po’ di fantasia, davvero tanta a ben vedere, si sarebbe potuto immaginare di trovarsi su una spiaggia di Sharm el Sheikh. «Se dovessi consigliare a un italiano una meta per le vacanze, proporrei Sharm – ha puntualizzato Abbas, innamorato del suo Paese – per mille motivi. C’è un mare bellissimo, sole a picco e temperature piacevoli anche in inverno, ordine, pulizia, tanta bellezza. Non avrei dubbi. Poi, se invece uno ha voglia di un po’ di colori e profumi locali, allora Il Cairo non ha paragoni».Orgogliosi del loro Egitto, Alì e Abbas, rispettivamente ventitré e ventisei anni, ci hanno raccontato le loro storie e presentato i loro punti di vista. Due amici, due diverse visioni del mondo, che rendono ancor più prezioso il loro rapporto.

Bella musica...Ab: «Ti piace? È musica egiziana, musica tipica. Ci portiamo dietro lo stereo per lavorare meglio. A volte tinteggiare è un po’ noioso, con la musica invece si crea la giusta atmosfera».

In che senso?Ab: «Ti concentri e ti rilassi. E diventi più preciso».

Siete egiziani anche voi?Ab: «Sì, io di Tanta».Al: «Io del Cairo».

Allora suppongo che vi siate conosciuti in Italia...Al: «Ci siamo conosciuti qui sul lavoro. Stiamo intere giornate insieme nei cantieri da tre anni, dalla mattina alla sera. Fortunatamente siamo diventati amici, altrimenti ci saremmo presi a scazzottate. Vediamo le cose in modo diverso, ma entrambi siamo due ragazzi tranquilli».

Vivete nel Lodigiano?Ab: «Sì, io a Lodi. C’è qui anche mia moglie, abitiamo in un appartamento tutto nostro che sono riuscito a comprare con questo lavoro. Non ci avrei scommesso più di tanto anche solo quattro anni fa. E invece sono stato tra i “fortunati”, o forse era proprio questo il mio destino».

Che lavoro facevi prima di partire?Ab: «Riparavo auto nell’officina di un mio amico, che poi tanto amico non era, visto che mi pagava saltuariamente e a modo suo».

A modo suo?Ab: «A modo suo: decideva lui quanto darmi, a seconda degli incassi e di quello che gli passava per la testa. Attenzione, io non ero socio. Ma lui si organizzava così: se guadagnava molto mi riconosceva lo stipendio pieno, come concordato; se invece la settimana andava male, applicava delle riduzioni “per far fronte alle spese sostenute”, diceva lui».

Non era proprio il massimo...Ab: «No, decisamente. Poi con una moglie da mantenere e una famiglia da costruire come fai? Da noi le donne non lavorano e l’uomo ha sulle spalle la responsabilità economica di tutta la famiglia. È tosto».Al: «Ma dai, non è sempre così. La mia ex ragazza lavora».Ab: «Tu fai sempre il “moderno”».

Ne deduco che qualcuna lavora e qualcuna no...Ab: «Ma sono molte di più quelle che non lavorano».Al: «Vero».

Ok. Quindi tornando a te, Abbas, non riuscivi a mantenere la tua famiglia.Ab: «No, non riuscivo. E non avevo nemmeno idea di quale alternativa trovare e soprattutto dove cercare. Io non ho studiato come i miei due fratelli, che sono dipendenti pubblici. Non sapevo nemmeno fare il meccanico, prima di diventarlo. Così ho iniziato a chiedere in giro. Mio cognato era in Italia, poteva darmi una mano per il viaggio e la sistemazione. “Parto, parto, parto”, ho pensato una sera. Non avevo niente da perdere».

E tu, Alì?Al: «Io vivevo con la mia famiglia nella capitale. Avevo studiato ma sentivo di non avere prospettive. Da noi gli stipendi sono molto bassi. Si sta bene per il clima, le città che trasudano storia, la buona cucina e l’aria di casa. Ma per il resto in Egitto è una vera lotta. Tutto costa moltissimo e alla fine la perenne sensazione di non potersi permettere questo o quello sfizio diventa insopportabile. Sono venuto in Italia per poter comprare ciò che mi piace. E devo dire che, crisi a parte, qui per me è perfetto. Ho un lavoro, una casa in cui vivo con alcuni connazionali e tempo libero per andare a divertirmi. Cosa posso volere più di questo?».

Siete molto diversi voi due, non solo fisicamente... Ab: «Ed è proprio per questo che andiamo d’accordo. Ogni tanto Alì insiste perché esca con i suoi amici, ma non capisce che io ho famiglia».

Figli?Ab: «Uno in arrivo. Non posso lasciare a casa mia moglie la sera. Il problema è che ogni tanto devo prendere i permessi per accompagnarla alle visite: non parla l’italiano e farebbe fatica a capire i medici. Ma per fortuna il mio datore di lavoro è una brava persona. Scrivilo, così magari ogni tanto chiude un occhio».

Come siete arrivati a Lodi?Al: «Io avevo un amico che viveva qui. Adesso è tornato in patria, ha aperto un bar. Viveva in un paese della zona, aveva un lavoro in regola, ma la famiglia era rimasta in Egitto. “Alì, faccio i soldi e torno a casa”, continuava a ripeterlo fino alla nausea, intendo la mia, di nausea. Non spendeva un euro, praticamente nemmeno chiamava casa, per risparmiare. Cavoli, i soldi li ha fatti davvero. Non tanti, ma adesso ha un bar tutto suo, lui che era proprietario giusto del letto in cui dormiva».

Vorresti anche tu tornare il patria?Al: «Lungi da me l’idea. Qui mi trovo benissimo. Cosa torno a fare in Egitto? A sgobbare come un matto per pochi euro? Meglio imbianchino qui per sempre, credimi. Io mi fermo in Italia, mi sistemo qui. Almeno spero».

E tu, Abbas?Ab: «Casa è casa, nel bene e nel male. Ok, l’Egitto non sarà proprio il massimo, poi ci si è messa anche la politica a complicare il tutto; ma la mia famiglia è là, a parte mia moglie. Magari cambierò idea: ho sentito tanti amici che con i figli hanno deciso di stanziarsi definitivamente in Italia. Credo sia normale: i bambini si integrano qui e questo diventa il loro Paese. Ma per il momento il mio sogno è tornare in patria, magari fra una decina d’anni».

Hai tempo, allora...Ab: «Decisamente sì. Per il momento mi accontenterò delle vacanze estive una volta all’anno, se tutto va bene».

Anche tu Alì torni in patria una volta all’anno?Al: «Yes, yes. Torno con le valigie enormi a farmi una bella vacanza. Ho regali per tutti. Io la prendo come una pausa bellissima, dedicata allo svago, agli amici e alla famiglia. Aspetto con gioia agosto: quattro settimane di caldo torrido e puro divertimento nella mia città. Sai, io sono quello che vive in Europa, e questo mi mette al centro dell’attenzione».Ab: «Lo vedi, è sempre il solito. Ma sai che ti dico? È un bravo ragazzo, il migliore che abbia conosciuto».

© RIPRODUZIONE RISERVATA