Siamo un peso perché senza un minimo di approfondimento e di critica deleghiamo il perseguimento dei nostri obiettivi a persone di cui non conosciamo né l’onestà, né la professionalità, né il curriculum al servizio del bene comune. Non siamo capaci, col solo strumento che ci da la legge: il voto, di premiare chi ha fatto bene e punire chi ha bluffato, sperperato, fatto i propri comodi. È tanto più grave questo nostro comportamento perché noi della terza età non abbiamo nulla da perdere a non avere peli sulla lingua; non dobbiamo temere per il posto di lavoro (come i nostri figli); non abbiamo bisogno di farci corrompere (perché già abbiamo una esistenza dignitosa); non abbiamo bisogno di fare carriera (perché siamo quasi al capolinea dell’esistenza); non dobbiamo fare i fanatici o gli integralisti (perché il nostro credo ci ha reso tolleranti e saggi). Abbiamo il dovere soprattutto verso i nostri nipoti:
• di fare pressione a chi ci rappresenta in parlamento perché venga fatto ciò che è stato promesso;
• di fare pressione sulla magistratura perché sia più rapida e imparziale nelle decisioni;
• di fare pressione sugli insegnanti perché formino e non scaldino la sedia;
• di fare pressione sugli imprenditori (piccoli e grandi) perché il lavoro sia di tutti e garantisca un’esistenza dignitosa;
• di fare pressione sui ricchi perché contribuiscano ai bisogni della nazione in proporzione alle loro ricchezze;
• di fare pressione affinché tra le persone consacrate e i laici s’instauri un rapporto di parità e di carità autentica.
C’è una vistosa e percepibile scollatura fra i giovani e la terza età perché quest’ultima non ha più nulla da insegnare ai giovani (come in passato). I giovani ci vedono come un fardello improduttivo che toglie loro tante risorse economiche; la terza età non fa tendenza, non ha opinioni, non propone e non testimonia; siamo un’area di parcheggio che vegeta in un limbo che si allunga sempre di più.
I giovani non trovano nessuno che cammini al loro fianco, che li sostenga e che condivida i loro ideali, i loro sogni, le loro speranze per cui facilmente il loro entusiasmo naufraga in scoramento, nichilismo, apatia, ribellione. Diamoci una mossa in due tempi:
1 - approfittiamo di ogni occasione e di ogni circostanza per tenere desta la speranza che è il carburante dei giovani; speranza che si sta esaurendo perché la scuola non prepara più i giovani al lavoro, perché il lavoro è diventato dequalificante e precario, perché il denaro è diventato il dio cui sacrificare tutto: affetti, moralità, professionalità.
2 - dimostrare con i fatti e i comportamenti che la famiglia è sempre al centro della società, che l’amore (non il sesso) non passa mai di moda, che la sobrietà di vita e la solidarietà sono gli unici comportamenti che permettono di vincere e superare qualsiasi difficoltà economica nazionale o mondiale.
Andrea Saccani
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