Una sentenza che ignora l’art. 23 della Costituzione

A seguito del comunicato URP Ufficio Relazioni con il Pubblico del comune di Lodi, mi sia consentito fare alcune riflessioni traendo spunto dalla sconfitta che l’albergo di famiglia, Hotel Lodi, ha subito nel ricorso innanzi al TAR contro l’imposizione di essere esattore per conto del Comune di Lodi della tassa di soggiorno. Va detto che all’udienza conclusiva i Giudici del Tar si erano riservati di meglio approfondire, evidentemente perché il ricorso risultava a Loro giustamente motivato, il che aveva suscitato speranze di accoglimento.Accoglimento che, dopo mesi di approfondimento e di studio sulla decisione da prendere, non c’è stato. È convinzione degli avvocati (bravissimi) estensori del ricorso che la decisione fu politica e non giuridica, come pare anche a me di poter dedurre, in quanto confermata dalle incertezze, dalla tortuosità illogica ed elusiva delle argomentazioni di confutazione dell’assunto principale del ricorso: la legge istitutiva della tassa di soggiorno non conferisce ai Comuni, aventi diritto di imporre la tassa di soggiorno, la facoltà di imporre agli imprenditori alberghieri di diventare, forzosamente, esattori per conto del Comune, pena sanzioni e penali se commettono o sbaglianonella compilazione di una complessa e diversificata modulistica. Da una meticolosa analisi dei costi di preparazione, di informazione, di accertamento della competenza di chi deve pagare e di chi no, di contabilità, di cassa, di versamento, di compilazione della complessa modulistica, ecc. si è ritrovato che i costi di esattoria erano e sono più di cinque volte tanto di quanto incassato dal Comune di Lodi come tassa di soggiorno.Per cui se la prima domanda chiedeva l’annullamento di quella delibera, la seconda chiedeva il giusto e doveroso rimborso dei costi sostenuti.Il Tar, infatti, si è limitato a proferire giudizi non supportati da alcuna prova. Ha eluso il fatto che la legge non contemplasse l’obbligazione per le aziende alberghiere di essere esattori dell’imposta di soggiorno per conto del Comune. Cosicché l’art. 23 della Costituzione Italiana veniva, semplicemente, ignorato, anzi contraddetto, essendosi il Tar limitato a sentenziare che si tratta di attività (quella di imporre l’obbligo di esattoria) per la quale non è ravvisabile la sussistenza di una riserva di legge. Innovando in tal modo la dottrina giuridica, in quanto il TAR ebbe, in sostanza, ad affermare che il potere che il legislatore non ha inteso conferire, se il legislatore non se lo è riservato, risulta essere consentito. Mentre i costi di esattoria sono un nulla, sempre a giudizio del TAR, nonostante la dettagliata analisi dei costi prodotta in allegato al ricorso. Quindi, se un niente, niente rimborso. Ciò non di meno è pur sempre vero che l’art. 41 della Costituzione afferma: l’iniziativa economica privata è libera. Non così per il TAR della Lombardia e per il Comune di Lodi in quanto ti impongono una prestazione per la quale non si è abilitati e che non produce utili, ma solo costi. L’art. 35 della Costituzione dice: la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni mentre il Codice Civile art. 2060 dice: il lavoro è tutelato in tutte le sue forme organizzative ed esecutive, intellettuali, tecniche e manuali.Al che sembrerebbe più che ovvio che la professionalità degli addetti al ricevimento in un albergo sia altra cosa dall’esattore e che un’attività alberghiera sia altra cosa ben diversa da una di esattoria e relative responsabilità.Ma per il Tar della Lombardia e per il Comune di Lodi non è così.Si racconta nelle terre di Emilia che un parroco sorpreso a mangiare un succulento pollo il venerdì, quando il venerdì era di magro, rispose con prontezza, non priva di stupore, che quel pollo in realtà era pesce in quanto Lui l’aveva prima battezzato trota.A commento: così vanno le cose del mondo, pur consapevole di ciò ritengo giusto che ci si debba opporre all’ingiustizia e alla prevaricazione e all’arbitrio di un qualunque potere negatore della libertà.

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