Una passione e un’operosità davvero visibili a tutti

Caro direttore, mi sembra giusto che una figura come quella della signora Masina, che in oltre 40 anni ha dato un impegno professionale continuo al servizio dell’assistenza sanitaria e quindi dei malati, a Lodi e nel Lodigiano, sia ricordata anche attraverso le pagine del nostro quotidiano. Ho lavorato con lei, vicino a lei, dal 1972 al 1999 e quindi posso ben dire non solo quello che ha fatto, ma anche quello che a me ha insegnato e fatto capire.Innanzitutto la centralità del ruolo infermieristico all’interno di un ospedale moderno. Ai tempi dell’università, a noi futuri medici avevano insegnato malattie, sintomi, terapie, ma nulla, o quasi, dell’organizzazione sanitaria in cui molti di noi, di lì a poco, avremmo operato. Dovevamo capire quindi sul campo con chi collaborare, quali le professionalità e le potenzialità. Ogni medico ospedaliero si è fatto un po’ da solo con la guida dei medici più anziani. Accanto alla signora Masina, prima in Terapia Intensiva e poi in Direzione Sanitaria , mi è sembrato di capire molto di quello che erano e quello che potevano, dovevano ,diventare gli infermieri professionali in Ospedale. Un ruolo importante, essenziale: erano anni di grande cambiamento, nel 1971 è stata aperta a Lodi la Scuola per Infermieri Professionali, e questa figura, praticamente sconosciuta prima di allora, era destinata ad arricchirsi di professionalità e di potenzialità. Quali e quanti cambiamenti abbiamo visto in trent’anni! Non era solo un riconoscimento formale; bisognava che queste figure fossero messe nelle condizioni di bene operare. Ed ecco allora un grande impegno della signora Masina nel supportare il personale, affinchè tutti disponessero, nei tempi e nei modi giusti, di quanto occorreva. Dalle divise sempre in ordine , alle lenzuola tutti i giorni per il cambio dei letti dei malati, a tutto il materiale di medicazione, a tutte le procedure chiare per gli tutti gli eventi cui gli infermieri dovevano far fronte.Una seconda cosa mi fa fatto capire: non si può dirigere una organizzazione così complessa come quella ospedaliera, senza conoscere il personale a disposizione. Mettere le persone giuste al posto giusto, non tutti sono uguali, anche se la professionalità di base è uguale e di buon livello per tutti, non tutti hanno le stesso esigenze e motivazioni personali. Conoscere come lavoravano, come si relazionavano con i colleghi: l’armonia e la buona collaborazione era essenziale per un reparto, e quindi accorgersi per tempo se qualcosa, nei rapporti interpersonali, non andava. E allora ci si consultava: “A questa ci parlo io, Lei però parli con il Primario”. Abbiamo insieme affrontato casi difficili, per situazioni personali, familiari, per relazioni complicate all’interno dello stesso reparto. Per noi, per me e per la signora Masina, era molto naturale parlare di questa realtà. Non si poteva restare ai vertici di una organizzazione senza conoscere le caratteristiche e le esigenze di ciascuno. Il che non voleva dire accontentare tutti, ma rendersi conto, davvero, che le persone non erano, non sono, numeri, ma realtà vive con una serie di altri problemi familiari alle, o sulle, spalle. E allora ci si trovava, spesso, anche di notte a girare nei reparti, a capire le difficoltà, a conoscer meglio come si lavorava, a capire i problemi per poi risolverli.E infine un grande e complesso lavoro che ho ammirato nella signora Masina, e nei suoi collaboratori dell’Ufficio Infermieristico: conciliare, nella predisposizione dei turni di servizio, che allora si facevano a mano, le esigenze dei reparti e quelle delle singole persone. Reparti che chiudevano d’estate, e quindi bisognava fare le ferie in quei mesi (anche se per una famiglia le vacanze in alta stagione costavano di più), necessità di periodi di assenza per assistere familiari ammalati (e allora si trattava di utilizzare riposi non goduti, quando il personale era scarso), dare un cambio o un riposo per esigenze familiari, riconoscere le vere esigenze e distinguerle dagli abusi. Aiutare chi era meno in forza dopo il rientro da una malattia (allora non c’era il medico “competente”!) e trovare reparti o turnazione più idonea. Riconoscere quando era opportuno per un infermiere cambiare reparto, e come avviare una relazione in questo senso, prima dal punto di vista umano, e poi tutto il resto.Tanto altro si potrebbe dire, per esprimere la nostra gratitudine, per quanto ha dato la signora Masina nel migliorare l’assistenza infermieristica nel nostro Ospedale: ciascuno, e parlo soprattutto ai più anziani, conserva nella memoria episodi di vita ospedaliera legati alla sua presenza. E’ certo che le belle realtà dell’Ospedale di oggi sono anche il frutto di quella attenta operosità e di quella passione professionale, davvero visibile a tutti.

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