Questi i valori da conservare in futuro, questo l’esempio che è da tramandare

Egregio Direttore mi scuso se le rubo ulteriore spazio sul «Cittadino», dopo che la settimana scorsa mio fratello Paolo le aveva già chiesto di pubblicare un suo ricordo, peraltro molto apprezzato da tutti, della figura dello chef corniolese Giuseppe Negri. Paolo ha sottolineato il doppio ruolo che Giuseppe ha rivestito a Corno Giovine e nel Lodigiano: da una lato lo chef che si è costruito una fama e una proficua attività di ristorazione, puntando sulla tradizione ma anche su interessanti elementi di novità, portando tanta gente nel nostro piccolo borgo e più generale nel nostro territorio; dall’altro l’oste di paese, traghettatore di cultura popolare e testimone di quel piccolo grande microcosmo che è un paesello di provincia.Io vorrei completare il quadro ponendo l’attenzione su un messaggio più universale, che peraltro ben si interseca con il periodo che stiamo vivendo, intriso di notevoli problemi sul lato socio-economico. Mi chiedo: quali valori ci lascia da conservare nel tempo, quale l’esempio da tramandare il nostro Giuseppe? Sicuramente un lato di generosità, per i tanti anni di sostegno alle iniziative ed alle associazioni locali, dalle attività sportive ai pranzi sociali, per gli anziani e non solo... Ma mi viene in mente una cosa su tutte... Il suo senso innato per il lavoro e per la fatica. In questo Giuseppe e’ stato unico più che raro. Diceva sua sorella nei giorni scorsi: mio fratello in 40 anni non ha mai fatto un giorno di ferie. Un’iperbole forse, ma – mi creda chi non ha conosciuto Giuseppe Negri – non più di quel tanto. D’altra parte il suo successo personale e quello enorme della sua Locanda del Sole non si potevano raggiungere con l’improvvisazione. Non potevano bastare il suo grande estro e la sua fantasia creativa. Ci volevano anche tanta fatica e tanto sudore, quel sudore che lui si asciugava costantemente con il suo proverbiale tovagliolo sulla spalla.La fatica di alzarsi all’alba e di coricarsi nottetempo, la fatica di seguire i mille rivoli di quel grande fiume che era ormai diventato la sua Locanda del Sole. Perfino la fatica di studiare e di tenersi costantemente aggiornato.Solo così ha potuto costruire la sua fama. Solo così ha potuto trasformare quella piccola pizzeria aperta esattamente 40 anni fa nel rinomato ristorante che è diventato. Solo così ha potuto portare per tante stagioni oltre 3.000 persone a Corno Giovine nel periodo di Rassegna Gastronomica, risultando immancabilmente il ristorante con maggiori presenze, e dando così ulteriore lustro a Corno Giovine e al Lodigiano. Fatica... tanta fatica. Lavoro... tanto lavoro! Questo è il più grande valore, questo è il miglior insegnamento che Giuseppe lascia a tutti noi! In questo periodo di crisi, Giuseppe ci esorta a rimboccarci le maniche. Vale ovviamente per la classe dirigente di questo paese, per la quale però più che un richiamo al lavoro potrebbe valere un richiamo alla legalità. Ma vale anche per tutti noi, nella nostra attività di tutti i giorni, nel nostro contribuire al benessere comune. Vale per i nostri giovani o per chi ha perso il lavoro ed è in cerca di uno nuovo, perché trovino la forza interiore di rialzarsi e non si assuefacciano alla fatalità. Questo ci lascia Giuseppe, questo sembra suggerirci il suo positivo ricordo. Per lui invece è giunto il tempo di prendersi una meritata pausa. E allora, carissimo Giuseppe, non possiamo che augurarti ciò che in vita non hai mai potuto, ma forse non hai nemmeno voluto fare... Riposa in pace!

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