Possono i malati oncologici sopportare due ore di attesa?

In questi giorni di fine agosto, mi sono ritrovata ad accompagnare mia zia ad eseguire esami e visite a Milano, all’ospedale San Raffaele. Mia zia è una malata oncologica… non per tutti l’estate è tempo di vacanze.Non avrei mai pensato di indignarmi tanto: per una visita oncologica i pazienti aspettano anche per due ore e mezzo e questo non avviene occasionalmente, è prassi abituale. Mia zia aveva appuntamento alle dodici e quindici ed è stata ricevuta alle quattordici e quarantacinque. Alla richiesta di spiegazioni a medici e infermieri ci è stato detto che la Regione assegna un tempo di quindici minuti per ogni visita, tempo che i medici stessi sostengono essere irrisorio e del tutto insufficiente. E al personale ospedaliero basta per sentirsi a posto che tutto ciò non sia sua diretta responsabilità? Come si può tollerare che pazienti stanchi e preoccupati, con referti in mano che non capiscono o capiscono poco, possano subire la tortura di un’attesa così prolungata?Mi ha impressionato la compostezza e la triste rassegnazione di queste persone di fronte a tanta inciviltà. Si sono abituate ad un simile trattamento, ma non io; non posso rimanere in silenzio, non sarò complice di tanta vergogna.Su una parete della sala d’attesa campeggia questa citazione: “A Dio nulla è impossibile”. In questa situazione, in cui sono gli uomini i primi a non preoccuparsi di rispettare i più elementari diritti degli altri, questa scritta suona come una crudele presa in giro ed è offensiva.Ci ricordiamo che ci viene chiesto di non nominare il nome di Dio invano?

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