Non saranno le invettive di Pavesi a farci cambiare idea

Caro Direttore, vorrai scusarmi se, a distanza di pochi giorni, torno sulla questione del divieto di accesso dei cani alle aree verdi pubbliche della città, ma i toni, francamente inaccettabili, dell’intervento del signor Pavesi pubblicato oggi lo rendono necessario. Non riesco infatti a capacitarmi di come il signor Pavesi possa considerare addirittura “inqualificabile” la posizione che ho espresso sull’argomento a nome dell’amministrazione comunale e respingo con decisione al mittente l’accusa, davvero fuori luogo, di essere animato nientemeno che da “malafede”, nonché di essere un cattivo esempio da cui deriverebbero cattivi cittadini. Pensavo che su questo come su qualsiasi altro tema che interessa la vita della città ci si potesse confrontare serenamente, ma con rammarico devo constatare che con il signor Pavesi ciò non è possibile, perché evidentemente non è disposto a prendere atto delle opinioni e delle motivazioni altrui. Ovviamente, prendere atto non significa condividere, ed il signor Pavesi è pienamente legittimato, come chiunque altro, a dissentire, protestare e promuovere qualsiasi iniziativa gli sia concessa dalla legge per contrastare i provvedimenti con i quali è in disaccordo: come ho già sottolineato giorni fa, in presenza di un eventuale pronunciamento contrario alle sue decisioni, l’amministrazione non potrà che adeguarsi, ma sino ad allora non saranno le invettive del signor Pavesi a farci recedere, perché continuiamo ad essere convinti di avere adottato una misura utile e che risponde alle aspettative della maggior parte dei lodigiani.Per quanto poi riguarda il profilo amministrativo della questione, il signor Pavesi continua a sbagliare grossolanamente, indicandomi quale ispiratore e responsabile unico del divieto: lo informo, pertanto, che a Lodi il divieto di accesso dei cani alle aree verdi non deriva da un’ordinanza del sindaco, ma da una disposizione del Regolamento di Polizia Urbana, approvato dal consiglio comunale nel luglio del 2009.Questo atto (come ogni atto dell’amministrazione pubblica) poteva essere impugnato davanti al Tar nei termini di legge, che a distanza di oltre tre anni sono ovviamente scaduti. È utile ricordare che in occasione del dibattito in consiglio comunale sul Regolamento di Polizia Urbana nessuno sollevò in modo specifico la questione e che da allora nessuno l’ha nemmeno mai riaperta, come sarebbe stato possibile fare, per esempio presentando una mozione per chiedere la modifica del Regolamento stesso.Infine, segnalo al signor Pavesi che i precedenti pronunciamenti di vari Tar ai quali ha fatto riferimento sono tutti relativi a divieti disposti con ordinanza sindacale, strumento che la giustizia amministrativa considera inappropriato per la materia in questione, dato che vi si dovrebbe fare ricorso solo per esigenze “urgenti e contingibili”.

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