L’esempio di Mario Uccellini ci consegna una pesante eredità

Caro Direttoregrazie per aver pubblicato, sul numero di sabato scorso del giornale, la bella intervista a Mario Uccellini, che ha annunciato il suo ritiro dalla Segreteria della Cisl dell’Asse del Po (Lodi-Cremona-Mantova), al termine di un lungo cammino compiuto a servizio del Sindacato e del territorio. E grazie soprattutto a Mario che, anche in occasione del congedo, ci ha fornito una testimonianza che non smentisce la sua personalità morale e professionale, ricca di doti solo apparentemente contrastanti: schiettezza e misura; intelligenza e modestia; spirito di appartenenza e coraggiosa capacità di affrontare e di provocare il cambiamento.Non nascondo che, una volta tanto, le parole di qualcuno che lascia non portano a guardare indietro al suo passato, ma spingono a guardare al nostro futuro e agli anni di impegno professionale e sociale che ancora ci restano da vivere. Con il carico, talvolta pesante da portare, di valutazioni e di scelte che riguardano il nostro ruolo, il potere che (poco o tanto) comporta, le responsabilità di decisioni che coinvolgono numerose persone e famiglie. Non sono questioni retoriche perché, se ben risolte, conducono a decisioni concrete, chiare e impegnative. In primo luogo, come Mario ci ha ricordato, portano a riconoscere il senso e l’esperienza del limite: il limite del proprio interesse economico (leggi stipendio o indennità), che deve essere proporzionato al livello delle proprie responsabilità, ma deve fare i conti anche con il senso dell’equità e della giustizia; il limite del potere esercitato, che si misura con la dignità e i diritti degli altri; il limite di tempo delle cariche, anche di quelle professionali, perché il ricambio, quando avviene a tempo debito, come Mario osserva nell’intervista, fa bene agli altri ma anche a se stessi. Nessuno è indispensabile, soprattutto dopo una certa età e dopo una lunga e magari logorante anzianità di servizio. Dovremo ricordarcelo.È inoltre impossibile non condividere con Mario l’idea che è necessario costruire insieme, da ruoli diversi, la “comunità del lavoro”, nella quale datori di lavoro e lavoratori si rispettano, collaborano fianco a fianco, costruiscono con onesta laboriosità il bene comune. In fondo, proprio la terribile crisi che ancora stiamo attraversando ha confermato che la più forte tutela per il lavoratore non è il contratto (pur indispensabile sotto il profilo dei diritti) ma piuttosto la salute, la forza, la coesione dell’impresa per cui si lavora. Su questo versante, da rappresentante delle imprese, mi permetto di dire che non siamo all’anno zero e che molto è già stato fatto, anche se ancora molto resta da fare. E infine il Lodigiano, la nostra terra comune. “La nostra salvezza sono i territori, è la gente che ogni giorno vive a contatto con le persone e ne soddisfa, attraverso il proprio impegno, i mille problemi”: sono le parole semplici e profonde con cui Mario Uccellini chiude la sua intervista e, insieme, la sua carriera professionale. Che nella parte finale è stata segnata da un doloroso conflitto condotto all’interno della propria Organizzazione, da uomo libero e giusto, in una dura contrapposizione con i vertici nazionali. La periferia non è mai marginale, se ha la forza di alzare la voce e di affermarsi come la dimensione in cui l’umanità manifesta più direttamente i bisogni fondamentali degli uomini e delle donne che in quel luogo costruiscono la loro vita personale, familiare e sociale. E non è perdente se combatte affinchè le ragioni della persona prevalgano sugli interessi della struttura. Vale allora sempre la pena combattere, dalla periferia, la buona battaglia contro le degenerazioni del centro, qualunque esso sia. Mario consegna un’eredità pesante, che ci sprona a non allontanarci troppo dai bisogni concreti di chi ci sta vicino e ci chiede una mano per andare avanti.

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