Integrazione all’agricoltura? No, a S. Bruno è speculazione

Gentile direttore, vorremmo approfittare della sua disponibilità per rendere pubbliche alcune riflessioni a partire dalla lettera del 10/01/2011 firmata dalla Sig.ra Maria Luisa Seveso Gangitano e intitolata “Una difesa del patrimonio agricolo”.

In essa si parlava della vicenda del fotovoltaico a terra a San Bruno e si giustificava l’investimento sostenendo che le difficoltà in cui versano le imprese agricole “obbligano” gli agricoltori a individuare nuove fonti di reddito. Giuseppe Politi, Presidente della C.I.A. (Confederazione Italiana Agricoltori), ha certificato che nel 2009 c’è stato un calo dei redditi agricoli europei pari al 12.2%, mentre in Italia l’andamento è stato ampiamente peggiore, con una contrazione del 25.3%. Tale situazione “obbliga” le aziende agricole a individuare nuove attività atte ad integrare il calo dei redditi da attività tradizionale. Insomma, in termini astratti il ragionamento della Sig.ra Seveso Gangitano è quindi condivisibile, ma se vogliamo discutere in merito alla vicenda di San Bruno non possiamo ignorare le dimensioni dell’opera in cantiere perché altrimenti finiremmo per avere una rappresentazione parziale e sfocata della realtà.

Circa 120mila metri quadrati di terreno fertile, 45 mila metri quadrati di superficie coperta da moduli e oltre 27 mila moduli fotovoltaici sono sicuramente una cosa di non poco conto.

E la cosa non finisce qui in quanto il raddoppio previsto dell’investimento sul fotovoltaico è già stato avviato.

Nel caso di San Bruno non si parla quindi di una piccola integrazione al reddito agricolo, ma di un’installazione che per ora occuperà 13 ettari di suolo coltivabile. Tanto per rendere un’idea, in Regione Lombardia, Legambiente ha depositato una proposta che cerca di porre un limite alle installazioni a terra su suolo agricolo e stabilisce che, per ogni Comune, non più dello 0.5% del territorio potrà essere adibito ad installazioni fotovoltaiche a terra. Ebbene, se un simile provvedimento dovesse passare, il Comune di San Colombano si troverebbe in una situazione paradossale perché il solo parco di San Bruno (se realizzato) occuperebbe uno spazio superiore al limite, e questo impedirebbe nuove installazioni, anche piccole.

Come Circolo locale di Legambiente, non vogliamo vietare la legittima possibilità di ricercare fonti per integrare i redditi da attività agricola, ma, a nostro avviso, bisognerebbe anche valutare le interdipendenze che si creano tra l’attività agricola tradizionale e quella integrativa. Infatti, da un punto di vista economico, non v’è dubbio che qualunque coppia di attività si integra e contribuisce ad incrementare il reddito, ma possiamo dire la stessa cosa se analizziamo le attività sulla base della funzione svolta?

A nostro avviso la risposta è no, e le amministrazioni, le Province e le Regioni dovrebbero incentivare quei progetti che realizzano un’integrazione reale e funzionale. Per chiarire il concetto, vorremmo fare un piccolo esempio che coinvolge un settore limitrofo a quello agricolo: ci risulta che diversi allevatori si stiano attrezzando per recuperare energia dal trattamento dei liquami dell’allevamento per produrre biogas. Questo è un classico esempio in cui a partire dall’attività tradizionale se ne trova una nuova che è legata alla prima e potenzialmente porta anche ad una vera integrazione del reddito. Nel caso del fotovoltaico a terra su terreni agricoli non è la stessa cosa perché, ad oggi, l’agricoltura e la produzione di energia sono due alternative mutuamente esclusive che si contendono la medesima risorsa (la terra).

Insomma, Sig.ra Maria Luisa Seveso Gangitano, un’integrazione all’attività agricola tradizionale è legittima, ma considerando le dimensioni fisiche (13 ettari, raddoppiabili) ed economiche (se il Comune dichiara 150 mila euro l’anno per 250 KW) faccia lei la proporzione su circa 5.75 MW, il rischio è quello che l’attività imprenditoriale sopravviva, ma sia necessario chiamarla con un altro nome “speculazione” perché l’attività agricola perderebbe la sua centralità.

Buona fortuna Signora per la sua “ex azienda agricola!

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