Incarnava il modello di un’autentica laicità conciliare

Non ha vissuto il Vaticano II nel suo svolgersi, era bambina, ma nella vita pratica, da laica cristiana man mano che l’insegnamento di quell’evento si faceva stile di una vita... Una vita breve, secondo i nostri calcoli, ma completa per offrire una testimonianza di scelte, quelle ordinarie e quelle straordinarie, quelle che sembrano non lasciare segno perché gestite nel privato, e quelle che invece diventano sociali e di dominio pubblico. Sto cercando di tessere, con un certo pudore, alcune qualità di Isa Veluti, perchè non mi sembra giusto tacere, dal momento che la sua tragica scomparsa ha scosso il nostro territorio, la chiesa diocesana, la società civile e politica. A cinquant’anni dal Concilio Vaticano II , mentre si studiano strategie per far rivivere la primavera che lo aveva caratterizzato, non è eccessivo presentare Isa come il modello di una autentica laicità conciliare, capace di vivere nella normalità l’autonomia delle realtà terrene senza nascondere una religiosità ed una fede avallate dall’intelligenza e dal rispetto della ragione.

Ripercorrendo la storia della sua vita si scopre il cammino di una cristiana serena, senza complessi di inferiorità perché consapevole della bellezza e della missione di ogni battezzato, aperto a confrontarsi mettendosi in gioco con quanti, pur pensando diversamente, sono alla ricerca di una verità che dia senso alla vita. Una vita spesa vocazionalmente, nella famiglia, nella professione, nella Chiesa, nella politica e in quegli ambiti in cui la novità del Vangelo, che è dono di misericordia, di rispetto, di dignità da esercitare e da promuovere, può dare respiro. All’apparenza una vita normale la sua, ma che è proprio quella che la Chiesa conciliare propone a ciascuno di noi che viviamo fede e storia contemporaneamente, attenti ad evitare che l’una sovrasti l’altra, perché soltanto creando sintonia si riesce ad essere simpatici e credibili, anche quando si è di fronte a persone dubbiose o deluse.

Se ancora oggi nella Chiesa non è scontato avere un’idea chiara della laicità, e si è tentati di ricorrere alla peso della “presenza” della chiesa nella società civile, certamente questo rischio Isa non l’ha mai corso. Il rispetto e la stima che sono stati espressi nei suoi confronti in questi giorni tristi da parte di avversari di pensiero, che lei frequentava senza pregiudizi e che aveva come colleghi e compagni di strada, indicano come anche nelle sue sicurezze c’era spazio per confrontarsi alla pari con tutti, perché la ricerca della luce è un cammino mai concluso, anche per chi ha deciso di abbandonarsi a Cristo, coinvolgendosi nella missione evangelizzatrice di una Chiesa non sempre fedele al suo maestro e non sempre attenta a far crescere un laicato maturo e responsabile.

Isa ha dimostrato che si può essere buoni cattolici e buoni cittadini, si può amare la Chiesa e amare la politica, anzi, si deve amare la politica, perché la politica, come diceva Paolo VI ,è la più alta forma di carità.

L’Azione Cattolica, vissuta attraverso l’esempio della famiglia d’origine e le strutture diocesane nella sua gioventù, ha guidato le sue esperienze familiari, professionali, sociali sino al momento in cui ha lasciato questo mondo.

Le lunghe e profonde lezioni del Vescovo Oggioni ai campi scuola della Presolana sulla Chiesa e sul ruolo del laici in essa hanno senza dubbio fissato radici che hanno prodotto numerosi frutti in tutti i settori della sua vita. Quanti ricordi!

La sua disponibilità al servizio l’ha portata ad avere sempre mille cose da fare, ed era fedele ai suoi impegni eseguiti con l’intelligenza e la preparazione di cui non faceva mai sfoggio. Se arrivava con qualche minuto di ritardo, si sapeva che qualcosa o qualcuno l’avevano trattenuta.

È stata una donna colta, non solo perché per professione masticava filosofia, ma perché anche la sua “ansia evangelizzatrice” non poteva prescindere dall’attenzione nel cercare di capire le persone e la storia del nostro tempo, con ricchezze e miserie.

Paolo VI aveva consegnato all’Azione Cattolica un compito in più rispetto ai tre punti tradizionali (preghiera,azione, sacrificio): lo studio.

Isa ha cercato di vivere seriamente anche questo impegno e di applicarlo non solo quando insegnava, ma impegnandosi nel far crescere quella cultura, ufficiale o comune, che favorisce la crescita di dignità di ogni persona e la rende sempre più aperta all’immanente e al trascendente.

Forse Isa ha bruciato le tappe ed era già pronta a ricevere la mercede del servo fedele; ma noi che restiamo, la sua famiglia, i suoi amici e colleghi siamo attoniti e ci sentiamo più soli.

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