I cartelli sono l’emblema del degrado dei nostri parchi

Egregio direttore, vorrei segnalare le condizioni in cui versano alcune «pensiline-tazebao» di legno installate all’Adda Morta di Soltarico che, se non sbaglio, è, o dovrebbe essere, un Sito di importanza comunitaria (Sic). Invio a corredo di quanto scrivo alcune foto scattate nella zona che, meglio delle parole, illustrano la situazione. Il tour parte con una «pensilina» in balia della vegetazione. Fra i rovi, che la fanno da padrone, se ne scorge solo una parte, e chi vuole farsi un’idea della flora e della fauna locali leggendo il manifesto con informazioni su odonati, anfibi e altri inquilini della lanca, deve mettersi il cuore in pace. Il peggio è che la pensilina un tempo accompagnava quello che era definito come il «sentiero della biodiversità». Come si evince dalla foto, anche il famoso sentiero è stato inghiottito dalla vegetazione e per passare occorrerebbe servirsi di un machete. Tuttavia c’è un aspetto positivo: in pochi, credo, si avventurano ormai da quella parte e la lontananza degli umani è notoriamente favorevole alla salute dell’ambiente naturale. Il viaggio prosegue con un’altra pensilina particolare: in questo caso le informazioni su flora e fauna sono letteralmente «scomparse», la struttura risulta incompleta, forse una folata di vento si è portata via la parte mancante o qualcuno ha pensato bene di utilizzare il legname ricavato, magari per farne un confortevole falò per scaldarsi durante le escursioni notturne di pesca di frodo (pare piuttosto frequenti alla Morta di Soltarico). Va meglio, ma mica tanto, con la pensilina che fornisce le «dritte» sugli aironi. Per leggere quanto riportato ci sono però solo due possibilità: o raggiungere la pensilina in barca (per chi ce l’ha), vista la collocazione sulla riva, o armarsi del già citato machete per farsi largo fra gli arbusti, con il rischio che salti fuori qualche guardiaparco che, giustamente, te la faccia pagare cara (la multa si intende). A distanza di pochi metri, ci si imbatte in pensiline complete (ne ho contate tre), nel senso che risultano intatte, peccato che siano prive dei manifesti con le informazioni su flora e fauna: non mi si venga a dire che sono in fase di stampa, perché la situazione è così da diverso tempo. Poco più in là si estende la presunta foresta di pianura: in effetti l’area, in riferimento a sistema di irrigazione e cura delle essenze piantumate, appare in desolante abbandono. A questo quadro si aggiungono le segnalazioni di predoni (il termine è quantomai appropriato) che nottetempo visitano la lanca per cimentarsi in battute di pesca: questi signori ricambiano peraltro l’ospitalità dei lodigiani trattando l’area come fosse una discarica. Si obietterà che le risorse a disposizione per prevenzione e controlli sono poche, che gli uomini sono contati, che ci si affida giocoforza al (lodevole) volontariato, però mi si deve spiegare come mai la Lombardia, con un residuo fiscale annuo di quasi 60 miliardi (di euro, non lire), disponga di un numero di forestali infinitamente inferiore rispetto a regioni che, oltre ad avere da sole più forestali di tutto il Canada, vantano conti in rosso nei bilanci (quando li presentano) e residui fiscali pesantemente in negativo. Probabilmente queste stesse regioni hanno amministratori locali e rappresentanti politici a livello parlamentare più scaltri, efficienti e meno propensi al masochismo, rispetto a quelli dei lombardi.

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