Fotovoltaico di San Bruno, si è pensato solo al profitto

Se le nuove regole per gli impianti fotovoltaici a terra su aree agricole fossero state più precise, e soprattutto tempestive, l’impianto a San Bruno, così com’è stato ideato, oggi non si sarebbe potuto fare. La logica, che noi abbiamo sempre ritenuto profondamente sbagliata, che più piccoli impianti (di potenza inferiore a 1 MW) adiacenti l’uno all’altro non fossero uguali ad un unico grande impianto di potenza superiore, non sarebbe andata a buon fine.L’articolo 10 del nuovo decreto legislativo n. 28 del 2011 dice, infatti, chiaramente, che, “nel caso di impianti con moduli collocati a terra in aree agricole, l’accesso al registro e agli incentivi viene consentito a condizione che la potenza nominale di ciascun impianto non sia superiore a 1 MWp e, nel caso di terreni appartenenti al medesimo proprietario, gli impianti siano collocati ad una distanza non inferiore a 2 chilometri” e “non sia destinato all’installazione degli impianti più del 10% della superficie del terreno agricolo nella disponibilità del proponente”.Per gli impianti fotovoltaici di San Bruno non c’è stata la possibilità di applicare questo nuovo DL, in quanto le domande presentate dai proponenti per ottenere le autorizzazioni a costruire “il parco” sono del 2010, quando vigeva una diversa procedura (e differenti incentivi) che, a nostro avviso, era piena di ambiguità e molto lacunosa.Perché allora riteniamo di “aver visto giusto” sul “parco” fotovoltaico di San Bruno?Molto semplicemente perché, prima o poi, sarebbe stato evidente agli organismi preposti al rilascio delle autorizzazioni per gli impianti fotovoltaici posti su terreno agricolo l’indiscriminato consumo del suolo e la vera e propria speculazione che si stava profilando nel nostro territorio.Il decreto legislativo n. 28 del 2011 va appunto in questa direzione ed anche gli incentivi economici sono stati fortemente ridotti.Visto che molte cose sono state dette e scritte sull’argomento, alcune volte anche a sproposito secondo noi, “approfittiamo” della disponibilità della redazione di questo giornale per ritornarci per fare alcune precisazioni e per esprimere il nostro disappunto in merito ad alcune decisioni prese dalla Direzione Generale Ambiente, Energia e Reti della regione Lombardia sulle realizzazioni del parco fotovoltaico di San Bruno. Un dato di fatto da rilevare è che gli 8 impianti di cui è costituito (che produrranno globalmente circe 6.3 MWp e che occupano spazio ben oltre il 10% previsto nel nuovo DL, ovvero circa il 14% dell’intera superficie agricola aziendale), tutti attigui nello stesso campo e appartenenti alla medesima proprietà, stanno per essere completati.È nostro pensiero che questi impianti (o meglio questo unico grande impianto) siano da considerarsi uno “schiaffo” al paesaggio della Collina di San Colombano. Affermazione, questa, condivisa recentemente “fuori dalle telecamere” anche da persone della stessa Provincia di Milano: “Almeno prima si sarebbero potute/dovute fare le mitigazioni ambientali previste”, hanno avuto il buon senso di dire.Nessuno di noi tuttavia ha mai pensato di fare ricorso al Tar della Lombardia per ottenere la rimozione dei pannelli fotovoltaici impiantati a San Bruno (cfr. l’articolo di Carlo Catena pubblicato su Il Cittadino del 6 gennaio 2012): il nostro obiettivo è sempre stato solo quello di far valere la ragione del diritto (era giusto eludere la procedura di VIA/VAS ed ottenere incentivi più favorevoli, ricorrendo all’espediente di far approvare il progetto per singoli lotti, ciascuno di dimensioni inferiori a 1 MWp?), e al massimo quello di ottenere una mitigazione e un ridimensionamento del progetto nel rispetto dell’ambiente e del territorio circostante.Sappiamo che altri impianti fotovoltaici sono del resto stati autorizzati dalla regione Lombardia, ma prima di tutto sono state concordate con i proponenti le mitigazioni ambientali giuste ed adottate le prescrizioni necessarie rivolte a ridurre gli impatti sul suolo e sul paesaggio. Nulla di tutto questo è accaduto a San Bruno, dove prima sono stati realizzati gli impianti, ovvero si è pensato al profitto, e poi forse si faranno le mitigazioni per nascondere le “criticità ambientali” rilevate ora anche dalla Regione.Gli ispettori della Direzione Generale Ambiente, Energia e Reti della Regione Lombardia (ente preposto a decidere se la valutazione di impatto ambientale e quella ambientale strategica andavano fatte sugli impianti di San Bruno) hanno ispezionato in data 14 aprile 2011 il campo dove si stanno realizzando gli impianti ed il 13 ottobre 2011 hanno verbalizzato il loro parere con una relazione firmata dal dirigente responsabile.Com’è stato possibile far entrare in esercizio il primo impianto (di 989.2 KWp) il 21 aprile 2011, quindi ben prima del provvedimento regionale del 13 ottobre e della sentenza del TAR che è prevista per il 17 gennaio 2012?Come è stato possibile che i lavori sia continuati nonostante gli impegni presi davanti al TAR il 22 dicembre 2010 dagli avvocati dei proponenti di sospendere i lavori in attesa delle verifiche richieste? Oggi ci troviamo a San Bruno ben sei impianti in esercizio (cinque appena al di sotto di 1 MWp e il sesto di quasi 600KWp) ancor prima che il TAR si sia espresso in merito alla questione.Come mai gli ispettori, pur riconoscendo che i terreni sui quali sorgono i diversi impianti adiacenti appartengono tutti ad una medesima proprietà e sono posti a ridosso delle Colline di San Colombano, riconosciute “territorio di bellezza d’insieme e soggetto a vincolo paesaggistico”, hanno ritenuto di escludere dalla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale le opere realizzate a San Bruno?E ancora: come mai, nonostante questa decisione, hanno sanzionato i proponenti per mancata sottoposizione a verifica di assoggettabilità a V.I.A. con ben 228.009,72 euro di multa (ammontare da ripartire proporzionalmente tra loro) e hanno anche chiesto garanzie mitigative superiori a quelle previste dalla provincia in sede di autorizzazione? I proponenti dovranno garantire, infatti, fasce mitigative di protezione larghe 5 metri lungo il perimetro esterno dell’intero comparto fotovoltaico, l’impianto di un boschetto misto e il non utilizzo di diserbanti. E queste sono soltanto alcune delle diverse prescrizioni previste.Prima di concludere questo nostro intervento è doveroso informarvi che la giurisprudenza ha già avuto modo di esprimersi su casi simili a quello di San Bruno, indicando parere contrario ad opere del genere: “È illegittima l’artificiosa suddivisione del progetto di un’opera, al fine di evitare la sottoposizione dello stesso alla valutazione di impatto ambientale, che sarebbe obbligatoria per l’opera nella sua interezza” (cfr. CdS 5760/2006; n. 3849/2009); si reputa “non corretto il frazionamento del progetto in singole opere che isolatamente considerate non sarebbero sottoposte a valutazione di impatto ambientale, quando per contro, nella loro interezza ed unitariamente considerate lo sarebbero” (cfr. TAR del Veneto n°1539 e Corte di Giustizia Europea C. 227/01).Concludiamo la nostra lettera esprimendo la nostra soddisfazione per avere visto riconosciute alcune nostre rivendicazioni in merito al ricorso, ma anche il nostro disappunto per come la regione ha superficialmente trattato l’argomento. Aspettiamo sereni il pronunciamento del TAR.

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