Forse molti uomini del nostro partito non ricordano neppure lo statuto

Che in parlamento ci fossero dei problemi sulle “quote rosa” lo sapevamo, abbiamo capito che la situazione era difficile quando la votazione degli emendamenti era slittata a lunedì. Lo sapevamo perché durante l’incontro con Simona Malpezzi, a Lodi, venerdì 7 marzo scorso, proprio sul tema della presenza delle donne in politica, i termini della questione sono stati ben chiariti dalla parlamentare che evidenziava le difficoltà con il PDL che aveva già posto la scusante dell’accordo fra Renzi e Berlusconi sulla nuova legge elettorale.Due osservazioni su questo punto, era stato chiarito che l’argomento non faceva parte dell’accordo e che le stesse donne del PDL, a livello personale, erano favorevoli agli emendamenti, prova ne è che avevano sottoscritto le mozioni e che avevano aderito a un comitato trasversale di donne parlamentari.L’Aula boccia quindi tutte e tre le mozioni, la parità di genere (335 no e 227 sì), l’alternanza nei capilista (344 no contro 214 sì) e anche la soglia minima di rappresentanza del 40% (298 voti contrari e 253 a favore) su cui sembrava raggiunto l’accordo tra Pd e Forza Italia. Sulla carta il solo Pd poteva contare su 293 voti.Quello che fa arrabbiare non è quello che è accaduto, ma soprattutto come è accaduto. Sono mancati i voti di molti uomini dello stesso Pd che, in contrasto con lo statuto e le dichiarazioni ufficiali, si sono schierati a difesa del mantenimento dello status quo.Forse i compagni non ricordano o non hanno letto art. 1 dello statuto del partito che al punto 3 “assicura, a tutti i livelli, la presenza paritaria di donne e di uomini nei suoi organismi dirigenti ed esecutivi, favorisce la parità fra i generi nelle candidature per le assemblee elettive e persegue l’obiettivo del raggiungimento della parità fra uomini e donne anche per le cariche monocratiche istituzionali e interne.”Con questa legge elettorale l’elezione al parlamento di un adeguato numero di donne non dipende dalla disponibilità di un parterre femminile disposto a candidarsi con le competenze e le capacità dovute, ma esclusivamente dalla posizione in cui saranno in lista. E le liste per ora le fanno gli uomini. È solo perché il Pd alle ultime elezioni ha messo molte donne in posizione alta nelle proprie liste che la percentuale di donne oggi presente in Parlamento è la più alta di sempre; il confronto paritario tra generi non comporta una deminutio capitis, anzi è proprio la promozione della parità nella diversità, la valorizzazione delle peculiarità di genere che ha risultati positivi per tutti. Non basta però. La battaglia non la facciamo solo per le donne del Pd, ma per migliorare il Paese e la sua democrazia. Se non c’è la parità, è democrazia solo a metà.Il parlamento, e il PD, hanno perso una grande opportunità: quella di avere il coraggio di cambiare verso davvero. Era il momento di osare. I diritti vanno conquistati, e le conquiste sono sempre difficili, ma è anche arrivato il tempo di prendersi le proprie responsabilità, operare scelte e sostenere le battaglie giuste. Il Partito Democratico ha nel suo dna la democrazia paritaria: con questo voto segreto quel principio è stato calpestato.Renzi rassicura sul fatto che il Pd terrà fede alla rappresentatività con l’alternanza nelle candidature. Occorre che questo avvenga, occorre che il Pd metta in chiaro una volta per tutte che a questo principio non ci sono deroghe.

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