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Mercoledì 09 Marzo 2016
Facciamo lavorare i tanti immigrati nel recupero delle case in rovina
C’era un tabellone “Benvenuti” all’ingresso dell’ospedale di Lodi qualche anno fa a sostituzione di un messaggio di buonismo retorico del 1967 su lastra di pietra “Non dirmi chi sei dimmi che hai”.
In coerenza con questa filosofia oggi vi soggiornano, oltre ai pazienti, in numero molto più modesto rispetto al passato per motivi di economia, i senzatetto con dormitori e bivacchi nelle sale d’attesa ed ai piani. I servizi igienici sono anche a loro disposizione in condizioni oscene fino al turno delle pulizie.
Credo siano gravi le responsabilità del direttore generale e del direttore sanitario che non denunciano il grave problema ed espongono così un servizio pubblico dei cittadini a possibili contaminazioni e contagi.
Ma il direttore generale, preoccupato, ha detto (Il Cittadino del 26.u.s.): “Si tratta i un problema irrisolvibile” ed ancora «non ho il cuore per mandarli via». Ed allora quel benvenuti fu e resta di auspicio!
A Lodi vi sono tante abitazioni fatiscenti e abbandonate, soggiorni prediletti da topi, piccioni e quant’alto, come questa che si vede nella foto, senza vetri in molte finestre, apprezzabile in cima a via Secondo Cremonesi. Perché il Comune non concorda con i proprietari un’iniziativa di restauro ad opera di tanti immigrati nullafacenti compensandoli con un canone di fitto modesto o altro?
Invece di occuparli nelle aree di parcheggio dove si è costretti a pagare, oltre la tariffa oraria, anche la mancia all’assistente, farli lavorare non sarebbe una soluzione dignitosa anche per loro?
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