Erano tutti lì infreddoliti per salutare l’amico Cècu

Stimatissimo Direttore, 5 anni fa, il 25 gennaio 2012, veniva a mancare una figura di assoluto valore, umano ed artistico, Antonio Cècu Ferrari, il papà, e mi sento di scrivere queste righe, che ti chiedo la gentilezza di pubblicare.

Se ne è andato forse come le sarebbe piaciuto, all’improvviso , dopo il pranzo con un amico, il saluto alla mamma , la consueta passeggiata , e l’incontro sulle rive dell’Adda con gli amici di Montanaso, poi nel ritorno casa a piedi tutto si è spento, in un attimo, ed il sipario si è chiuso.

Una vita piena, vissuta con al centro la famiglia e poi il lavoro, il volontariato per l’asilo parrocchiale, ed infine la grande passione per la cultura, la musica popolare ed il teatro dialettale. Queste ultime passioni sono quelle che lo hanno fatto conoscere fuori le mura del paese e della nostra provincia e che le hanno regalato bellissime soddisfazioni.

Come non ricordare la compagnia “I Soliti”, una lunga storia di amicizia e rappresentazioni, così come le raccolte di poesie, la rassegna per filodrammatiche ed il quarantennale concorso di poesia Francesco de Lemene, ideato con l’amico Tino Gipponi.

Così come i testi teatrali a raccontare di un mondo che non c’è più o che sta cambiando, come nel caso dell’euro, ed i tanti riconoscimenti ricevuti a livello locale e nazionale, non ultimo, il titolo di Cavaliere al Merito della Repubblica per l’arte nel 1993.

Del suo profilo umano ed artistico tanto si è raccontato, mi piace riportare qui quanto hanno scritto cinque suoi amici ed estimatori:

Franco Loi – “ Un personaggio ed un attore su tutti, accolto con l’affetto familiare di tutto il pubblico: Cècu il protagonista, davvero un figlio d’arte, da teatro dell’arte, con i difetti e la forza comunicativa di un vero guitto”.

Angelo Stella - “Eccolo il sentiero segreto della poesia di Ferrari: che i giorni, le fatiche, le amarezze e l’allegria la fede del suo ieri irrecuperabili riprendano vita almeno nell’immaginario di chi crede al domani da favola: la vita amò ‘ntréga“.

Tino Gipponi – “personalmente dopo aver letto i suoi primi versi in italiano alla fine degli anni Sessanta, gli ho consigliato di ispirarsi alla sua vena naturale, alla sapienza contadina, al sapore delle cose che sentiva. L’avventura è partita così con la fragranza di un dialetto mai pretenzioso, ma semplice e arguto”.

Andrea Maietti – “Cècu era il difensore di una civiltà contadina che non c’è più: la terra, il lavoro, la fatica, la portava con sé per averla vissuta, e diventava opera d’arte”.

Luigi Albertini – “Era un immenso nella sua modestia e nella sua professionalità, che non ha mai fatto nulla per ragioni personali e di lucro”. Cècu è stato una persona geniale e genuina, che ha saputo contagiare con la sua passione tanti amici ed è per questo che in questi cinque anni moltissime sono state le occasioni istituzionali o semplici incontri dove è stata ricordata la sua figura.

Per tutti questi momenti, e per quelli che verranno, Vi ringrazio, anche a nome della mia famiglia, ed un ringraziamento particolare lo rivolgiamo all’Associazione “Mons. Luciano Quartieri” ed al suo presidente Gianmaria Bellocchio, che tutti gli anni gli dedica un sentito ricordo.

Personalmente nella vita mi ha insegnato tanto, penso di essere stato fortunato con una famiglia così, mi ha insegnato la semplicità e poi a guardare al futuro ed ai bambini ed è forse per questo che una delle immagini che ho nel cuore riporta al giorno dell’ultimo saluto. C’era tantissima gente ad attestare stima, amicizia, vicinanza ed affetto, ma soprattutto affacciati alla recinzione della scuola primaria c’erano i bambini, con i quali aveva condiviso dei bellissimi incontri, erano lì infreddoliti, in silenzio per il saluto al loro caro amico Cècu.

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