È una priorità la battaglia per difendere il loro lavoro

Gentile Direttore,sono un’insegnante della Scuola Secondaria di Lodi Vecchio e ho appreso, dal vostro giornale, del presidio in piazza a Lodi delle assistenti educative.Da molti anni condivido con loro il lavoro in classe, ho potuto osservare sul campo la loro competenza e sensibilità verso i problemi della disabilità: oltre al problema didattico si assumono anche la gestione del rapporto con le famiglie, famiglie che spesso, e a volte giustamente, si “fidano” più di loro che degli insegnanti di classe, così presi da tutti i problemi del “globale”. Ho incontrato persone coinvolte nel loro lavoro:

• fanno visita, in ore serali, ai genitori che lavorano, per spiegare l’importanza della partecipazione a una gita, a un’uscita, a un progetto,

• propongono attività personalizzate per gli alunni,

• reperiscono materiale di recupero adatto alle attività programmate,

• chiedono di poter partecipare ai progetti educativo-didattici programmati per la classe,

• operano nel territorio realizzando collegamenti, connessioni, relazioni utili al processo di apprendimento (es. visita a botteghe artigianali, open day presso le scuole superiori del territorio, partecipazione a stage di più giorni con gli allievi in difficoltà …),

• lavorano per l’inserimento nel piccolo gruppo di ragazzini con difficoltà, per evitare loro di restare isolati nell’aula di sostegno senza relazioni significative con il resto della classe,

• rappresentano una continuità fra i vari ordini di scuola e conoscono quindi il percorso di crescita degli alunni, le difficoltà o le risorse delle famiglie,

• studiano e si informano sui problemi cognitivi specifici degli allievi che seguono. Insomma, sono una risorsa per tutti. Leggendo il documento che spiega le ragioni del loro presidio, ovvero:

• la richiesta di 1800 euro obbligatorie da versare alla Coop. Ancora, nuovo Ente che si occuperà delle Assistenti Educative del Lodigiano,

• il rischio conseguente di perdere la continuità educativa e quindi il rapporto con il ragazzo e con la famiglia di cui sopra,

• il rischio della disoccupazione dopo anni di intervento nel sociale,

• la ricattabilità a cui sono sottoposte. Mi sono chiesta se sia chiaro davvero, a chi sta gestendo direttamente o indirettamente questa situazione, che tipo di lavoro svolgono queste “colleghe sottopagate”, e per questo ho sentito la necessità di elencare, prima, alcune delle attività da loro regolarmente svolte citando solo ciò che ho visto, ciò che succede ogni giorno in mia presenza. Chi lavora fianco a fianco con queste persone e vive in una situazione di garanzia professionale, non avverte almeno un po’ di “fastidio”?Dobbiamo stare tutti zitti?Se perdono questa battaglia le lavoratrici assistenti educatrici delle scuole lodigiane, la perdiamo tutti: i ragazzi, le famiglie, noi docenti, i Dirigenti, i Sindaci, gli Assessori ai Servizi…, ma anche tutti i cittadini.La tutela dell’assistenza alle persone, e in particolare ai minori con difficoltà, deve essere una priorità difesa da tutti, e questo non può avvenire se non garantendo condizioni di lavoro “giuste” per chi vi si impegna. Giuste. Altrimenti siamo tutti ricattabili. Se non ci mobilitiamo per difendere e sostenere chi è “debole contrattualmente” che priorità di valori abbiamo?Non c’è nessun “buonismo” in questo. Ci sono solo priorità.Penso che questa lo sia.Milena Petrocelli

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