“Dove va il Lodigiano”, nel leggere

le interviste mi sono cascate le braccia

Egregio direttore, ho avuto modo di leggere le interviste del suo quotidiano sul tema “Dove va il Lodigiano” a personaggi “eminenti” e rappresentativi di vari settori del territorio. Confesso che nella maggior parte dei casi mi sono cascate le braccia e ho capito per quali motivi la nostra provincia abbia sempre svolto ruoli marginali in vari contesti. Alcuni non conoscono evidentemente la storia del territorio, altri non hanno un scatto di orgoglio (penso al vicino Cremasco che da tempo si sta muovendo per preservare la propria autonomia senza distinguo di partito o campanilismi vari, mentre da noi si fa a gara per offrire il Lodigiano chiavi in mano) e in qualche caso, la loro puzza sotto il naso arriva, quella sì, fino alla Città metropolitana, alla quale ci vorrebbero spedire senza troppi complimenti. Io non conto niente, non dirigo giornali web, non scrivo libri e non tengo conferenze, ma soprattutto non voglio tediare i lettori elencando le migliaia di motivi per cui i lodigiani, come disse tempo fa uno dei padri fondatori della provincia, “sono una gente fra le genti lombarde”. Non mi meraviglio più di tanto sul fatto che si arrivi addirittura a stravolgere la realtà storica, è un elemento caratteristico del Dna di certa «intellighènzia» di questo paese (con la p volutamente minuscola): l’obiettivo, da poco più di 150 anni è sempre stato quello di “anestetizzare” le popolazioni che ne fanno, in qualche caso loro malgrado, parte, cancellandone la memoria e la storia, lasciando un vuoto pneumatico riempito sovente da quelli che strepitano e discettano per esempio su cosa sia il Lodigiano senza cognizione di causa.

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