Dopo il flop è arrivato il momento di cambiare tutto

Finalmente qualcuno che nel calcio dà le dimissioni e riconosce le proprie responsabilità. Quelle del C.T. Cesare Prandelli sono la logica conseguenza di una gestione catastrofica della spedizione in Brasile, col risultato tecnico sotto gli occhi di tutti. Dalla compilazione della lista dei partenti fino all’ultima delle sostituzioni nella partita decisiva con l’Uruguay, Prandelli ha dimostrato di essere nella confusione più totale, agendo senza un minimo di logica ed escludendo a priori elementi che nel corso dell’ultimo campionato avevano dimostrato di poter dare un certo contributo (un nome su tutti Cerci). D’accordo che qualche assenza imprevista si è fatta sentire, ma un C.T. deve essere preparato anche all’emergenza e semmai impiegare i suoi giocatori nel loro ruolo, senza andare alla ricerca di moduli di difficile interpretazione. Se non altro Prandelli ha riconosciuto che questo è stato un vero e proprio flop, togliendo il disturbo. Adesso cominceranno i processi e le inchieste sui giornali sportivi alla ricerca delle soluzioni per rivitalizzare un calcio italiano che è finito al quinto posto nel ranking europeo (dietro anche al Portogallo) come successo dopo la disfatta sudafricana, ma tanto non si farà niente come al solito. A meno che chi sostituirà il presidente (o presunto tale) Giancarlo Abete (a sua volta dimissionario), sarà in grado di dare una bella scossa a una federazione imbolsita, che finora ha solo subito le imposizioni delle Leghe e che in questi anni non è stata in grado di farsi notare per qualcosa di concreto. Tanti propositi, subito bloccati dai veti dei presidenti di Serie A, la cui unica preoccupazione è quella di accaparrarsi il massimo dai diritti televisivi (se ne stava parlando proprio mentre la nazionale sprofondava in Brasile). E che non si parli di settori giovanili, squadre B, riforme dei campionati, tanto va tutto bene così. Aspettiamo altri quattro anni allora per registrare un’altra cocente delusione? Speriamo proprio di no, anche perché è giunto il momento di cambiare, di fare tabula rasa e di affidarsi a facce nuove, che hanno veramente il coraggio di lavorare a fondo per il bene del calcio italiano. Se ci affidiamo un’altra volta a un personaggio dell’apparato, intrallazzato con questo o quello, non ne usciamo più. E saremmo ancora da capo.

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