Dicono che sono sfavorito, ma il pallottoliere riparte da zero

Quando uno si candida a Sindaco di solito spiega perché lo fa; o, detto in altro modo, chi glielo fa fare. Provo a spiegare il perché del mio caso.

Innanzitutto mi candido perché me l’hanno chiesto. In tanti. Troppi. Una coppia di amici da sei mesi me lo chiede tutte le volte che mi incontra; sono al supermercato e sto scegliendo il tipo di spaghetti e… “Ciao Stefano, come stai? Perché non ti candidi a Sindaco”.

Me l’hanno chiesto tante persone a cui voglio bene, e mi ha fatto piacere, sarebbe disonesto negarlo: è un segno di fiducia, e di stima. Me l’ha chiesto Michela Sfondrini, che tanto ha fatto per questa città negli ultimi 3 anni. Mi candido perché quando ho detto che stavo per accettare Diego ha detto “sarebbe fantastico” e Simona “è un’ottima notizia”. E perché quando poi ho accettato, Roberta ha detto che era commossa e Alice ha detto “urca”. Perché c’è un gruppo con tante persone valide con cui ho lavorato negli ultimi mesi che ha idee ed energie, e che ha dati vita alla lista civica 110&Lodi. Perché Virginio mi ha fatto capire che non potevo fare altrimenti. Mi candido perché Francesca è d’accordo, e mia mamma non del tutto (e disubbidire ai genitori è sempre un modo di mantenersi giovani…). Perché un paio di colleghi mi hanno detto “peccato che non vivo a Lodi, ti avrei votato volentieri” (anche se hanno aggiunto: ma se vinci, come fai poi?).

Ma il motivo più importante per cui mi candido è perché in questi anni mi sono occupato molto di problemi globali: l’inquinamento dell’aria, il cambiamento climatico, le politiche energetiche. Ho fatto un centinaio di conferenze in cui ho raccontato cosa sta succedendo, mostrando la necessità di proteggere il nostro ambiente, cambiare urgentemente il nostro sistema energetico, prepararci agli impatti del clima che sta cambiando e continuerà a cambiare nei prossimi decenni. Ho scritto un libro in cui ho mostrato che si può fare ancora molto per cambiare direzione, ma è necessario vincere l’inerzia, agire subito, a tutti i livelli: non solo a livello individuale, anche con la politica. E la politica non è solo chiedere, lamentarsi o indignarsi che gli altri non fanno, o fanno male, o fanno errori madornali; è anche proporre, metterci la faccia, quando si può. Non con gli sfoghi alla sera seduti al computer, oggi così facile con i tanti social network, ma studiando la complessità dei problemi, discutendo con chi la pensa diversamente, litigando sui compromessi utili. E la politica inizia dal basso, dove si vive. E io vivo a Lodi, e mi piacerebbe vivere in una città migliore di quella di oggi, che già non mi dispiace. Qualcosa ho fatto negli scorsi anni, prima lavorando sui temi della mobilità sostenibile. Dopo che il mio garage ha ospitato 1,3 metri dell’acqua dell’Adda passati dalla vicina fognatura ho deciso di occuparmene un po’ di più, ho iniziato a intervenire pubblicamente sui temi politici e culturali della città.

Ho dato un’occhiata alla cartella del computer, sono intervenuto un centinaio di volte in 15 anni su tanti temi, dall’ambiente alla mobilità, dalle questioni urbanistiche a quelle dei diritti civili. Negli scorsi tre anni ho seguito la politica locale più da vicino, mi sono preso le mie arrabbiature, delusioni e qualche piccola soddisfazione. Ora il livello di impegno sarà diverso. Non sarà facile. Dicono che parto sfavorito, e forse è vero. Ma ci sono momenti in cui il pallottoliere riparte da zero, e questo potrebbe essere uno di questi.

Quindi, eccomi qui. Ci provo.

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