Ancora una volta la zampata decisiva è stata di Berlusconi

Un netto 60 a 40 ha costretto Renzi all’angolo e alle dimissioni da capo del Governo. Quel voto referendario, che il premier aveva fortemente cercato per ottenere una legittimazione popolare che ancora gli mancava, alla fine lo ha delegittimato senza appello. Troppo alto il distacco tra il NO e il SI’ alla sua riforma per giustificare un tentativo di salvare la poltrona. Non sono bastate le mance elettorali distribuite a piene mani, una data che avrebbe potuto giocare a favore dell’astensionismo, tre mesi di campagna elettorale usando senza vergogna mezzi e risorse di Palazzo Chigi, il blitz della lettera ai residenti all’estero e neppure l’appoggio quasi unanime di giornali e tv. Gli Italiani non si sono fatti blandire da promesse ed effetti speciali e hanno sonoramente bocciato in un colpo solo i mille dimenticabili giorni di Governo Renzi e soprattutto quella sua riforma raffazzonata che avrebbe tutelato esclusivamente gli interessi del premier e del Pd.L’uomo solo al comando ha perso il comando ed è rimasto solo. E ancora una volta la zampata decisiva è stata quella di Silvio Berlusconi. Il Cavaliere non soltanto non si è nascosto dietro la salute per evitare di gettarsi nella mischia, ma si è speso fino all’ultimo giorno per sostenere un NO saggio e responsabile alla Renzi-Boschi e per contrapporre all’esclusivo odio nei confronti del presidente del Consiglio di altri sostenitori del NO ragioni concrete e di merito. E’ stata una fortuna che Berlusconi si sia schierato con determinazione contro la riforma. È grazie a questa decisione che il divario tra il NO e il SI’ alla fine è risultato così marcato e si sono limitate le fughe del voto moderato dall’area di centrodestra. Ma è soprattutto grazie alla sua scelta di campo se oggi il NO non ha esclusivamente una faccia non governativa, populista, di sinistra radicale o di estremismo grillesco.La riforma faceva schifo. Ma non possiamo buttare via tutto. Restiamo convinti che il Paese meriti un Governo migliore di quello di Renzi, ma anche che le istituzioni italiane vadano ammodernate, le poltrone ridotte e i processi decisionali e burocratici sveltiti. Con buon senso, però; non a colpi di maggioranza. E con un Parlamento finalmente legittimato da una legge elettorale che non sia l’Italicum perché, come ha detto ancora Berlusconi, non si può pensare di applicare un meccanismo maggioritario a un sistema politico che di poli ne ha come minimo tre.Adesso la palla torna nella metà campo del Pd, che ha ancora la maggioranza in Parlamento e con essa il dovere di garantire la governabilità e, se possibile, persino una riappacificazione del Paese dopo i danni fatti dall’ultima campagna elettorale “stile Renzi”.

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