Al Conventino confusione e mancanza di chiarezza

Gentile direttore, Le scrivo queste annotazioni in merito alla mostra di Lodivecchio terminata il 6 febbraio scorso. Premetto che ho visto la mostra, che ho letto il 17 gennaio scorso la giusta analisi critica fattane da Tino Gipponi ed che ho letto la farraginosa e sconclusionata disamina di Mario Bernardinello pubblicata il 19 febbraio. Stando alle valutazioni di quest’ultimo la conclusione che se ne trae è che vedere in una mostra opere originali o le fotografie delle stesse è uguale tanto ciò che conta è “l’esperienza estetica”, come dire: vado a vedere la mostra di fotografie delle opere di Kandinsky e non gli originali (tanto per portare l’attenzione su una buona mostra attualmente aperta a Milano, fatta solo con opere originali. Che peccato, un’occasione sprecata!). Rileggendo entrambe le testimonianze è evidente l’impossibilità di confrontare i due scritti, tanta è la distanza, culturale e d’intenti. Se, infatti, leggiamo la critica che della mostra ha fatto Gipponi da competente, notiamo come egli abbia voluto individuare le mancanze, sia inerenti la scelta di opere talvolta inadeguate in qualità e per la storia stessa del pittore esposto, ma soprattutto riguardanti la non conoscenza scientifica delle tecniche artistiche. Le sue giuste valutazioni sono state fatte senza fraintendimento con il solo scopo filologico (e non per “inutili tecnicismi” o “ragionieristiche classificazioni” delle opere). Semplicemente non si può spacciare una fotografia di un’opera come un originale (su tutti quelle di Morandi, De Pisis, Bernardinello stesso) soprattutto se questo non è dichiarato con chiarezza all’eventuale visitatore. Questa chiarezza mancava a Lodivecchio e poco importa che vi sia stata una mostra con le sole riproduzioni dei quadri di Caravaggio, che data la dislocazione dei suoi dipinti in tutto il mondo, un’utilità didattica poteva pure averla (ma tutto si riduce a vedere le riproduzioni come su un libro), o l’altra, davvero terribile nella proposta del curatore, con le opere di Van Gogh elaborate tridimensionalmente. In entrambe, però, il visitatore sapeva benissimo che non vi avrebbe trovato alcun originale. Vorrei poi aggiungere che con la mostra dell’ex- Conventino non è stata fatta con “semplicità” una “generosa divulgazione” è stata fatta solo confusione corredata dalle improprietà del catalogo. Occorre invece per fare una buona mostra scegliere accuratamente le opere che magari riescano a essere rappresentative per l’artista e non inventare la presenza di artisti “famosi” solo per attirare l’attenzione: se poi questi fossero presentati solo con una fotografia o con la scarsa qualità delle numerose stampe (falso disegno di De Amicis compreso), l’imbarazzo sarebbe davvero troppo. E in chiusura chiedo dov’è “l’evidente valore artistico intrinseco” delle opere secondo Bernardinello?

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