Aiutatemi, la Rai mi perseguita

Sono perseguitato dalla Rai. È dal 1994 che mi sta appresso per chiedermi soldi. Tutto è cominciato quando ho avuto la felice idea di fare un contratto Enel a mio nome. Da allora è iniziata la persecuzione. Perché, per il semplice fatto di essere allacciato alla linea elettrica, per la Rai devo necessariamente avere un televisore. Che invece non ho mai posseduto in vita mia. Dal 1994 ad oggi ho collezionato ben 47 solleciti con cui la Rai mi invita a pagare il canone televisivo. In media 2, anche 3, solleciti all’anno. La premessa è sempre la stessa: “Il suo nominativo non risulta presente negli elenchi degli abbonati alla televisione”. Grazie tante. Che posso farci? Tra parentesi, faccio questa confessione (quasi mi sento in colpa) nella segreta speranza che qualcuno sia interessato alla mia collezione di solleciti, perché attraverso di essi si può ricostruire la storia, o se volete la strategia acchiappa-evasori della Rai negli ultimi 18 anni. Ci sono pezzi rari. Quello spedito il 3 maggio 1994, come tutti gli altri da Torino via Cernaia, che sulla busta accanto all’affrancatura meccanica reca il logo “Rai - Quarant’anni di televisione”. O quello inviato in data 20 giugno 1995 non direttamente dalla Rai ma, per suo conto, dal ministero delle Finanze – Dipartimento delle entrate, con tanto di stellone della Repubblica sulla busta e sulla lettera. È l’unico, in 18 anni, sollecito “ministeriale”: forse per intimorire ancor più i presunti evasori. E poi ho il primo sollecito multilingue (giugno 2006), scritto perciò, oltre che in italiano, in inglese, francese, arabo e cinese; e la versione allargata (aprile 2008) alle lingue spagnola, portoghese, rumena, a testimoniare che la Rai non dimentica nessuno, neanche gli immigrati, quando si tratta di bussare a quattrini.A rischio di bloccare una raccolta così interessante, l’anno scorso, per via di quella faccenda del sentirmi in colpa, ho preso animo e mi sono deciso a confessare. Ho scritto dunque alla Rai via Cernaia 33: “Mai posseduto un televisore”. Dopo appena due mesi, puntuale, rieccoti un altro sollecito. La confessione non è sufficiente, devo produrre una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà e dichiarare, testuale: “Di non essere in possesso di alcun apparecchio atto o adattabile alla ricezione dei programmi televisivi, compresi decoder digitali e altri apparati multimediali”. E adesso che faccio? Dichiaro che sì, ho un computer, adattabile in teoria a ricevere i programmi televisivi, ma che, in pratica, non ha neanche la scheda video e mai mi sono sognato di vederci la televisione? Mi chiederanno l’abbonamento anche per questo? E magari mi metteranno nel numero degli evasori abituali? Ho l’impressione di essermi data la zappa sui piedi. Ebbene, come ho fatto per 18 anni, anche questa volta non rispondo. Voglio vedere, come diceva Totò in una vecchia scenetta, fino a che punto vogliono arrivare.A proposito: la scenetta sì, l’ho vista in televisione, ma tanti anni fa e – come si usava una volta – dal vicino di casa (che pagava regolarmente il canone).

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