Suggestioni natalizie alla Grande Riolo

Qui l’ospitalità della famiglia Zanaboni si allarga agli animali

Sulla soglia di una piccola capanna si affacciano una pecorella e un asinello; mancherebbe solo il bue, ma fa lo stesso: l’aria che si intuisce alla cascina Grande Riolo di Lodi è pienamente natalizia. Sono sicuro che, stasera, sopra la coltre di nebbia il luccichio delle stelle si propaga per spazi infiniti; mi metto proprio con il naso all’insù e provo ad immaginare quel che non si vede: è periodo di novena, e ricordo che quarant’anni fa, nella mia lontanissima Sicilia, in queste sere ci si riuniva tutti quelli di famiglia, attorno al presepe di mia nonna Anna. Transitava dall’atavica casa di famiglia chiunque riuscisse a ritagliarsi un momento di quiete: zii, cugini, parenti acquisiti, amici che parenti non erano ma che ugualmente venivano considerati del gruppo; ed erano canti, preghiere, suoni di ciaramelle di pastori che giungevano a Catania dai paesi etnei e venivano accolti nelle case per una suonata che desse atmosfera al presepe: li si ringraziava a fine esibizione con una mancia ed un bicchiere di vino.La pecora ospitata nella capanna della cascina Grande Riolo è molto espansiva nei modi. La sua storia è singolare: dimenticata probabilmente dal suo pastore, l’ha trovata sulla tangenziale un tale. E questi l’ha portata ai cugini Zanaboni, proprietari di una nuova e moderna azienda agricola, diretta propaggine di quella che fu appunto la cascina Grande Riolo. Gli Zanaboni hanno fatto quello che, simbolicamente, si fa in ogni presepe che si rispetti: hanno allargato i confini dell’ospitalità, e chiesto al proprio asino, che in realtà è una femmina e si chiama Giuditta, di condividere, con la pecora, gli spazi della sua capanna. E in questo pezzo di terra dove è stata costruita una nuova, moderna azienda agricola, gli Zanaboni hanno messo anche le oche, che sono guardiani formidabili: prima di darsela a zampe levate, quando avvistano un estraneo, starnazzano all’impazzata avvisando tutti nel circondario dell’imprevista intrusione. Altri guardiani sono i cani, meno paurosi delle ochette, anzi piuttosto allergici agli sconosciuti, e persino un paio di gattini.

IL NONNO VETTURINO

Gli Zanaboni sono originari di Monteleone, in provincia di Pavia. Il capostipite era nonno Enrico, che di mestiere faceva il vetturino privato: aveva bellissime carrozze e una coppia di cavalli e trasportava i signori ovunque volessero essere accompagnati. Nonno Enrico era puntuale e serio, affidabile e discreto. Ma questo lavoro, pur piacendogli, lo appagava sino ad un certo punto. Gli impegni gli riducevano gli spazi di libertà, ed egli era un amante della vita, e delle cose belle che essa può offrire. Insieme ai due suoi altri fratelli, Annibale e Antonio, nonno Enrico aveva preso a condurre sette pertiche di vigna: gli Zanaboni producevano 25 quintali annui di vino rosso, solitamente bonarda, con qualche botte pure di barbera. Per la riuscita della gradazione si affidavano ad un enologo di un paese vicino, e questi miscelava gli zuccheri sino ad ottenere la qualità prevista.Nonno Enrico mandava alla vigna i fratelli, la moglie Rosa, e poi i suoi figli: Giuseppe e Ottorino. Lui continuava a fare il vetturino, ma nel frattempo osservava i suoi ragazzi, cercando di capirne bene l’indole. Quando si rese conto che i ragazzi avevano la stoffa per fare gli agricoltori, prese loro una stalla sempre a Monteleone, con una dozzina di bovine da latte. Ben presto quella realtà divenne piccola per le capacità lavorative dei giovani Zanaboni. Nonno Enrico non ci stette a pensare due volte e nel 1930 si trasferì a Lodi, divenendo affittuario della cascina Pinarola, a quel tempo proprietà della signora Vincenza Cornalba, moglie di un farmacista.

FRATELLI DIVERSI

Giuseppe ed Ottorino, che erano nati l’uno dopo l’altro nei primi del Novecento, erano due fratelli molto uniti per quanto estremamente diversi: Giuseppe era un uomo simile al padre, estroverso, con un grande senso dell’amicizia; Ottorino, altrettanto buono di carattere, era più schivo, in certi momenti appariva quasi un solitario, comunque uno che stava bene con se stesso e con la propria famiglia. Alla cascina Pinarola avevano solo la casa padronale, i portici sotto cui venivano ricoverati i mezzi agricoli, e un fienile; le manze, invece, erano tenute in una stalla, che si trovava proprio nel cuore del rione di Riolo. Le pertiche del terreno erano pari a 450.Giuseppe Zanaboni, che pur consultandosi sempre con il fratello era dei due quello che maggiormente assumeva le redini dell’azienda agricola, aveva sposato Giuseppina Pastori, originaria di Cavenago d’Adda e proveniente da una famiglia che dell’agricoltura locale è da sempre una colonna portante.Ottorino aveva sposato Giuseppina Cella, il cui genitore invece era un falegname di Riolo.

SAN MARTINO

Nel 1962 i fratelli Zanaboni decisero di spostarsi alla cascina Grande Riolo, di proprietà Zoncada, che veniva lasciata libera dall’indimenticato Primo Guercilena, che si trasferiva alla Spolverera. Qui gli Zanaboni conducevano 650 pertiche di terra e la stessa struttura agricola era più imponente della precedente. Il numero dei capi in mungitura fu portato a centoventi. Proprio in questo periodo gli Zanaboni decisero di aderire, come produttori di latte, alla cooperativa Santangiolina, un legame che negli anni si è sempre più rafforzato, tanto che la famiglia è stata lo scorso mese premiata fra quelle la cui militanza può definirsi ormai storica. Giuseppe e Ottorino lavorarono con continuità sino agli inizi degli anni Settanta, poi cedettero il passo alle nuove generazioni. Come tanti anziani che fanno fatica a staccarsi dalle proprie abitudini, quasi ogni momento si ripresentavano in cascina. La loro presenza era un rito, e per certi versi anche un conforto.

DUE RAMI DI FAMIGLIA

Il figlio di Ottorino, Mario, da molti anni s’era già affiancato alla vecchia guardia. Mario Zanaboni è nato nel 1933: malgrado i suoi 78 anni, ha mantenuto inalterata la sua passione per il mondo agricolo, come fosse ancora ai primi entusiasmi. Mi piace pensare che sia un modo speciale di essere riconoscente ad un mondo che gli ha dato tanto. Tutt’ora non disdegna si salire sul trattore e di rendersi utile in vari modi. Mario ha sposato la signora Marina Venturi, originaria di Calvisano, in provincia di Brescia, e di cui il padre era mungitore. Dei loro tre figli, soltanto Roberto, ha voluto proseguire l’attività dei padri; egli rappresenta la quarta generazione degli Zanaboni dediti al mondo agricolo: il suo impegno è prevalentemente rivolto alla stalla. Roberto ha sposato Irene Corrù, proveniente da una famiglia di imprenditori edili. La coppia ha due bambine. Dell’altro ramo, il figlio di Giuseppe, il nostro Enrico (come l’omonimo capostipite nonno), ha immediatamente rivelato di che pasta fosse fatto: nei suoi orizzonti sin da giovane vi è stato solo spazio per l’agricoltura. Ha dapprima collaborato con il cugino Mario ed ora con il pro cugino Roberto. Enrico ha sposato Annamaria Schillirò, la cui famiglia è originaria di Centuripe, un paese siciliano in provincia di Enna; il fratello di Annamaria è stato un calciatore giramondo, con buoni trascorsi in alcune squadre del sud Italia. Dal matrimonio è nata Valentina, che studia Lettere e filosofia con indirizzo storico presso l’Università Statale di Milano. Enrico ha un modo assai originale di raccontare le vicende della propria famiglia e le storie delle corti presso le quali gli Zanaboni si sono succeduti: con un ottimismo che tende ad azzerare il passato, pur prestigioso, e a guardare esclusivamente al futuro. Giusto ieri, in un battibaleno, ha costruito un nuovo tunnel, dove intende alloggiare le giovani manze, e ora molto soddisfatto ammira la nuova costruzione.

UNA STORIA RECENTE

D’altra parte le vicende della nuova cascina Grande Riolo sono molto recenti. Nel 2004 la proprietà decise di convertire la corte in edilizia urbana residenziale. Ai Zanaboni, in cambio dello sfratto, fu ceduta della terra su cui poterono costruire nuove moderne abitazioni, e più distante la nuova stalla e le pertinenze rurali ad essa relative. Oggi vi sono qui 210 bovine in mungitura, mentre un centinaio di manze ancora in allevamento si trovano presso la vicina cascina Sabbia. In azienda ci si avvale dell’aiuto di un collaboratore, un tunisino, lavoratore affidabile, che dal 1994 è una presenza ormai fissa: egli non viene mai meno ai propri doveri, e ha nell’igiene della sala mungitura un suo principio d’onore. Ha sostituito lo scomparso Luigi Montemezzani, che era stato mungitore presso la famiglia Zanaboni per oltre vent’anni e che da tutti viene ricordato con immutato affetto. E ancora una volta, nei ricordi, emerge lo spirito di chi si apre al mondo: e la capanna dove vi sono l’asinello e la pecora è l’emblema di una nuova, dolcissima Vigilia.

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