Sotto la torre merlata dell’antico feudo

Oggi a Grazzanello Spartaco Corvi accoglie festose scolaresche

Il pensiero mi viene d’istinto, ma è così macabro che non ho la forza di confidarlo a Spartaco Corvi, agricoltore alla cascina Grazzanello di Mairago; egli, infatti, è una persona cordialissima, dotata di un umorismo molto britannico, e capace, come ebbi modo di scrivere una volta, quando mi occupai del bel mulino di questa corte, di percorrere la vita con un senso di spontanea leggerezza.Ma forse non sa, e qui è la mia confessione macabra, che un precedente proprietario della sua cascina fu spietatamente decapitato. Correva l’anno 1480. Lo sfortunato proprietario altri non era che Cicco Simonetta, politico e rappresentante delle istituzioni milanesi, tanto ingordo di potere che alla fine ci rimise, appunto, la zucca.Cicco Simonetta era stato segretario personale di Francesco Sforza, il quale, destinato inizialmente a svolgere il ruolo di condottiero nel meridione d’Italia, era poi divenuto duca di Milano dopo essersi accattivato i favori di Guido Maria Visconti ed averne sposato la figlia, che all’epoca del fidanzamento ufficiale aveva appena cinque anni, ma che per sua fortuna, prima delle nozze, vide trascorre altri due decenni.Sotto la guida del ducato di Galeazzo Maria Sforza, Cicco Simonetta assunse sempre maggiore prestigio e, soprattutto, ricchezza: il podere della cascina Grazzanello gli fu dato in feudo proprio in questo periodo, attorno al 1470. Ma fu qui che il consigliere, forte anche di una relazione molto intima con la moglie del proprio duca, la bellissima Bona di Savoia, cominciò a smaniare per ottenere sempre più spazi e potere. La cosa non piacque agli altri politici e meno che meno ad un nipote degli Sforza, il condottiero Roberto Sanseverino d’Aragona, che lo considerava, già a pelle, un nemico acerrimo. Tanto brigò che, d’intesa con lo zio Ludovico il Moro, lo fece arrestare e, scegliendo i giudici che dovevano processarlo, lo condannò a morte certa avvenuta, appunto con decapitazione, in data 30 ottobre 1480. I beni del malcapitato Cicco Simonetta, comprensivi della cascina Grazzanello di Mairago, furono dati ad Angelo Talenti, ambasciatore di Ludovico il Moro presso la corte di Napoli. Successivamente divenne feudatario di Mairago, e quindi dei beni in esso situati, il marchese Giulio Cesare Vaino. Ma di lì in poi le notizie si fecero più frammentarie, e vi fu una certa successione di proprietari.

VINAI DALLE API

La cascina Grazzanello non perse, tuttavia, la propria importanza. Si sa che nel 1633 rappresentava ancora un comune a sé, unitamente alla cascine Guzzafame Grione e Guzzafame Bonetto. Nel 1869, invece, il comune di Grazzanello, che a quel tempo vantava 121 abitanti, fu incorporato da quello di Mairago.Tempi lontani. In quel periodo gli avi di Spartaco Corvi erano ancora a Triangia, una frazione del comune di Sondrio; ma Bernardo Corvi, il capostipite, cominciava a pensare di scendere a valle. Ogni giorno cambiava idea. Trangia è posta ad 800 metri sul livello del mare, e vi è un angolo da cui si gode l’impareggiabile bellezza di certe zone della Valtellina. Queste cose non sfuggivano a Bernardo, il quale però trovava la frazione quale luogo troppo piccolo per l’avvenire dei propri figli. Alla fine, probabilmente nell’anno 1881, si convinse che l’unica era lasciare la patria natia e andare in pianura. Come questo suo quadrisavolo si attrezzò agli inizi, il nostro Spartaco Corvi non lo ricorda e forse non l’ha mai saputo. Certo è che, prima ancora che agricoltori, i Corvi furono commercianti. E che, già alla fine dell’Ottocento, si erano fatti un nome per l’ottima qualità dei vini che vendevano in un loro negozio a Lodi. Gli affari andavano così bene che il figlio del patriarca Bernardo, che si chiamava Francesco, decise nel 1892 di acquistare la cascina Grazzanello, visto che i fratelli Luigi e Domenico Madonini, allora proprietari, avevano deciso di metterla in vendita.Tale acquisto, però, pur importante non modificò le abitudini dei Corvi, che continuarono a privilegiare il commercio dei vini, tanto che in un primo tempo diedero in affitto la loro possessione agricola.Nel frattempo, quale autentico commerciante, cominciava ad emergere, in seno alla famiglia Corvi, la figura di Spartaco senior, nipote di Bernardo e figlio di Francesco: egli girava per l’Italia acquistando i prodotti vinicoli migliori, ed aveva manifestato un’appassionata predilezione per quelli della Basilicata.

L’APPRODO AI CAMPI

Fu il figlio di Spartaco senior, Aguinaldo, a mostrare interesse verso il mondo agricolo; egli era una persona estroversa, che manifestava molteplici interessi; poichè non aveva un’esperienza diretta, diversificò il proprio impegno: concesse le stalle in affitto ai pastori bergamaschi, fornendo loro il foraggio per il bestiame; e curò la campagna affidandola ai contadini delle nove famiglie che qui vivevano da anni.Rendendosi conto che di tempo ne avanzava, soprattutto nei rigidi mesi invernali, fondò pure una segheria, all’interno della quale si producevano travetti e listelli per soffitti e tettoie.Aguinaldo Corvi, che era del 1903, fu soddisfatto della sua opera, ma, alla soglia dei settant’anni, pensò di tirare i remi in barca. Nel 1971 la cascina fu data in affitto. D’altra parte il figlio di Aguinaldo, lo Spartaco testimone della nostra storia, mostrava di intraprendere un altro percorso; nel 1978 si era laureato in Scienze agrarie all’Università di Milano ed aveva cominciato ad insegnare all’istituto magistrale di Lodi e all’Itis di Sant’Angelo Lodigiano.Quando Aguinaldo Corvi morì, alla fine del 1981, suo figlio Spartaco sentì forte il legame con quanto il vecchio genitore aveva realizzato: e invece di prorogare l’affittanza, decise di condurre direttamente l’azienda. Gli inizi, per lui, non furono facili nè semplici: la corte era alquanto trascurata, e le sue competenze, in campo agricolo, erano state sino a quel momento più teoriche che pratiche. Ma anche a costo di sbagliare occorreva maturare esperienza e sapere compiere scelte opportune. Il dottor Spartaco Corvi non smise, comunque, l’interesse per gli studi; nel 2005 ha conseguito il master di secondo livello in Politica ed economia dell’ambiente presso la facoltà di Scienze politiche di Milano e, nello stesso tempo, ha ripreso ad insegnare presso scuole statali.

MAIS E SCUOLE

Tali ultimi impegni non l’hanno distolto dall’attività agricola. Oggi alla cascina Grazzenello si coltivano prevalentemente mais, grano, soia, orzo. La produzione del mais è molto variegata. Si è coltivato, ad esempio, mais dolce, quello venduto nelle scatolette per condire l’insalata: ed in questa circostanza l’intero ciclo, dalla semina alla raccolta, è stato seguito da un’azienda bergamasca, quella produttrice del bene destinato direttamente alle rivendite; in un’altra stagione si è coltivato mais per realizzare la polvere di polenta; e ancora mais per la creazione dei mitici corn flackes per le colazioni mattutine.L’anno scorso il mais è stato venduto come granella, una volta essiccato, destinato ad uso zootecnico, mentre in precedenza veniva sempre ceduto ancora verde. La vendita dei cereali quest’anno ha leggermente risollevato il morale degli agricoltori, dopo che per anni il mercato si è rivelato assolutamente piatto.Ma le coltivazioni, pur rappresentando l’elemento tradizionale dell’attività agricola, non hanno costituito l’unico fronte su cui si è impegnato, in cascina, Spartaco Corvi. Infatti, già dal 1993 è stata avviata un’importante collaborazione per con l’assessorato all’agricoltura della Provincia di Lodi per la realizzazione del progetto “Scuole in campo”. Alle scolaresche, dalla materna alla classi medie, si propongono vari temi didattici; fra gli altri, dal campo di grano al pane, il laboratorio dell’argilla, lo studio dell’oro blu, cioè dell’importanza dell’acqua, l’approccio all’apicoltura, l’approfondimento dell’arboreto e della botanica, le risorse dell’orto e delle sue verdure, le qualità dei frutti e le marmellate, la confezione dei biscotti meini, le piante officinali, e lo scavo archeologico. Vi è anche un valido percorso museale.Qualche tempo dopo Spartaco Corvi ha aperto le porte della propria cascina verso altri orizzonti: intanto vi è qui la possibilità di alloggio, usufruendo i clienti di pernottamento e cucina autonoma. Una decina d’anni fa, invece, questo originale agricoltore ha colto a volo una proposta incentivante, effettuata dalla Comunità economica europea, e destinata al rimboschimento delle zone rurali; quattro ettari di terra sono stati destinati all’impianto di latifoglie di pregio, noci, frassini, ontani. Il vincolo era quello di mantenere a dimora gli alberi per vent’anni prima di deciderne l’altro futuro utilizzo: vi sono, dunque, altri dieci anni per pensarvi. Adesso la cascina è silenziosa; lo sarà anche nei prossimi mesi dell’estate, quelli delle vacanze: mancano alla corte gli studenti, che qui vengono festosi; in fondo per ciascuno di loro trascorrere una giornata alla corte Grazzanello è comprensibilmente come un giorno di vacanza; ma Spartaco Corvi, da buon agricoltore, sa gettare il seme: magari fra loro c’è chi si rivelerà un appassionato della terra e dei temi bucolici. Basta saper attendere. Attendere e sperare, come diceva Edmondo Dantès, personaggio nato dalla fantasia di Alexandre Dumas. Ma quella era un’altra storia. E, a questo proposito, stasera, la cascina Grazzannello, nella penombra dei portici dei caseggiati rurali, pare racchiudere dentro di sè i tanti segreti della sua millenaria storia. Solo lo sguardo limpido e divertito di Spartaco Corvi, che sorride con la sua consueta leggerezza, squarcia il silenzio della possessione.Osservo i suoi occhi, e tra le labbra mi trovo a smozzicare, sussurrando: attendere e sperare. Ma anche questa è un’altra storia.

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