Nel “buen ritiro” della Campagnetta

La famiglia Ferrari è a Corno Giovine praticamente da sempre

L’azzurro del cielo è screziato da leggeri ghirigori di candide nuvole: sembrano sbaffi di zucchero filato, me ne lascio conquistare, guardo di qui e di là, mentre procedo verso Corno Giovine. Sarebbe bellissimo se le automobili avessero il pilota automatico: guarderei tutto il tempo con il naso incollato sul finestrino, perché la campagna lodigiana - in questo periodo di primavera - regala prospettive bellissime.

Sto andando alla cascina Campagnetta, ospite della famiglia Ferrari. Non vi sono mai stato, ma a pelle mi ci sento di casa: di fronte c’è l’incantevole fornace della mia amica Ilia Rubini, una delle mie mete preferite da quando - e sono passati ventidue anni - vivo nel Lodigiano.

Come alberi secolari

I Ferrari qui a Corno Giovine vi abitano praticamente da sempre; anche loro sono come certi alberi secolari: nessuno riesce più a stabilire in quale secolo vi abbiano messo radici.

Le prime notizie, però, risalgono ad una donna, Lucia Guaitamacchi, che aveva sposato un Ferrari; la signora era rimasta presto vedova e si era trovata ad allevare due figli ancora adolescenti: Edoardo e Paolina. Quest’ultima, crescendo, era rimasta nubile; di lei si conserva una lettera, datata 1880, indirizzata proprio al fratello; nella missiva lo informa dettagliatamente di alcune vicende, rivelando il conforto di un suo parere, segno di quanto Edoardo rivestisse, per lei e per la mamma, un ruolo importante.

Vi sono poi i documenti di matrimonio che certificano le nozze, avvenute nel 1896, tra questo Edoardo Ferrari e Antonietta Negroni, originaria della cascina Busnadori di Codogno.

La coppia ebbe sei figli: Francesco detto Franco, nato nel 1895, ingegnere; Enrica, coniugata Cogrossi, storica famiglia di agricoltori di Maleo; Lucia, che sposò un ingegnere e andò a vivere a Milano; Giuseppe, agricoltore; Maria, che si maritò a propria volta con un agricoltore, della famiglia (altrettanto storica!) Caccialanza di Somaglia; e, infine, Elena, che scelse come marito un fratello (ingegnere anch’egli) dello sposo della sorella: in buona sostanza, ancora prima che consorte gli era stata cognata.

Edoardo Ferrari parallelamente alla conduzione della cascina Campagnetta avviò pure un’attività di commercio del bestiame, grazie alla quale accumulò altre possibilità economiche, che lo misero in condizione di acquistare altre cascine, così che ciascuno dei suoi figli potesse averne una propria.

Un poliedico ingegnere

I due maschi, Franco e Giuseppe, proseguirono la conduzione dell’azienda agricola di famiglia. Franco, però, lo fece da lontano. Egli, infatti, era ingegnere e teneva molto a questa sua formazione, tanto che, avuta l’occasione di andare a lavorare in Germania, non aveva esitato un solo istante ed era partito. Poi ebbe nostalgia dell’Italia e, dopo qualche tempo, tornò indietro. Il Lodigiano, però, dovette sembrargli ormai troppo a sud perché, alla prima occasione, rilevò una segheria a Bressanone e si trasferì lì: di quell’aziendina fece un vero e proprio impero. Non recise, tuttavia, i legami con il suo territorio d’origine: essendo il primogenito, ebbe in dote la cascina Campagnetta, e non potendo condurla direttamente, l’affittò, a prezzo simbolico, al fratello; inoltre, della casa padronale fece il proprio “buen retiro” e, essendo rimasto scapolo, di tutte le sue sorelle, dei cognati, e del fratello Giuseppe: la madre Antonietta visse sempre qui, confortata dalla presenza di due dame di compagnia, Caterina e Colomba; queste due ancelle erano, più che altro, due gendarmi: la casa era sempre in ordine, i materassi dei letti erano avvolti da fresche lenzuola di lino, ma se arrivavano a dormire parenti a loro non graditi, quelli cioè di secondo o terzo grado, le due donne mettevano federe con il filato rustico, di quelle molto pungenti, che l’ospite non vedeva l’ora arrivasse l’alba per svignarsela.

L’ingegnere Franco Ferrari trascorse gli ultimi anni della sua vita in Brianza, ricoverato in una casa di cura per problemi di salute. Alla sua morte, il suo patrimonio agricolo fu rilevato, acquistando le quote dagli altri parenti, da due nipoti: e cioè, da Edoardo, che vi si trasferì definitivamente nel 1998, e da un figlio della zia Enrica, appartenente al ramo dei Cogrossi.

La buonpensiero

Il nucleo storico dei Ferrari, con Giuseppe dapprima e in seguito con il figlio Edoardo, è anche legato alla cascina Buonpensiero, sempre a Corno Giovine. Questa corte era stata teatro di una strana vicenda: quando il capostipite Edoardo l’aveva acquistata, l’affittuario che la conduceva, il signor Mai, vi era rimasto malissimo; avendola abitata per anni, sperava di vantare un diritto di prelazione e, comunque, era convinto di aggiudicarsela. Il fatto che l’avesse rilevata il signor Edoardo lo considerava quasi uno sgarbo e pertanto non poteva soffrire il collega agricoltore. Ma la cosa più incredibile è che, nel 1935, a distanza di tempo da quella compravendita, Giuseppe Ferrari sposò Maria Teresa Mai: i figli, allora, rimisero pace tra le due famiglie, anche se il signor Mai, che s’era spostato alla cascina Biraga di Terranova dei Passerini, talvolta rimproverava Maria Teresa di averlo imparentato con chi gli aveva fatto la cavalletta!

Maria Teresa Mai portò con sè quella che era stata la sua tata: Giuseppina detta Peppa. Ella divenne poi la tata dei figli e quindi dei nipoti di Maria Teresa: fu una figura mitica nella famiglia Ferrari. Aveva sposato l’autista della corte, che era vedovo e aveva già due figli: così si trovava a dire di essere diventata improvvisamente mamma di due ragazzi già grandi. Altra figura di riferimento fu Giuseppe Boccotti, mediatore e uomo di fiducia sia di Giuseppe che del figlio Edoardo.

Agricoltori nel sangue

Giuseppe Ferrari si rivelò un agricoltore estroverso e competente, interessato alle innovazioni tecnologiche ed al miglioramento della razza bovina; i Ferrari, infatti, vantavano una eccellente stalla da latte e mantennero un caseificio sino al 1959, dove producevano grana e burro.

Giuseppe e Maria Teresa ebbero due figli: Francesca ed Edoardo. La vita di quest’ultimo, mancato nel dicembre scorso, mi è stata raccontata dalla moglie, la signora Giuditta Coldani, anch’ella figlia di agricoltori, della cascina Bosco Trecchi di Maleo. La signora Giuditta ha un bellissimo sorriso, che ogni tanto si vela di nostalgia; ha amato il marito e la famiglia con grande dedizione, rinunciando da giovane a proseguire gli studi e seguendo con distacco gli eventi dell’azienda agricola, visto che il marito le chiedeva di essere un vero angelo del focolare domestico.

Edoardo Ferrari fu un uomo originale e brillante. Aveva trascorso un’infanzia particolare: legatissimo alla cascina e alla nonna Antonietta, che ne aveva fatto il proprio cocco, era stato costretto, a causa della guerra, ad andare a studiare al collegio San Carlo di Milano, come la sorella Francesca a quello delle Orsoline. Finite le medie, era andato all’istituto di ragioneria a Piacenza: ma troppa libertà improvvisa gli aveva dato alla testa, e aveva bigiato le lezioni per quasi tutto l’anno. I genitori, allora, scoperto il misfatto, lo avevano rimesso in collegio, dai salesiani, a Montechiarugolo, nei pressi di Parma, e successivamente, a Lambiasco, in Piemonte.

Si iscrisse anche all’Università in Agraria, ma mollò dopo il primo anno, perché ormai si era fatto irresistibile il richiamo della terra e dell’impegno agricolo. Cominciò a lavorare in azienda, dedicandosi a coordinare il lavoro del personale. Edoardo era una persona molto generosa: numerosi agricoltori furono aiutati e sostenuti da lui nei momenti difficili. Come suo padre, era appassionato di genetica: aveva ampliato la stalla e convinto il genitore ad avviare una porcilaia. Ed in più aveva proseguito negli investimenti: nel 1972 aveva acquistato la cascina Campagnetta II, la cui proprietà apparteneva alle suore di clausura di Piacenza, che ne avevano affidato la gestione a don Niso Della Valle, piacentino, che era stato insegnante di religione durante gli anni del liceo della signora Giuditta Coldani. Poi aveva comprato anche alcuni campi della cascina Timesvar, altri li aveva presi il vecchio patriarca Giuseppe, cui poi era subentrato la figlia Francesca.

Addio alle vacche

Nel 1995 Edoardo Ferrari, che pure aveva realizzato una stalla d’eccellenza, si privò d’un solo botto di tutte le vacche: non lo convincevano, infatti, le nuove leve della manodopera. Gli sembrava che quel patrimonio genetico a poco a poco, non seguito bene, si depauperasse. Una volta presa una decisione, lui non arretrava di un solo millimetro, anche se rinunciare alle bovine gli dispiaceva terribilmente.

Conseguentemente i terreni cambiarono destinazione, e si optò per la sola monocoltura di mais. Oggi la campagna è curata dalle due figlie di Edoardo e della signora Giuditta: Giovanna e Maria Teresa. Quest’ultima fu la prima ad affiancarsi al padre, nel 1955; il cuore di Edoardo, infatti, cominciava a dare i primi segnali di cedimento. Qualche anno dopo anche Giovanna decise di collaborare nella conduzione dell’azienda insieme alla sorella. Edoardo Ferrari era molto orgoglioso delle sue figlie: sapeva quanto valessero, anche se, avendo ereditato i modi dei suoi avi, non era molto espansivo con loro; per educazione e rispetto, anzi, le trattava con apparente distacco. In realtà, voleva loro molto, molto bene.

E, probabilmente, quando si fermava a fare i bilanci della vita, sapeva della fortuna ricevuta nell’avere incontrato, nella sua vita, la moglie Giuditta, e nell’avere ricevuto il conforto di una famiglia davvero straordinaria.

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