L’ultimo Robinson Crusoe di pianura

È Giancarlo Sangalli, titolare della cascina Melina di Dovera. Come è difficile dirsi ambientalisti! Meglio una lingua di asfalto lunga tre chilometri in mezzo ai campi, per il godimento di biciclette in transito, oppure una stradina rupestre, a libero accesso per tutti gli amanti della natura compresi gli appassionati delle due ruote, e che lasci integra la campagna e non deturpi l’ambiente? La comparazione degli interessi e delle idee, talvolta, manca del tutto; ed ecco che una stradina nel verde, improvvisamente, a Crespiatica, diventa vitale come una tangenziale, si sovrainnalza rispetto ai terreni, si bituma, modificando così irreversibilmente questa fetta di terra, magari inneggiando alla promozione dello sviluppo rurale.

Così, d’altra parte va il mondo, e non c’è più da stupirsene: l’agricoltura non è bistratta perché l’Imu si pagherà magari sui cascinotti una volta usati per il ricovero dei maiali, ma per tanti piccoli gesti, d’ordinaria amministrazione, che sviliscono gli sforzi degli agricoltori, li irridono e, a prova di smentite, letteralmente li ignorano.

un sognatore disilluso

Sono ospite di Giancarlo Sangalli e di sua moglie Edvige Ferrari; il signor Giancarlo ha i capelli grigi, riccioli e ribelli, ma sono gli occhi a rivelare la sua indole: è un sognatore disilluso, che ha amato profondamente la natura, le zolle di terra, le bestie, e che non intende accettare passivamente le ferite che il suo mondo riceve ogni giorno; ogni stortura la vive come un’ingiustizia, e sa perfettamente che se le sue bovine avessero anche solo per mezzora il dono della parola, allora, le sue proteste non sarebbero isolate: la campagna è di chi la vive, di chi vi si alimenta e nutre. La signora Edvige è una donna altrettanto ferma: ama dare coerenza agli sforzi propri e del marito.

Dal 1970 i Sangalli proprietari della cascina Melina, corte che si trova nel Comune di Dovera, terra del Cremonese, ma lodigiana per perimetro diocesano, e che si trova sul lato sinistro, procedendo sulla strada statale per Crema, giusto dirimpetto alla chiesetta parrocchiale della frazione Tormo di Crespiatica: mi sembrava d’essere nel cuore dei dintorni di Lodi, e invece per due passi ho sconfinato, ma il potere spirituale, in un certo senso, m’accompagna.

E mi piacerebbe benedire - nel senso di dire-bene, della coppia Sangalli, conosciuti da tanti lodigiani della zona per essere quelli che lasciano a libero pascolo le bovine, all’interno di scenari che ricordano gli alpeggi montani o quelli europei di più evoluta azione. Il pascolo libero delle bovine è una fra le immagini più belle del Lodigiano.

don leandro

I Sangalli sono come quei reduci che non si arrendono mai: da queste parti sino a qualche tempo fa c’erano dieci stalle con bovine; alla fine era rimasta solo quella della cascina Melina; a cui si è aggiunta da poco, un’altra stalla, per via di una nuova conduzione agricola. Sono numeri che lasciano riflettere: se poche settimane fa il nostro quotidiano titolava la notizia di trecentocinquanta stalle chiuse nel giro di pochissimo tempo non era certo per promuovere effetti di superficiale sensazionalismo, ma per inquadrare una realtà effettiva e deprimente.

La corte Melina esiste da più di due secoli: fu un benefattore a lasciarla in dono alla parrocchiale di Postino. Oggi vi sono strutture antiche, come l’antico fienile, ed altre moderne, come l’ampia stalla nel cuore della campagna, mentre la casa padronale è altrettanto inusuale per una possessione agricola, essendo moderna e comunque di ottimo gusto.

Chi amava spesso arrivarvi, negli anni che era prevosto alla frazione del Tormo, era don Leandro Rossi; Giancarlo Sangalli lo ricorda con parole commosse: «So che per le sue idee innovative era stato contestato ed emarginato; ma era una persona vera ed autentica. Per me, come prete, lui era il migliore in assoluto. Mi colpiva il fatto che pur essendo un teologo di una certa fama non si dava aria alcuna: con mio padre stava a discorrere per molte ore. E tra loro c’era davvero molta semplicità».

da crespiatica

I Sangalli sono originari di Crespiatica. Avevano in quel paese una cascina nel centro del paese. Il capostipite, nonno Carlo, aveva pensato di prendere altra terra, inizialmente in affitto, e s’era così allargato verso la zona di Dovera. Aveva preso pure in conduzione la cascina Melina, divenendo affittuario della Curia lodigiana. Ma la scelta era stata motivo di iniziale dissapore con la moglie, la signora Angela Alchieri.

Infatti, forte del detto popolare che «alla cascina Melina si sta bene solo alla mattina», la signora Angela non intendeva trascorrere la notte in questa nuova possessione: così non appena imbruniva attraversava la campagna e se ne tornava a Crespiatica. Il marito non intervenne ed attese che la consorte si rassegnasse.

La coppia aveva avuto 14 figli: uno di questi, Gaetano, fu il fabbro che aveva l’officina direttamente in cascina a Crespiatica; mentre sulla statale, presso la zona nota come Bocchirale, tra Corte Palasio e Crespiatica, il mestiere fu poi proseguito da Carlo Antonio, fabbro esperto anche in estri artistici sul ferro battuto e conosciutissimo da tantissimi lodigiani. Di tutti gli altri figli, soltanto in due fecero gli agricoltori: Alessandro, nato nel 1912, ed Attilio, che era di quattro anni più giovane.

due fratelli

I due fratelli lavorarono insieme per moltissimo tempo. Andavano d’accordo, anche se erano di caratteri diversi: Alessandro privilegiava la compagnia, era un uomo solare, davanti ad un amico amava tirare tardi e perdersi in chiacchiere. Attilio, invece, era più servito, e come distrazione dal lavoro aveva una sola abitudine: aggiungere altro lavoro. Alessandro era un uomo che si concedeva il sonnellino pomeridiano; Attilio, no: quando il fratello dormiva, lui disboscava la campagna, un impresa che, in quegli anni lontani, avrebbe dissuaso chiunque.

Attilio aveva sposato Alessandra Tedoldi, con la quale ebbe quattro figli. Alessandro Sangalli, invece, aveva sposato Bettina Vercesi, originaria dell’Oltrepò Pavese. Si conobbero perché la ragazza era la cugina dello storico oste del Tormo e spesso veniva a trovare il suo parente. La coppia ebbe Giancarlo, nato nel 1945, testimone di questa odierna storia.

E fu proprio quest’ultimo a proseguire alla cascina Melina il lavoro intrapreso già dai suoi avi. Egli ha sempre operato tenendo ben presenti due bussole nell’impegno agricolo: la stalla ed i campi. E quando gli domando perché, ha risposte secche e precise: «Cosa vorrebbe che mettessimo sulle nostre tavole a cena? Un piatto di mattoni? E da bere, le servo una brocca di bitume? Proseguendo così, amico Lombardo, finiremo a mangiare tutti carne cinese compressa in scatola».

Le ironie lasciano il posto a considerazioni ancora più concrete: «Ma lei lo sa che i concimi organici, cioè letame e liquami, sono ammessi per zona vulnerabile, come i terreni della possessione Melina, sino a 170 chilogrammi di azoto per ettaro, mentre per i fanghi, di cui non si conosce la completa composizione, sono previsti sino a 340 chilogrammi di azoto sempre a singolo ettaro? Cosa mi dice, adesso, di questa norma della Regione Lombardia prevista dal piano di gestione nitrati a tutela della acque e dell’ambiente?».

animali, che passione

La passione per gli animali nasce da lontano. Probabilmente gliela trasmise nonno Carlo, che tutti chiamavano “il veterinario”, senza che realmente lo fosse, ma la sua attenzione per le bestie, sopratutto per i cavalli, era universalmente riconosciuta da tutti. Ma in quegli anni i Sangalli avevano pochi capi. E sino a poco tempo addietro la situazione non cambiò. Pare che dietro ci fossero ragioni politiche, ma solo con l’avvento della Lega - così riferiscono gli annali della cronaca - i Sangalli ebbero l’autorizzazione per costruire la nuova stalla all’aperto ed ampliare il numero delle bovine.

In quel tempo maturò pure la scelta di produrre il latte biologico, tanto da ottenere nel 1994 la relativa ufficiale certificazione. Si è arrivati a questa scelta partendo da un concetto semplice, elementare e saliente: le bovine sono erbivore. Dunque, perché dare loro vitamine di sintesi o proteine o altri ingredienti lontani dagli elementi naturali? Giancarlo Sangalli era da sempre orientato verso questa scelta, e la frequentazione con l’indimenticato maestro e agricoltore Giovanni Brambilla, i continui e proficui confronti con Giovanni Ferrari, agronomo, per anni docente a Villa Igea ed all’istituto “Bassi” di Lodi, nonchè fratello della signora Edvige, lo rafforzarono nella sua vocazione biologica e sulla possibilità continuativa del pascolo offerta dalla natura del terreno. Così, da aprile a novembre, quotidianamente le bovine hanno una riserva di terra dove sostare, pascolare e cibarsi. Si tratta di zone a loro riservate che vengono spostate d’appezzamento in appezzamento con assegnazione di pascolo delimitato e a rotazione: nella prima giornata avranno a disposizione tremila metri quadri, nella seconda giornata, oltre ai già citati tremila metri, ne avranno a disposizione ancora altri tremila, di erba fresca, e sino ad esaurimento dell’appezzamento. Al pascolo vengono mandate solo le bovine da latte, circa una settantina, mentre quelle in asciutta e quelle in allevamento si cibano di fieno.

alta qualità

Le bovine al pascolo danno un’immagine bucolica Garantire un percorso biologico alle vacche comporta alcuni limiti: la produzione di latte è certamente inferiore, ma la qualità è ottima, con il grasso assolutamente mantenuto nei limiti previsti e con la presenza del colesterolo buono. Inoltre esse restano probabilmente più magre, e di questo un allevatore ne risente quando venderà i relativi capi, giunti a “fine carriera”, per la macellazione.

Il latte è conferito alla Cooperativa Santangiolina, la quale nel costante esercizio di tutela dei propri aderenti, gira direttamente le quantità al Caseificio Tomasoni, nel Bresciano, che a propria volta realizza il grana biologico; questa azienda aderisce al Gruppo Acquisti Solidale, e i propri prodotti sono venduti direttamente al consumatore.

Per visitare la cascina in compagnia di Giancarlo Sangalli occorre avere tempo: lui si distrae per ogni occasione, preso com’è dall’ammirare i doni della natura. Lungo la limitrofa roggia Negrina, che nasce dal Tormo, transitano un’anatra selvatica con dietro i suoi quattordici anatroccoli: Giancarlo corre a prendere del pastone che lancia vicino alla sponda lambita dalle acque. Così nella simbiosi tra le bellezze della natura e la passione dell’uomo si realizza una bellissima, splendida relazione. Guardo gli occhi di Giancarlo Sangalli: e mi sembra di avere vicino un moderno Robinson Crusoe di pianura.

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