Rubriche/Cascine
Domenica 26 Giugno 2011
L’ultimo “custode” della Zelo di Sopra
La famiglia di Domenico Fiorentini lascerà la corte dopo cent’anni
Quando mi ha detto la propria età, ho stentato a credergli: impossibile che avesse davvero 74 anni. Domenico Fiorentini mi ha sorriso: sa di mostrare un aspetto più giovanile, e senz’altro lo aiuta il suo spirito gioviale, ironico, di chi sa misurare i passi della vita, i propri e gli altrui. Questo ceppo dei Fiorentini, il cui nucleo patriarcale è originario di Moscazzano («Nel Cremasco - sottolinea il signor Domenico - non nel Cremonese: perché il dialetto è specifico, e l’identità del paese molto forte»), si è radicato alla cascina Zelo di Sopra, a Zelo Buon Persico, da cento anni giusti giusti: il primo contratto d’affitto con l’Ospedale Maggiore di Milano fu stipulato il 12 aprile 1911. Da quella data, da un Domenico senior, il capostipite, ad un altro Domenico, il nostro testimone, nipote del primo, i Fiorentini sono sempre rimasti affittuari di questa cascina.Oggi Domenico Fiorentini conduce solo i campi, della corte è solo rimasto il temporaneo “custode”: nel 2007 la proprietà ha comunicato che il contratto sarebbe stato affittato per altri sei anni soltanto, ma senza più l’utilizzo della stalla. Strano destino per gli agricoltori: possono tenere bovine solo a condizione che esse si trovino a duecento metri da un primo spigolo di casa altrui, ma i piani regolatori prevedono che sia possibile costruire alloggi quasi sotto ai portici delle corti. Così certi destini appaiono irrimediabilmente segnati.
CENTO ANNI FA
Quando nel 1911 Domenico senior firmò il primo contratto di affittanza, tenne ad inserire che sul contratto fossero apposti pure i nomi dei suoi parenti, con lui in società: lo zio Angelo, il cugino Antonio, ed il fratello Giuseppe.Poi, ciascuno di loro intraprese un proprio autonomo percorso: Giuseppe andò per qualche anno a Bascapè, ma il suo desiderio era quello di tornare al più presto a Moscazzano, cosa in cui riuscì, acquistando nel paese d’origine una confortevole azienda agricola. Antonio si spostò a Bertonico, e quindi i suoi eredi a Terranova dei Passerini. Lo zio Angelo si ritirò dagli affari.Domenico senior rimase da solo a condurre la cascina Zelo di Sopra: la possessione era di 1200 pertiche circa e la cascina molto grande. Oggi la struttura è posta al centro del paese, ma agli inizi del secolo scorso era in aperta campagna: di là dai campi si scorgeva l’abitato di Merlino. Zelo Buon Persico era in quegli anni un vero e proprio paese rurale; contava poco più di un migliaio di abitanti, oggi si è in settemila: ma tra le abitazioni moderne si coglie ancora qualche caseggiato agricolo di un tempo. Domenico senior era un personaggio singolare: quando era ragazzo aveva pensato di farsi prete; portato per gli studi, aveva avuto la sfortuna di prendere una malattia agli occhi: prima si pensò perché si fosse sforzato troppo negli studi, poi si individuò quale causa una brutta congiuntivite, ma alla fine Domenico perse del tutto la vista, limitandosi a vedere soltanto le ombre.
NONNO E NIPOTE
Non proseguì più negli studi, prese per moglie una ragazza di Moscazzano, Anna Marazzi, e fu felice. La malattia agli occhi lo limitò solo in parte: sapeva avere fiuto, intuito, e volontà; e poi, da anziano, ebbe un aiutante fondamentale: il nipote Domenico, il nostro testimone. Il nonno chiedeva di essere accompagnato per la possessione e poi gli domandava di prendere un fascio di granturco: con le mani ne tastava la qualità, e sapeva cogliere ogni più piccola sfumatura. Più volte rimproverò i figli perché si rendeva conto, dal tatto, come crescevano le coltivazioni e che le attività non erano state svolte secondo le sue indicazioni.L’azienda agricola vantava in quegli anni 70 vacche in lattazione, brune alpine, a stabulazione fissa, ed altrettante in allevamento; vi era anche la porcilaia con i suini. Il latte veniva lavorato nel caseificio della cascina per la produzione del grana. Domenico senior aveva avuto dalla moglie Anna sette figli: tre maschi e quattro femmine; dei ragazzi, il primo, Giacomo, era partito nel 1929 per la Sardegna, per dirigere i lavori delle ditta Bonifiche Sarde, fondata nel 1918 con lo scopo di realizzare, sui terreni agricoli, appezzamenti moderni e coltivabili. Giacomo rimase complessivamente vent’anni in Sardegna, poi rientrò, ma prese in affitto una cascina a Milano, sempre proprietà dell’ospedale Maggiore.Nonno Domenico morì nel 1947, allorchè era ancora intestatario dell’azienda agricola; oltre a fare l’agricoltore era stato per molti anni podestà di Zelo Buon Persico e giudice conciliatore. Era un uomo rispettato in paese, anche per la sua generosità: alle donne che venivano a prendere il latte, al mattino, appena munto, se avevano il marito in guerra, Domenico Fiorentini ne faceva dono, e aiutava le famiglie più bisognose. Successivamente - e sino al 1956 - divennero titolari dell’azienda agricola i figli di Domenico senior: Ernesto e Pietro. Il primo era il papà del nostro Domenico, un uomo tranquillo, che cercava di svolgere sempre al meglio il proprio lavoro; aveva sposato Maria Rosa Bricchi, di Zelo Buon Persico, che aveva poi condotto l’azienda, insieme al coniuge, sino al 1975.
UN GIOVANE PERITO AGRARIO
Terminati gli studi, svolti a Treviglio, con permanenza in collegio, ed essendosi diplomato perito agrario, il giovane Domenico Fiorentini a metà degli anni Settanta prese in mano le redini dell’azienda agricola; successivamente, per quasi un ventennio, gli si affiancò pure il fratello Carlo, che inizialmente aveva preferito svolgere l’attività di geometra, ma che una mano nella gestione della contabilità l’aveva sempre offerta.Domenico, con molta ironia e spirito di autocritica, ammette oggi di avere esordito con un madornale errore: quello di cambiare la razza delle bovine nella propria stalla. Avrebbe dovuto tenersi le brune alpine, mastica amaro: producevano meno, ma avevano un latte di grande qualità. Forse ad indurlo in errore fu l’esperienza maturata in Olanda, subito dopo la scuola, grazie a percorsi di formazione che allora garantiva l’Ispettorato Agrario: da lì portò un torello e gradualmente sostituì le prime bovine con le pezzate. Nel 1962 fu realizzata la stalla all’aperto, la prima a Zelo Buon Persico: prima vi trasferì le manze, e successivamente le bovine in lattazione. Vi erano poi altri capi per la produzione delle carni. L’azienda agricola vantava a quei tempi quattrocento capi. Il caseificio era già chiuso da tempo, ed il latte veniva conferito alla Galbani; tuttavia, agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso cominciarono a farsi largo le cooperative, introducendo premi per la qualità, ed allora Domenico Fiorentini passò al Consorzio Produttori Latte di Peschiera Borromeo. Nel 2000, però, è ritornato sui propri passi, aderendo alla ditta Galbani Invernizzi. Si producevano giornalmente sino a 40 quintali di latte.
UN MONDO CAMBIATO
Certo, il podere Zelo di Sopra è molto cambiato negli anni, come la campagna che ne costituiva la parte originaria: gli espropri per la costruzione delle strade e della circonvallazione ne hanno stravolto la fisionomia; a quel tempo gli indennizzi andavano in larghissima parte direttamente alla proprietà, l’affittuario aveva un modestissimo risarcimento per i danni delle mancate coltivazioni. Ma la maggiore perdita, dal punto di vista affettivo, è stata procurata dalla rinuncia delle bovine, che nel 2007 sono state vendute in blocco ad un agricoltore di Agnadello, da cui è andato a lavorare anche l’ultimo mungitore, un indiano, che Fiorentini aveva alle proprie dipendenze. L’anno prima l’azienda agricola aveva avuto una nuova intestazione: «Domenico Fiorentini e Ratti Franca»; quest’ultima è la moglie del signor Domenico.Tra un anno scade definitivamente il contratto d’affitto con l’Ospedale Maggiore di Milano. Il signor Domenico Fiorentini, avrà compiuto i 75 anni, smetterà così le funzioni di “custode” della cascina e di agricoltore: mais e grano biondeggeranno per altri, non più per lui. È un uomo che nella vita ha avuto sempre tanti interessi: è stato anche perito agrario per il Tribunale di Monza, incaricato per conto dei giudici di esprimere un giudizio sulle relazioni di altri periti e altri tecnici; stimatissimo in questo lavoro, non è mai stato pensionato dal Tribunale: ha smesso lui di andarci quando si è ritenuto avanti con l’età. Fiorentini dice che tra un anno avrà tempo per andare al mare. Mi accompagna a visitare quella che era, una volta, un’imponente cascina, con persino una stalla a due piani, sotto le bovine, e sopra le manzette. Il mio amico Giacomo Rossi, che ha propiziato quest’incontro, indugia sotto i portici di un vecchio caseggiato agricolo: preoccupato, osserva le tegole, che sembrano andare giù a precipizio; Fiorentini lo rassicura: finchè c’è lui, non crollerà nulla. Di questa corte conosce la più minima crepa. Difficile credere veramente che un uomo così possa rassegnarsi ad andare a passeggiare sul lungomare, a godersi la vita da pensionato. Uomini come Domenico Fiorentini non s’arrendono mai. Non è nella loro indole. Posso rassegnarmi a credere che abbia da compiere i 75 anni. Ma non so immaginarmelo pensionato. La signora Franca dovrà rassegnarsi a vederlo ancora impegnato in qualche campo: e mais e gran o biondeggeranno ancora per lui.
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