L’eredità dell’artista-boscaiolo Cirillo continua sull’aia della corte Nicolina

Da Chignolo Po a Fornaci di Borghetto il percorso della famiglia Pinciroli

Sull’aia di una cascina nella frazione Cantonale di Chignolo Po, era un continuo susseguirsi di colpi d’ascia: secchi, precisi, fermi. Talvolta, Cirillo Pinciroli si fermava ad osservare il sottile tronco e con un coltellino eliminava qualunque asprezza il legno mantenesse: un lavoro preciso. Anzi, perfetto. Più da straordinario artista che da boscaiolo.

Cirillo Pinciroli era nato nel 1879; nome inusuale quello datogli dai suoi genitori, e che infatti non ha avuto seguito nei suoi discendenti. Il legname che lui lavorava, rigorosamente a mano, realizzando pali tutti uguali, stessa altezza, uguale larghezza, identica misura, veniva venduto ai viticoltori della zona pavese. Quei pali, impiantanti sui vigneti, mediamente duravano per un triennio, poi andavano sostituiti. Ogni anno lui riforniva gruppi di viticoltori, alternandoli: aveva così tanti clienti che alla fine era riuscito a mettere da parte un bel gruzzoletto.

La vita di Cirillo era dettata da ritmi molto regolari: ogni pomeriggio con il carretto si recava al bosco, prelevava la legna e, di sera, la scaricava sull’aia della cascina; la mattina lavorava per realizzare i pali; all’imbrunire tornava al bosco. Era un uomo instancabile: piccolo di statura, ma tutto un fascio di nervi e muscoli. Quello era un lavoro faticoso, ma lui sembrava sempre fresco e pimpante.

L’unico giorno in cui riposava era la domenica, momento consacrato al Signore. Anche il venerdì evitava di recarsi al bosco, perché preferiva andare al mercato di Chignolo Po, luogo indispensabile per raggiungere affari, aggiornarsi sulle novità del mondo e su quelle, più specifiche, del mondo contadino.

i figli di cirillo

Era suo unico cruccio avere perso troppo in fretta la moglie, che si chiamava Rosa Chiesa; malgrado la repentina scomparsa della donna, la coppia era riuscita ad avere cinque figli: Maria, Alice, Marianna, Bassano e Luigi. Cirillo guardava quegli orfani e si domandava come avrebbe fatto a crescerli, dando loro quelle delicatezze e quelle attenzioni che solo una mamma sa donare. Nella disgrazia, ebbe la consolazione che le due prime figlie avevano la giusta età per accudire anche gli altri fratelli, di cui il più piccino aveva soltanto due anni. Maria, allora, si prese cura della casa: era lei che preparava da mangiare, rassettava, rammendava, controllava che ogni cosa filasse per il verso giusto. Alice, invece, cominciò a curare gli affari: il borsellino lo tenne lei, e i viticoltori cominciavano a confrontarsi con questa ragazza, sempre gentile, sempre serena, ma irremovibile sui pagamenti; Alice, inoltre, aveva una grande passione per lo studio: non potendo dedicarsi lei direttamente ai libri, pretese che la terza sorella, Marianna, studiasse, e così Luigi. Entrambi si diplomarono e divennero insegnanti: Luigi Pinciroli si appresta a festeggiare i novant’anni, e vive ad Orio Litta. Ha mantenuto anche la passione per i boschi; ancora oggi di un albero, ad occhio, sa dare descrizioni precise: che circonferenza ha, quale altezza, lo stato di salute.

nel lodigiano

L’unico dei fratelli Pinciroli che si dedicò esclusivamente all’agricoltura fu Bassano. E fu lui, quindi, ad arrivare alla cascina Nicolina, sita nella frazione Fornaci, a Borghetto Lodigiano, ma in linea d’aria quasi più vicina a Livraga.

Questa corte fu acquistata da Cirillo Pinciroli nel 1933. Per nove anni fu data in affitto. Poi, nel 1942, venne a condurla Bassano Pinciroli, che all’epoca aveva 23 anni. Egli era un agricoltore dal carattere buono e pacifico, più portato al fare, al duro lavoro, che non propenso agli affari. Per fortuna sua moglie, Luigia Comotti, originaria di Monteleone, nel Pavese, era l’esatto contrario: essendo figlia di commercianti, aveva la capacità di gestire le economie di un’azienda agricola. La signora Luigia possedeva pure una spiccata attitudine ad inquadrare la gente: chi non le garbava veniva messo brutalmente alla porta.

Oltre al lavoro in campagna, Bassano Pinciroli aveva pure una dozzina di vacche. Era stato suo padre a spingerlo ad intraprendere il percorso zootecnico: l’anziano patriarca cominciava ad intuire che con il legname gli introiti diminuivano, ed era convinto che il latte potesse rappresentare la giusta soluzione per mantenere una costanza di reddito. Anche Bassano se ne convinse. Fu tra i primi ad introdurre nelle stalle le pezzate nere. In quegli anni il latte veniva conferito al caseificio Lodigiani di Orio Litta, poi acquisito da Ribolzi.

Bassano Pinciroli aveva anche una passione straordinaria per i cavalli: quando nelle cascine cominciavano a giungere i primi trattori, lui preferiva che sui campi andassero i suoi “mori”, non perché non amasse il progresso, al contrario la sua intenzione era quella di prorogare più possibile la permanenza e l’utilizzo dei cavalli.

agricoltore sin da bambino

Ad affiancarsi a Bassano, nella conduzione dell’azienda, fu il figlio Cesare, testimone di questa storia; mentre l’altro figlio, Gianfranco, diplomatosi perito industriale, ha lavorato per importanti azienda del territorio, mentre oggi collabora con una prestigiosa multinazionale; all’attività di lavoro ha affiancato pure altri impegni, tanto che, da una quindicina d’anni, Gianfranco Pinciroli occupa il ruolo di presidente dell’Opera Pia di Borghetto Lodigiano. Invece Cesare Pinciroli ha cominciato a lavorare in cascina sin da bambino: già all’età di 8 anni andava col cavallo sui campi a rastrellare e voltare il fieno. Dal papà imparò molto: sia nella cura delle bovine che nell’approccio alle colture.

La stalla fu portata a cento capi: cinquanta bovine producevano latte, ed altrettante erano d’allevamento. Dall’iniziale dozzina la crescita fu graduale, e la maggiore soddisfazione di Cesare fu quella che in stalla giungevano solo bovine partorite alla cascina Nicolina. Fra i collaboratori di maggiore permanenza vi fu Innocente Leoni, che oggi vive ancora alla frazione Fornaci e tra poco più di un biennio arriverà al secolo d’età. Anche la moglie di Cesare, Cristina Lanzani, originaria di San Colombano al Lambro, si diede da fare occupandosi in cascina di diverse incombenze.

Cesare Pinciroli è stato per molti anni fra i protagonisti del mondo agricolo. Lui è una persona umile e quasi si schermisce: attribuisce i meriti alle trasformazioni sociali di quel tempo e ad altri protagonisti, come Duccio Castellotti, che fu per molti anni l’anima della Coldiretti, prima quella locale e poi a livello nazionale; anni in cui Castellotti in prima persona sensibilizzava gli iscritti alla frequentazione dei corsi di approfondimento per gli agricoltori, così da metterli nelle condizioni di conoscere le evoluzioni del comparto agricolo. Come dice lo stesso signor Cesare: di allargare i propri orizzonti. Fu in quel periodo che Pinciroli si rese conto di un criterio che divenne la sua filosofia di vita: un lavoro nuovo lo si comincia soltanto quando si è capito.

latte e carne

Un ruolo d’indiscusso protagonista Cesare Pinciroli lo ebbe anche nella fila della Santangiolina, la cooperativa lodigiana che raccoglie il latte dei propri soci, in parte lavorandolo direttamente; negli anni Ottanta lui fu uno dei più attivi innovatori, insieme a Vincenzo Lobbia e Giovanni Madonini. E fu un periodo davvero impegnativo; di frequente le sue giornate erano caotiche: all’alba Pinciroli andava in stalla, quindi con il leader della Santangiolina, Antonio Baietta, partiva per Jesi, dove la cooperativa lodigiana aveva un rapporto di partnership con la Cooperlat, e quindi dopo pranzo ripartiva per Borghetto Lodigiano, così da essere ancora in stalla prima di notte. Un impegno senza soste, faticosissimo.

Alla cascina Nicolina il latte si è prodotto sino al 1996; Pinciroli, avendo avuto due figlie femmine, Chiara ed Elena, impegnate in attività differenti dall’agricoltura, ha cominciato a riflettere sull’opportunità di rallentare il proprio impegno.

La stalla ha comunque continuato ad avere la presenza di bovine, ma per la produzione di carni. Con cinque vacche fattrici, si arrivava ad avere una ventina di vitellini, che venivano tenuti sono ai venti mesi.

Però una bovina per il latte, solo per il consumo famigliare, Cesare Pinciroli continuava a tenerla. Questa scelta ha simboleggiato il suo permanente legame verso il settore lattiero caseario. Il signor Cesare è uomo che s’intende di formaggi come pochi altri: ne sa soppesare il gusto, la qualità, lo spessore. Quando era impegnato con la Santangiolina conosceva i migliori caseifici di quasi tutta Italia: sapeva individuare chi lavorava il latte con metodi artigianali, utili a salvare le tradizioni. Sa che il Lodigiano è la terra del grana e sulla sua produzione può riconoscersi l’autentica identità di questo territorio: il grana padano, per poterlo definire d’eccellenza, dev’essere stagionato e dolce.

Una volta conclusa l’attività zootecnica, l’azienda agricola di Pinciroli ha privilegiato l’indirizzo cerealicolo e foraggero: tutto quello che viene prodotto sui campi di pertinenza della cascina Nicolina è venduto direttamente ai colleghi agricoltori

I prati adesso sono tutti un verdeggiare luccicante di trifogli e loietto. E poiché il clima potrebbe a giorni approdare a nuovi colori, mi piace custodire nel cuore questa toccante immagine della campagna lodigiana, con un caldo riverbero di luci, ispirate dal tramonto del sole, che delicatamente s’infrangono nella prima oscurità della sera.

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