Le radici condizionano la vita. I luoghi dove uno è nato si portano sempre dietro. A volte le radici si amano così tanto da non volersi mai spostare. Altre volte graffiano come artigli. E allora uno fugge il più lontano possibile. Ma poi il richiamo della propria terra si fa sentire. Sempre. Possono passare anni, ma le radici alla fine chiamano. È un destino. Con le radici faccio i conti ogni giorno: una volta mi ero illuso che vi potessi fare un innesto, mescolarle con quelle del Lodigiano. Ma ho capito che è un tentativo che non regge l’usura del tempo. So che le radici un giorno mi chiameranno. Gli si può voltare le spalle, ma loro insisteranno. È diverso il modo in cui le radici si manifestano: come un rimpianto, una nostalgia, o un dolore da cui ci si era illusi di liberarsi, e invece è lì, che torna uguale ad una fitta. Ma il loro richiamo non ha preannunci. Si svelano improvvise, mentre uno meno se l’aspetta.
UN FILO CONDUTTORE. I Montana le loro radici le hanno avute a Cerro al Lambro. Sono ospite di questa famiglia alla cascina Gazzera, corte ai confini del paese. Quella loro non è stata una storia di nostalgie, e neppure di graffi. Solo un filo conduttore, invisibile e resistentissimo, ha tenuto saldo il legame con le proprie origini. I Montana, infatti, già nella metà dell’Ottocento conducevano un’azienda agricola a Riozzo di Cerro al Lambro. Fu Cesare, che era del 1913, a decidere di spostarsi, assumendo il ruolo del fittabile che, nell’ampliare la propria mole d’affari, conduceva ora un’azienda, poi un’altra: inizialmente si spostò a Villanterio, poi tornò per qualche periodo a Riozzo di Cerro al Lambro, quindi andò alla cascina Robiolo di Buccinasco, infine nel 1949 divenne l’affittuario dei Visconti di Vimodrone alla cascina Lavagna di Corsico.Cesare Montana era sposato con Orsola Varicelli, nativa del 1919, figlia dello storico panettiere di Riozzo di Cerro al Lambro. La signora Orsola era una donna forte e al tempo stesso debolissima: seguiva gli affari del marito e lo consigliava, e teneva molto all’educazione dei loro tre figli: Franco, Silvio e Mario, testimone di questa storia. Purtroppo era però anche molto ammalata: soffriva di mal di cuore e questo condizionò tutta la sua vita.
UN ESEMPIO FORTE. I figli di Cesare e Orsola crebbero, dunque, con l’esempio dei genitori, e con una regola ferrea: lo studio doveva venire prima di qualunque altra cosa. Ma i ragazzi dei libri non volevano sentirne affatto. I genitori provarono in tutti i modi di persuaderli a studiare, mandandoli persino in collegio. Ma i risultati non furono molto incoraggianti: solo uno si diplomò, gli altri smisero chi al primo anno di superiori, chi passato appena un biennio. Cesare Montana si consolava pensando che, braccia robuste, sarebbero ben servite nell’azienda agricola: le cose, infatti, alla cascina Lavagna di Corsico, andavano più che bene. La stalla di vacche da latte aveva oltre cento capi, numero rilevante in quegli anni. Il signor Cesare era un imprenditore moderno: aveva sei mungitori alle dipendenze e un grande senso della prospettiva. Era anche una persona piacevole: alla mano, con la battuta pronta. Ma un giorno la vita prese a girargli al contrario. I proprietari gli comunicarono che alla cascina Lavagna era loro intenzione fare una speculazione immobiliare e che non gli sarebbe stata rinnovata l’affittanza. Il signor Cesare ci rimase male, ma i Visconti di Vimodrone gli offrirono una soluzione: stavano per acquistare la cascina Gazzera di Cerro al Lambro, che sino ad allora era stata proprietà della famiglia Maglio di Melegnano, che per oltre mezzo secolo s’era direttamente occupata d’agricoltura, e lui si sarebbe potuto spostare lì, dove d’altra parte aveva le proprie origini. Il signor Cesare pensò che quella potesse essere una buona soluzione, anche perché sua moglie Orsola avrebbe così potuto avere il conforto del sostegno dei genitori. Accettò la proposta. Correva l’anno 1961. Ma proprio mentre si ultimavano i preparativi per il trasloco un attacco di cuore pose fine alla vita di Orsola. Fu una vera tragedia. Il signor Cesare smorzò tutti i suoi entusiasmi, ripiegò su se stesso, sembrava quasi che non gli importasse più nulla dell’attività agricola e di tutto ciò che prima lo appassionava. E in ogni caso sentiva la cascina Gazzera estranea: era come se fosse partito con il piede sbagliato, e tutto gli dovesse andare storto. La corte era in assoluta decadenza e così rimase per qualche tempo.
IL CONFORTO DEI FIGLI. Toccò ai figli rincuorarlo. Franco gli si affiancò immediatamente, rivelandosi un lavoratore infaticabile, dotato veramente di grande volontà. Alla cascina Gazzera, d’altra parte, si era indietro anni luce rispetto alle strutture moderne che i Montana avevano lasciato a Corsico. La stalla era alla posta e soltanto per una quarantina di bovine.Nel 1968, però, vi fu una circostanza che segnò una svolta: i Visconti di Vimodrone decisero di vendere la cascina Gazzera. I Montana pensarono che il destino remasse ancora contro, e che gioco forza toccasse loro fare un nuovo San Martino. Ma l’amministratore della nobile famiglia milanese aveva preso in simpatia Cesare, che da uomo solare a seguito del lutto era passato ad avere un broncio inconsolabile, e cercò di persuaderlo affinchè si decidesse ad acquistare la corte: non voleva farlo per sè, lo facesse almeno per i suoi figlioli. Il signor Cesare era però terrorizzato di non riuscire a fronteggiare l’impegno di spesa, malgrado la possibilità di beneficiare di un mutuo quarantennale a tassi irrisori. E, poiché tergiversava, fu l’amministratore a proporgli il ragionamento giusto: quel mutuo si pagava con il prezzo di vendita delle galline. Al signor Cesare piacque questa metafora spiritosa, lui che era stato un grande umorista, e si decise all’acquisto. Occorse aspettare ancora qualche anno per apportare delle migliorie: nella zona dell’aia fu costruita una nuova stalla, realizzata in economia con l’impegno diretto dei Montana, e così il numero di vacche fu portato a settantacinque. Gradualmente il corso della vita riprese.
CONGEDI E NUOVI INCONTRI. Nel 1975 vi fu tra i fratelli Montana un primo distacco: Silvio preferì un percorso autonomo, dedicandosi esclusivamente all’allevamento dei maiali. Alla Gazzera rimasero, pertanto, Franco e MarioNel frattempo, Mario Montana aveva conosciuto la donna della sua vita: Mariangela Cattaneo di San Zenone al Lambro, anch’ella figlia di agricoltori, proprietari della cascina La Piccola che oggi non esiste più; i due si erano conosciuti all’oratorio di lei, dove Mario s’era recato quale attore di una compagnia teatrale che recitava i testi dei “Legnanesi”: nella circostanza, Mario rivestiva il ruolo del marito di Teresa, un personaggio di rilievo nella storia di cortile che il gruppo interpretava; lui aveva scelto questa parte perché era marginale, con poche battute, e ciò gli aveva evitato di passare ore a studiare il copione. Però, sul palcoscenico, faceva scena. Aveva un atteggiamento altezzoso, che sembrava mantenere anche fuori dal contesto teatrale: la signora Mariangela prese a detestarlo, e poiché ben si sa quanto questa sia la strada migliore per arrivare all’amore, i due in breve finirono per fidanzarsi e poi sposarsi. Dal matrimonio sono nate Federica, che ha sposato Marco Barbaglio, agricoltore di Secugnago, e Francesca, convolata a nozze con Pierluigi Madonini, anch’egli agricoltore a Zelo Buon Persico.Nel 2004 Franco e Mario decisero di separare gli affari: il primo si dedicò alla stalla, mentre Mario proseguì con la sola monocoltura. La separazione ebbe solo natura amministrativa, perché il cuore delle due aziende è ancora come fosse unico: i fratelli sono dirimpettai, ed i figli di Franco, anche loro agricoltori, hanno nello zio Mario un punto di riferimento costante, il confronto tra loro è sempre continuo.
IN PACE CON TUTTI. Mario Montana oggi ha 63 anni: l’età della saggezza. Ha occhi che esprimono serenità e un bellissimo senso dell’accoglienza: insieme, si farebbe giornata a raccontare i tanti episodi dell’esistenza, quelli che svelano i noccioli essenziali dell’umanità. Mario ogni tanto ripensa ai desideri dei suoi genitori: quelle discussioni sull’importanza dello studio certe volte tornano, come le radici. Ma lui, anche senza titoli di diplomi e dottorati, ha realizzato, con sacrifici ed impegno, tutte le cose che desiderava. Gli basta camminare sulle zolle di terra per sentire la bellezza della natura e goderne a cuore sereno, riappacificato con tutti, e sopratutto con le radici della vita.
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