La sfida vincente del tenente Ponginibbi

Figlio dell’oste di Somaglia, si trasformò in agricoltore illuminato

Agricoltori si nasce, il più delle volte. Ma in alcune circostanze lo si diventa anche per destino. Sono sceso nella Bassa, a Somaglia, addentrandomi in un pomeriggio denso ancora di luci e di tepori: durante il viaggio, mi sentivo contento perché le strade erano intasate da trattori, si procedeva a rilento, non avevo l’ansia di rincorrere il tempo e, attraverso il finestrino dell’auto, mi godevo una meravigliosa campagna dentro la quale rifulgeva una rigogliosa natura.

brogliacci di memorie

Ho avuto il privilegio di essere ospite di Piercarlo Ponginibbi e di ripassare tra le mani due brogliacci di memorie; le ha scritte durante la seconda guerra mondiale, su carta spessa e marrone, forse utilizzata per imballaggi di contenitori militari, il padre di Piercarlo: il tenente Luigi Ponginibbi, che era della classe 1917; la calligrafia sulle pagine è altrettanto robusta, con i segni delle matite ben incisi, a guisa di veri graffiti, ogni sillaba netta, inconfondibile.

Nei diari, l’alternarsi dei giorni è raccontato per minuzie, dalla sveglia mattutina al rancio, dalle attività di addestramento ai rapporti tra soldati. Spesso il tenente Ponginibbi faceva riferimento alla frequenza della santa Messa, in qualche pagina si doleva per non avere potuto fare la comunione, non sentendosi in quelle circostanze in piena grazia di Dio. Luigi era un fervente cattolico e un generoso: non negava ad alcuna confraternita un’offerta, e spesso la sua cassetta postale era intasata di giornalini ed opuscoli, con allegati bollettini postali, dei più diversi ordini e gruppi religiosi. Sfoglio queste pagine di diario e sentirei l’urgenza di farne un tesoro condiviso per profonda umanità ed interpretazione della storia. E magari non mancherà l’occasione, in un futuro.

prigioniero di guerra

Luigi Ponginibbi, originario di Somaglia, nacque un mese dopo la rivoluzione comunista dell’ottobre 1917 e morì ventidue anni dopo la caduta del muro di Berlino: essendo di idee opposte, sorrideva sornione rispetto agli eventi del suo tempo.

Era un uomo d’azione ed ingegnoso, con un forte senso imprenditoriale; quando era militare, ad esempio, aveva frequentato il corso ufficiali a Torino e trovato una buona sistemazione negli uffici del comando: ma si annoiava mortalmente ed aveva chiesto, in più circostanze, di essere inviato al fronte. Alla fine lo avevano accontentato: era stato così spedito in Sicilia, a presiedere un tratto di costa dell’isola da Palermo a Bagheria. Aveva il proprio quartiere generale a San Nicola l’Arena, in un castelluccio su un promontorio che s’affaccia sul mare, a sette km da Termini Imerese, ed ancora adesso sui ruderi di quella struttura sono visibili i bombardamenti subiti durante il conflitto.

Finì che gli americani lo fecero prigioniero, dandogli però la possibilità di collaborare e cambiare bandiera. Non gliel’avessero mai chiesto! Si mostrò inflessibile e per nulla disposto a fare il voltagabbana: fu allora inizialmente mandato in un campo di prigionia a Tunisi, dove patì la cosa che più lo mortificava: la fame. Dopo qualche tempo fu trasferito in Francia, a Marsiglia, dove quasi a compensare il primo periodo di digiuno, gli fu dato l’incarico di responsabile dei viveri per i reclusi.

Luigi Ponginibbi assolse il proprio compito con grande scrupolo e sempre nel ruolo del prigioniero, leale alla propria bandiera e fedele ai suoi principi. Fu poi trasferito ancora, questa volta in Germania. Senza venire meno alle proprie convinzioni, ma rendendosi conto che l’esercito italiano in quel momento non c’era più, decise di collaborare con gli americani e conseguentemente fu rilasciato e fece ritorno in patria.

la passione agricola

A Somaglia, Luigi Ponginibbi si chiese che strada dovesse intraprendere per il suo futuro professionale; egli era figlio di un oste, che aveva il proprio locale nei piani inferiori del castello del paese; Luigi aveva conseguito il diploma magistrale e ciò gli dava la possibilità, superando un concorso basato su materie interdisciplinari, di partecipare al concorso per segretario comunale. Fu così che assunse questo prestigioso incarico: ricoprì tale ruolo a Trezzano sul Naviglio, poi in provincia di Piacenza, quindi a lungo nel paese di Fombio, ed infine nel consorzio dei comuni tra Ospedaletto Lodigiano e Orio Litta, dove rimase sin oltre la metà degli anni Settanta.

Fu un funzionario scrupoloso come nel suo carattere, con una passione neppure tanto segreta: gli sarebbe piaciuto possedere una cascina. Ne parlava sempre di questo suo desiderio, anche in famiglia: la moglie, Giovanna Veluti, originaria di Guardamiglio, sapeva in cuor suo che il marito sarebbe riuscito in questo suo desiderio. Lei, oggi novantenne, era comunque distante dal mondo agricolo: faceva la maestra di scuola elementare, ed infinite generazioni di bambini sono passati sotto al suo piglio severo, di vero stampo antico; però gli scolari con lei crescevano bene, senza fronzoli, e con il senso del dovere: tanto che ancora oggi la comunità di Somaglia ricorda sempre con affetto e stima la propria storica maestra.

A mettere Luigi Ponginibbi nelle condizioni di possedere la propria cascinetta, fu giusto il figlio Piercarlo, architetto, e anch’egli agricoltore per destino. Quest’ultimo aveva saputo che a Somaglia era in vendita la cascina San Giovanni in Vida, che nell’Ottocento, epoca in cui risultava della famiglia Pomati, era stata una corte popolata da cinquanta persone.

Poiché Luigi Ponginibbi aveva un evidente spirito d’iniziativa, e pensava che nel combinare affari bisognava sempre puntare in alto, si mise in società con un suo caro conoscente, Giovanni De Carli, ed insieme a lui acquistò, oltre la cascina San Giovanni in Vida, una seconda corte: la San Daniele. Era il 1992, ed a quel tempo la cascina San Giovanni in Vida era condotta dalla famiglia Foletti.

un sogno realizzato

Luigi Ponginibbi investì immediatamente come se, invece di avere fatto tutt’altro mestiere, fosse sempre stato un vero agricoltore di razza; le uniche sue competenze agricole erano relative ad una dozzina di arnie che nel passato, quando abitava in un basso del castello del paese, teneva nel giardino limitrofo. Ma, come detto, aveva fiuto, ed un fortissimo senso dell’imprenditorialità: i campi furono immediatamente destinati alla coltivazione, e affidati per la lavorazione ad un contoterzista, il lodigiano Luigi Pelizzoni. Ponginibbi senior aveva un’infinità di progetti, forse davvero troppi per decidere da quale partire: era convinto che le porcilaie sarebbero state un affare eccellente, e s’era messo a studiare su come e dove impiantare le strutture. Nel frattempo il figlio Piercarlo s’era iscritto quale coltivatore diretto, limitando il proprio impegno professionale d’architetto soltanto a casi limitati, quando cioè un amico gli chiedeva una consulenza e quindi finendo con lo svolgere quest’attività gratuitamente. Per lui, a 31 anni, cominciava una nuova vita, con qualche incognita, ma con la consapevolezza che, dietro ogni grande desiderio, non può che esservi sempre una risposta adeguata. Ma su una cosa non era disposto a rinunciare: la possibilità di fare una sgambata con il pallone, allorchè si organizzava qualche partitella tra amici. Piercarlo Ponginibbi, infatti, è stato un bravo calciatore tra metà gli anni Ottanta e Novanta: uno che, a giocarci insieme, significava avere la possibilità di potere rifilare almeno un paio di gol agli avversari. Era un attaccante di movimento, una punta con il fiuto del goal, ai tempo d’oro spesso convocato nella rappresentativa della regione Lombardia. Ecco, andava bene allentare il lavoro di libero professionista, andava bene trascorre intere giornate sulle zolle di terra, ma ai classici quattro calci al pallone non avrebbe mai e poi mai rinunciato.

la corte ristrutturata

La società “Ponginibbi-De Carli” durò dieci anni esatti, poi i due protagonisti decisero di dividere le loro strade: Giovanni De Carli con il figlio Marcello rilevò la cascina San Daniele, mentre Luigi Ponginibbi con il figlio Piercarlo mantenne la cascina San Giovanni in Vida, circa 1000 pertiche milanesi.

Nei dieci anni successivi Piercalo Ponginibbi, confrontandosi con i colleghi agricoltori, studiando e documentandosi, ha percorso anche strade alternative: sono state avviate coltivazioni di pomodori, soia, girasoli, per poi tornare al mais che rappresenta, in definitiva, la coltura principale del basso Lodigiano.

Piercarlo, avvalendosi delle proprie competenze di architetto, ha anche ristrutturato la cascina: la corte ha una struttura semplice, ed oggi emergono i moderni laterizi con le parti più antiche della possessione. La casa padronale ha mantenuto inalterato tutto il proprio fascino. Come il padre, anche lui ha amato istantaneamente l’attività agricola, perché gli ha dato il senso pieno del ciclo della vita: vedere la nascita di una pianta, il suo sviluppo, la fase ultima del raccolto, sono emozioni che gli riempiono il cuore.

Certo, negli ultimi tempi è stato tutto leggermente più complicato: la coltivazione non sempre riesce a garantire un guadagno; l’ascesa dei costi invece sembra essere inarrestabile. Ma Piercarlo ha avuto un buon esempio: il senso della Provvidenza del padre, il suo spirito volitivo ed imprenditoriale, gli hanno lasciato lezioni morali importanti. Così Piercarlo sa vedere il bicchiere sempre mezzo pieno: l’agricoltura garantirà guadagni minori, ma dà comunque la possibilità di avere un’occupazione stabile. Una risorsa perciò importante rispetto ai desolati panorami del mercato globale, con tassi di disoccupazione che sono sempre più inquietanti. Tanto che l’agricoltura oggi rappresenta un vero e proprio sbocco occupazionale, a tal punto che numerosi agricoltori, in questo periodo di crisi economica, hanno trovato sbocco in settori di nicchia, come quello del vino o dei frutteti. Anche Ponginibbi ha il suo settore di nicchia: ha messo qualche arnia in un campo e produce miele, ma è solo per uso famigliare, una passione ereditata probabilmente dal padre.

Nel congedarmi da lui, ho la piena consapevolezza che non solo agricoltori, ma anche amici si diventa talvolta per destino: così aggiungo d’ufficio Piercarlo Ponginibbi, agricoltore predestinato, architetto per studi e competenze, nel novero dei miei affetti.

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