La nuova via della cascina Zodegatto

Tra gli antichi caseggiati un’azienda agricola all’avanguardia

Sono tornato alla cascina Zodegatto, nel cuore di Cervignano d’Adda, in un paio d’occasioni nel giro di pochi giorni: una prima volta per ascoltare le vicende dei protagonisti che lì vivono e lavorano; pioveva dispettosamente in quella circostanza: un’acquerugiola impertinente, il cui unico scopo sembrava quello di depositarsi sul terreno per imbrattare di fanghiglia gli abiti ed immalinconire l’animo: a distanza di chilometri l’aria s’espandeva per filiformi eppure imprevedibili, taglienti righe di pioggia; la volta successiva, la giornata era colorata e limpida, pur attraversata da inusuali e gelide folate di vento, che sembrava di riuscire a trattenere con la mano, ed invece sgusciavano via, imprendibili, inarrestabili, trascinando con sé terra e polvere, e giallognoli, impazziti residui di paglia: si stava allora con i baveri dei cappotti alzati sino al mento e lo stordimento nel cuore. Mi piace il vento, anche quando mette addosso ansia e mozza il respiro. La campagna, spazzata da quel turbine, all’orizzonte risplendeva in ogni suo angolo e l’azienda agricola rivelava i suoi tratti di autentica modernità. Questa duplicità ha caratterizzato anche la complessiva visita alla cascina Zodegatto, quasi avessi avuto modo di conoscerla e visitarla attraverso uno specchio fatato, girevole, come fosse a doppia anta: da un lato mi è stato possibile apprezzare alcuni antichi caseggiati rurali, dall’altro il cuore della nuova azienda agricola, che prende volume e corpo nell’attigua campagna, con un’ampissima, moderna, funzionale stalla all’aperto, con un avveniristico impianto di biogas, con vasconi in lunga estensione per i trinciati, e spazi attrezzati per i nuovi vitelli, che costituiscono il futuro genealogico della razza bovina.

Una grande famiglia Questa cascina - ne convengo insieme all’inseparabile amico Giacomo Rossi, promotore dell’incontro con i Grugni, titolari dell’azienda agricola - rappresenta una novità all’avanguardia nel nostro territorio e prefigura, indiscutibilmente, quelli che saranno gli scenari prossimi: realtà sempre più grandi, nel numero dei capi di bestiame, e con indirizzi maggiormente diversificati da rivolgere al mercato e, principalmente, alle industrie.I Grugni sono i protagonisti di questa significativa storia imprenditoriale. Bravi tutti: papà Silvano a ereditare dal proprio genitore un’azienda legata al proprio tempo e a capire che nuove sfide andavano progettate; mamma Antonietta pronta a cogliere, nei momenti del rilancio aziendale, ogni punto debole e a sapere incoraggiare i figli in ogni circostanza, rincuorandoli e spronandoli a fare sempre meglio; dall’unione tra Silvano e Antonietta Grugni (che si conobbero ad un…matrimonio di amici comuni, quasi un segno del destino), sono nati tre figli: Fabio, nel 1970; Gabriella, arrivata due anni dopo; e l’ultimogenito Gianenrico, classe ’76. I due maschi sono, appunto, agricoltori di razza. Dal padre Silvano hanno appreso le lezioni della serietà, del lavoro e dell’onestà. Fabio è un uomo silenzioso, che ama la campagna pur impegnandosi anche in stalla, e la concretezza appare la sua migliore qualità; la sua abnegazione sul lavoro è encomiabile, riesce a fare fronte alle situazioni più diverse, grazie al buon fiuto nel valutare i problemi e al suo proverbiale senso pratico: se tante cose vanno a buon fine, gran parte del merito è da ascrivere proprio a Fabio, alla sua pazienza, alla capacità di sovraintendere più fronti. Gianenrico, invece, nelle vesti del “piccolo” di famiglia, è il vulcano dell’azienda agricola: un ragazzo dalle mille idee, che accetta di esporsi nel fare il precursore e che ha sempre vissuto una vita in prima linea, sin dai tempi della scuola, allorché svolgeva il ruolo di consigliere d’istituto nel rappresentare gli studenti. Le altre cose sono venute quasi come una conseguenza naturale: all’età di 16 anni, Gianenrico era già coinvolto nel movimento giovanile della Coldiretti; due anni dopo ne era segretario zonale; e nel giro di due bienni successivi presidente. Da sette anni è consigliere nel Consorzio Muzza, e inoltre riveste la stessa qualifica nel consiglio di amministrazione della Cooperativa Latte Milano.

Oltre la tradizione Gianenrico Grugni non fa parte di quegli agricoltori che hanno voltato le spalle alla tradizione: la stalla vanta oggi 300 bovine in mungitura, e l’ambizione è di portare tale numero a cinquecento unità. Ma ha scelto di affiancare, accanto alle lavorazioni consolidate nel tempo, altre attività per consolidare la capacità di reddito dell’impresa.Nell’impianto di biogas, la massa fermentata determina metano, che collegato ad un generatore produce energia elettrica, ceduta all’Enel. Per la suddetta massa non si usano soltanto le deiezioni animali e una parte di mais, ma pure altri tipi di insilati reperiti sul mercato; per questo i Grugni hanno raggiunto un accordo con la ditta Sipcam di Salerano, che è socia dell’impianto stesso. Anche queste collaborazioni esprimono un diverso modo di fare impresa per un’azienda, soprattutto agricola. Spesso bussano alle porte della cascina Zodegatto, e sono troupe televisive, fotoreporter, giornalisti, operatori dell’informazione che vogliono approfondire i risvolti tecnologici adottati dall’azienda agricola dei Grugni. La sensazione è che questa cascina fungerà da vero e proprio laboratorio, e che per capire dove sta andando l’agricoltura italiana occorrerà studiare le scelte e le modifiche che qui verranno operate.

Dalla tabaccheria ai campi E pensare che si è partiti da un piccolo terreno. E, prima ancora, da una minuscola tabaccheria. I capostipiti Grugni avevano infatti una bottega a Mignete. Erano in cinque, di cui una sola femmina. Ad intraprendere il percorso agricolo era stato Giovanni Grugni, nato nel 1907. Il primo campo l’aveva preso lui in affitto, grazie ai buoni uffizi dell’ingegnere De Petri dell’Opera Pia di Milano, che qui deteneva ampi latifondi. Correva l’anno 1942. Giovanni Grugni inizialmente collaborò con il fratello Peppino, poi quest’ultimo si trasferì a Peschiera Borromeo.Nel frattempo Giovanni aveva preso a condurre pure una piccola cascina, avviando così una stalla di bovine, proprio all’inizio di Cervignano: era affittuario del conte Marmont, un distintissimo signore, nobile di Milano, di origini francesi.Negli anni Giovanni Grugni ingrandì il proprio raggio d’azione: quando poteva, acquisiva nuova terra, sempre assecondando il tiro alle proprie reali possibilità. Era un uomo sensibile e buono, che per sé si faceva bastare il necessario e che, senza mai dirlo o vantarsene, aveva aiutato tantissima gente del paese.Giovanni Grugni era sposato con Angela Belloni, nativa di Cassino d’Alberi e figlia di agricoltori; una donna molto tenace, determinata, anche negli affari, e di indole sempre positiva.Nel 1961 i Grugni decisero di spostarsi nell’attuale cascina, la Zodegatto: questa corte era stata condotta direttamente dai proprietari, i fratelli Ferrari; passata ad un’erede, la signora Maria Teresa Ferrari, fu data in affitto ad Egidio Mariconti; quest’ultimo la condusse a lungo, ma poi, rimasto vedovo, non s’era più sentito di proseguire l’attività, preferendo ritirarsi in paese. La signora Maria Teresa, che avendo sposato un medico di Legnano, un luminare cattedratico originario di Fano, s’era ormai trasferita lontano dal Lodigiano, pensò dunque di vendere la cascina, ed i Grugni, nel 1977, da affittuari divennero proprietari.

Le nuove generazioni Nel frattempo le redini dell’azienda agricola cominciavano ad essere prese dalle nuove generazioni. Giovanni e Angela Grugni avevano avuto cinque figli: Giampiero, Franco, Luigi, Silvano e Maria Teresa. Il primogenito era portato per gli studi, si diplomò ragioniere e lavorò in una ditta del settore privato. Gli altri tre fratelli proseguirono insieme per una ventina d’anni, poi nel 1982 Luigi intraprese autonomamente un proprio percorso.Alla cascina Zodegatto rimasero insieme Silvano, testimone di questa pagina, e Franco. Quest’ultimo, oggi scomparso, fu per tutti i famigliari un punto di riferimento essenziale: era un uomo umile, ma molto competente, e aveva una fiducia totale nel fratello e nei suoi nipoti, Fabio e Gianenrico; anche quando veniva fatta una scelta che lui considerava antitetica rispetto ai suoi tempi e al suo modo di agire, incoraggiava i ragazzi, riconoscendo che loro probabilmente vedevano più lontano di lui.Agli inizi degli anni Ottanta, il latte veniva conferito a Daniele Bianchi, della cascina Bernardina di Melegnano. Successivamente i Grugni scelsero la Centrale del Latte di Peschiera Borromeo.La storia della cascina Zodegatto non è stata importante soltanto per le famiglie che vi hanno vissuto, dagli affittuari ai proprietari. Ma è stata un riferimento anche per coloro che, da salariati agricoli prima, e da dipendenti poi, vi hanno lavorato. Fra questi, una vicenda molto toccante è stata quella del signor Git Amar, un indiano che qui, dopo avere tanto sofferto, ha avuto modo di svoltare il corso della propria esistenza.

La svolta di Git Amar Il signor Git Amar era arrivato in Italia, a seguito di un circo equestre, con l’incarico di curare il bestiame. Durante una tappa a Brescia, egli si ammalò gravemente e fu necessario il ricovero in ospedale. Si sa che, nel mondo dell’intrattenimento, lo spettacolo deve sempre continuare, così il circo ripartì, lasciando il proprio collaboratore solo, disperato ed ammalato. A quel tempo, il signor Git Amar non sapeva che poche parole d’italiano e il nostro paese gli apparve non solo straniero ed estraneo, ma pure ostile. Invece ci fu chi si prese cura di lui, in particolare un’infermiera, Sabina, che lo aiutò a guarire, e gli trovò persino posto in un’azienda agricola. La riconoscenza non è da tutti, ma è di questo mondo, tanto che Git Amar ha voluto chiamare una delle proprie figlie col nome Sabina. Alla fine, egli è arrivato alle dipendenze dei Grugni. È una persona socievole, espansiva, ed ha gli occhi e il sorriso da vecchio saggio indiano. Per questo i suoi connazionali lo hanno scelto come punto di riferimento della propria comunità: perché Git Amar sa avere, presso gli amici e i conoscenti, un carisma davvero speciale. E forse non è un caso che la vita lo abbia condotto qui alla cascina Zodegatto. Chiunque vi è arrivato, aveva cominciato col poco. E dopo, sgobbando giorno dopo giorno, ha saputo costruire il destino e la propria fortuna.

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