In cascina “soffia” il respiro dei monti

Alla Molino Muzza di Castiglione con la nostalgia delle valli

A Castiglione d’Adda, percepisco, e me ne lascio affascinare, le frescure della montagna. Il caldo persiste, ma con la signora Anna Maria Manzoni si discorre a lungo di vette innevate, sentieri impervi, boschi a precipizio: sono i suoi luoghi di origine, come quelli del marito, che si chiamava Emilio Giupponi, ed era un agricoltore che, decenni addietro, dai monti era sceso a valle.I Giupponi sono originari di San Giovanni Bianco, che si trova nel cuore del parco delle Orobie, sul Bergamasco. Il centro del paese è medioevale, e le sue contrade si inerpicano sino a 1800 metri di altezza, lambendo il gruppo montuoso del Cancervo.

Agricoltori di montagnaIl capostipite, quello di cui si tramandano le prime memorie di questa famiglia, si chiamava Nicola, ed era del 1908. Era un agricoltore, ma ai suoi tempi lavorare la terra in montagna rendeva poco, e lui riusciva a mantenere solo poche bovine, non più di tre. Così Nicola varcava spesso il confine e andava in Francia, a fare il boscaiolo. Erano molti gli uomini che dalle valli orobiche andavano sui boschi francesi: c’erano anche calabresi, siciliani, persino qualche straniero. Si lavorava a trimestri, poi o si tornava a casa o si prorogava il contratto per un altro trimestre. Nicola Giupponi tornava a casa, dove aveva la moglie e dieci figli che lo aspettavano. Quando i risparmi si assottigliavano ripartiva per la Francia. I suoi tre figli maschi decisero di darsi all’agricoltura. Uno, Ambrogio, decise di restare a San Giovanni Bianco. Fare l’agricoltore in montagna non è semplice: ci vuole una tenacia impareggiabile. Ambrogio lavora tutt’oggi, coadiuvato dal figlio trentenne: è il classico montanaro, legatissimo alle proprie vette, con una forte ritrosia a lasciare, anche solo per qualche giorno, il proprio ambiente.I suoi fratelli, invece, giovanissimi, scesero a valle: Ottorino quando partì aveva diciotto anni, Emilio invece non era che quattordicenne. Andarono, entrambi, a lavorare a Liscate, nel Milanese. Fecero i mungitori in diverse cascine della zona. Ma non allentarono mai i legami con la montagna. Anzi, vi tornavano quasi settimanalmente: e non era semplice, allora, assentarsi. Ma la loro dedizione al lavoro, l’impegno con cui si adoperavano, la capacità di ricoprire anche più turni di lavoro consecutivi di mungitura, faceva sì che gli affittuari o i padroni delle cascine li apprezzassero e, almeno la domenica, dessero loro il permesso di assentarsi.

L’incontroEmilio era legatissimo al padre ed alle sue sorelle. Fu durante uno di questi viaggi di ritorno che ebbe modo di conoscere Anna Maria: lui aveva 22 anni, e lei solo 17. Fu amore a prima vista, e il matrimonio avvenne poco dopo. La signora rimase conquistata dai modi del marito: nei suoi occhi brillava la luce della sincerità, e la grinta di chi voleva ottenere un risultato dal proprio lavoro; era giovane, eppure concentratissimo sulle cose da fare.Anna Maria non era figlia di agricoltori: il padre lavorava all’Enel, mentre la madre, appena trentasettenne, era morta quando lei aveva appena 11 anni. Ma, una volta giunta a Liscate, non si spaventò davanti all’impegno della vita agricola: immalinconiva soltanto certe sere, quando pensava che il crinale dei monti indorava la propria terra col sole al tramonto, mentre la luce della pianura al crepuscolo rimaneva piatta ed uniforme.Emilio si accorgeva di questa malinconia, e allora mantenne l’impegno di salire, almeno ogni due settimane, in montagna. Qui si concedeva un piccolo svago: andare a cavallo attraverso i boschi. Talvolta con i fratelli partiva per un paio di giorni, il contatto con la natura lo esaltava, e i cavalli per lui erano davvero una fortissima passione.

Una nuova stradaA Liscate Emilio ed Anna Maria rimasero quattro anni. Poi vi fu una svolta importante: Emilio aveva avuto regalati, dal proprietario della cascina dove lavorava, un paio di scrofe; aveva chiesto allora un piccolo recinto dove potere allevare gli animali: era solo un passatempo, ma in breve tempo da due era passato a quattro scrofe, poi erano nati i maialini, ed alla fine il recinto era diventato una vera e propria porcilaia. Emilio non veniva meno ai suoi impegni di mungitore, ma anche la porcilaia costituiva un’attività intensa e tosta. Alla fine il padrone della cascina lo incoraggiò a intraprendere autonomamente il proprio percorso: aveva le capacità e la testa per riuscire nell’impresa.Frequentando il mercato di Lodi, Emilio Giupponi aveva appreso da un commerciante che veniva liberata una località agricola, dove per anni aveva operato un antico molino. E fu così che giunse al molino Muzza, nella campagna più estrema di Castiglione d’Adda: quando vide quel posto forse pensò per un istante che gli sarebbe stato più semplice continuare a fare il mungitore. Quello era davvero un posto sperduto ed abbandonato.Che arretrasse, per chi lo conosceva, era impensabile. Emilio era un uomo tenace ed esuberante, nulla sembrava intimorirlo. Era un uomo che aveva mantenuto il senso delle origini: come era stato legato, da giovane, ai genitori ed alle sue sorelle e fratelli, così aveva un legame solidissimo e speciale con la moglie e i suoi figli. Sapendo di avere un cuore malfermo, aveva fretta di realizzare un orizzonte sereno per i propri ragazzi. Ma quel luogo così abbandonato parve, per un istante, rattristarlo. Fu la moglie Anna Maria ad incoraggiarlo: in fondo chi vi era stato in precedenza lo aveva considerato solo come luogo di lavoro, senza in realtà abitarvi, e bastava riassettarlo un po’ per dare una dimensione migliore.

Un valoroso mugnaioEmilio rimase inizialmente perplesso, ma lasciò decidere alla sua signora. D’altra parte quel luogo, prima che cadesse nell’abbandono, era stato per il paese di Castiglione d’Adda motivo di vanto, poiché il generale Eisenhower lo aveva citato in una lettera d’encomio rivolta, appunto, al valoroso mugnaio del Molino Muzza. Questi era Costante Montanari, che proveniva da una famiglia di mugnai originari di Castiraga Vidardo, e che al molino di Castiglione d’Adda era affittuario del dottor Bocconi.Costante Montanari, quando il paese era stato occupato dai tedeschi prima e dai repubblichini dopo, aveva accolto e nascosto alcuni partigiani: anche gli sfollati da Milano avevano trovato rifugio al Molino Muzza; e lui era un uomo di buon cuore: malgrado i divieti e i controlli imposti dalle autorità macinava il frumento a chiunque glielo portasse, e a chi non ne aveva ne dava del proprio. Non parlava quasi mai, ma i suoi gesti erano eloquenti, e probabilmente influenzarono positivamente il primogenito dei suoi figli, Tino, che andò a fare il missionario in Brasile, dove visse buona parte della sua vita. Costante Montanari viveva per il suo molino: la moglie raccontava che la sera non tornava neppure in casa per dormire; si affacciava soltanto per mangiare un boccone, poi prendeva il cuscino, e tornava al molino. Dormiva su una sedia, con il cuscino appoggiato al muro.

La rinascitaQuando, nel 1977, e quindi molti e molti anni dopo, i coniugi Giupponi arrivarono qui, il molino era in disuso da tantissimo tempo. Gradualmente Emilio Giupponi prese altra terra, poi costruì una bella dimora poco distante, e quindi, tra il 1981 ed il 1985, realizzò le nuove porcilaie. Nel gennaio 1993 acquistò un’altra cascina, a Cavenago d’Adda, condotta oggi del figlio primogenito. Un secondo figlio, invece, segue a Castiglione le porcilaie. Aldo, il terzogenito, è invece prematuramente e tragicamente scomparso, quando aveva solo 15 anni: un incidente con il motorino, all’altezza di Turano Lodigiano, ne è stata la causa.Emilio Giupponi era morto qualche anno prima. Ha lasciato un vuoto forte, ma i suoi valori sono stati ben recepiti dai figli: uomini onesti, sinceri, senza fronzoli, appunto com’era Emilio. Il quale, alla fine, a Castiglione d’Adda, s’era ambientato benissimo. Ed era diventato pure uno dei protagonisti della gara di pesca, che si svolge in un fossato adiacente l’azienda agricola dei Giupponi, e che è annualmente promossa dall’Adda Club del paese. Il signor Emilio ci teneva che, in quell’occasione, le porte della propria azienda fossero aperte ai partecipanti: sull’aia si allestivano gli stand e si trascorreva una giornata in allegria. Una tradizione che è rimasta nel tempo, e che accende di tanta nostalgia i cuori di chi ebbe modo di conoscere ed apprezzare Emilio Giupponi.

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