Rubriche/Cascine
Domenica 11 Settembre 2011
Il Po “respira” nella corte di Gerrone
La cascina Valloni testimonia la storia della famiglia Montanari
La signora Ines Pezza, quasi pronta a festeggiare il secolo d’età, rimprovera il sessantasettenne figlio Siro: l’episodio che lui sta raccontando non si svolse esattamente con quei particolari, ma ebbe risvolti ben più precisi.Madre e figlio, centosessantacinque anni in due, stanno ripassando tanti episodi della cascina Valloni, sita alla frazione Gerrone di Caselle Landi, nella più profonda Bassa. Questa stessa corte, ancora un paio di secoli addietro, pur contando ottanta abitanti, era frazione: e non è che costasse denari alle casse dello Stato, tutt’altro, evidenziava soltanto la propria identità. Qualche peculiarità è rimasta ancora, allargata all’attuale frazione Gerrone, per esempio nella valorizzazione della sagra e della festa che si tributa alla Madonna dell’oratorio della Beata Concezione. La festa si svolge l’8 dicembre, e per gli abitanti è un’occasione speciale. Si tratta di un rito particolarmente sentito: alla Messa solenne partecipa il coro della parrocchia principale di Caselle Landi; poi c’è la liturgia dei Vespri e si recita il Rosario. La processione avviene nelle strade centrali del paese: sino a tre anni fa la statua di Maria si accompagnava sulle spalle, quindi fu fatto un carrettino alla buona con quattro ruote sottostanti per spingere a forza di braccia. La statua è arrivata nel 1913, e la signora Ines Pezza tiene moltissimo a questa circostanza, in quanto coincide con la sua data di nascita: la gente del luogo è sinceramente affezionata all’immagine sacra; pare che, attraverso preghiere e suppliche, siano state concesse dalla Madonna alcune grazie, anche di recente. Saranno solo credenze popolari? Intanto vi è una strana situazione, ma questa riguarda solo il meteo: tre giorni prima della festa dell’Immacolata piove a dirotto, diluvia sino a mezzora prima della Processione, quando tutti pensano che non sia neppure il caso di fare uscire la statua; poi, un paio d’ore prima della funzione, il cielo si schiarisce e fa capolino il sole. Tutti gli anni accade così. Da sempre.
RADICI ANTICHE
Nel passato la cascina Valloni apparteneva ovviamente al nobile marchese Landi, ma affittuaria storica, prima di divenirne proprietaria, fu la famiglia Montanari. Le origini dei Montanari sono atavicamente legate al paese di Caselle Landi. Sentire raccontare le vicende della propria famiglia a Siro Montanari è come mettersi ad ascoltare lo scorrere delle acque del Po e sentire i suoni dei boschi, un tempo addossati in prossimità del fiume. Ma per quanto amassero i loro luoghi d’origine, nel 1927 i Montanari decisero di spostarsi, fecero san Martino e andarono affittuari a Graffignana. Ogni giorno, il vecchio capostipite dei Montanari, che si chiamava Siro come il nipote ed era un uomo pacifico che chiedeva di vivere più tranquillamente possibile la propria vita, si domandava chi mai glielo avesse fatto fare di lasciare Caselle Landi, l’aria del Po, e la bellissima campagna della Bassa.Tanto che, alla prima occasione, chiese di abbreviare i tempi del contratto di affitto, e se ne tornò immediatamente al paese, andando affittuario alla cascina Risaia di Mezzanone, dove i Montanari si fermarono un triennio, per poi trasferirsi alla cascina Palazzo di Mezzanone. Quest’ultima, dove i Montanari si fermarono a lungo, è rimasta nel cuore di tutti loro, anche se l’ambiente circostante si è molto modificato: ad esempio, una volta i suoi quaranta ettari di terra erano divisi in due, venti all’interno della golena ed altrettanti al di là dell’argine. La zona golenale era selvatica: c’erano i salici, i cui pali più grossi venivano tagliati e venduti nel Piacentino perché con essi facevano i filari delle viti; con la legna più sottile si realizzavano invece fascine per la difesa delle rive del fiume; mentre con altra parte di legname si costruivano gabbie e recinti.
MADRE E FIGLI
Nel 1935 Siro Montanari senior morì tragicamente a causa di un infortunio. Egli aveva sposato una donna molto volitiva, la signora Adele Contardi, che seppe guidare con piglio sicuro le sorti dell’azienda agricola e, malgrado i tre figli maschi fossero già grandi d’età, dare loro quelle dritte per farne uomini veri ed agricoltori capaci. I tre ragazzi si chiamavano Osvaldo, Francesco Alberto e Pierino; l’ultimo morì, appena ventenne, sul fronte del secondo conflitto. Anche Francesco Alberto era partito per la guerra: era da lì che scriveva alla sua fidanzata, la nostra testimone Ines Pezza. S’erano conosciuti l’8 dicembre 1939 durante la giornata di sagra: i genitori della signora Ines gestivano un’osteria, e qui si riunivano gli uomini nei loro momenti di svago. Appena quaranta giorni dopo la conoscenza, lui partiva per il fronte. Tornò l’11 febbraio 1943: vi era la regola infatti che se due fratelli erano in guerra, ed uno dei due moriva, allora il superstite veniva congedato. Il 27 novembre 1943 Francesco Alberto ed Ines si sposavano.Nel 1952 i fratelli Montanari separarono i loro affari: Osvaldo andò, sempre a Caselle Landi, alla cascina Sant’Anna, mentre Francesco Alberto rimase alla corte Palazzo di Mezzanone sino al 1961, per poi andare alla cascina Valloni.
UOMINI DETERMINATI
Era un uomo molto determinato Francesco Alberto: uno che aveva le sue convinzioni; per esempio, che il fumo non facesse male, ed infatti fumava oltre quaranta sigarette al giorno; o che i veri rischi per la salute arrivassero da una cattiva alimentazione: così d’estate, con il calore che non gli aiutava la digestione, non mangiava quasi nulla. Oltre che curare la propria stalla e la propria terra, Francesco Alberto svolgeva un’attività come contoterzista: conduceva la trebbiatrice, di quelle con le ruote in ferro, presso le altre aziende agricole, la parcheggiava sull’aia, e quattro suoi collaboratori trebbiavano il frumento che era stato raccolto dall’affittuario o dal padrone di quella corte. Questa attività durava per una quarantina di giorni. Ed i quattro uomini addetti alla macchina lavoravano alle dipendenze di Francesco Alberto Montanari solo per quel periodo. In cascina, invece, aveva quattro dipendenti fissi: due in stalla e due in campagna. Ma il vero, autentico uomo di fiducia fu Ottorino Brugnoli, che alle dipendenze dei Montanari lavorò per tantissimi anni. Quando si trasferì alla cascina Valloni, Francesco Alberto fu molto contento, anche se questa corte, come le altre della zona, era fortemente condizionata dalle piene del Po. Non c’era come alla Mezzanone una stalla sopra un terrapieno, giusto alla stessa altezza dell’argine, per porre a riparo le bestie in caso di esondazione delle acque. Il Po qui ha spesso fatto la voce grossa: nel 1951, quando tutti gli abitanti di Caselle Landi furono evacuati; poi nel 1977, quindi nel 1994, ed infine nel 2000. Ad ogni piena si riproponeva sempre lo stesso problema: fare sloggiare le bovine. Anche nell’ultima, quella del 2000: arrivarono i carabinieri a dare ordine di sgombero. Il nostro Siro Montanari ha imparato dall’omonimo nonno e dal padre a leggere gli umori e le intenzioni del Po: gli anziani sapevano capire dal colore dell’acqua, dal suo incedere, cosa sarebbero accaduto. Disse allora che non avrebbe spostato una sola bovina. Provarono ad insistere, gli spiegarono che era una follia, che il fiume ingrossava, che sarebbe potuta avvenire una strage. Siro fu irremovibile. Le acque, sospinte dall’impeto del Po, arrivarono sino a lambire la stalla della cascina Valloni: si fermarono lì. Come aveva previsto Siro.
UN FUTURO DIFFICILE
Dal padre Francesco Alberto, Siro ha imparato tante altre cose, anche sul piano morale: per esempio, ad infischiarsene dei pregiudizi e delle idee altrui; se una cosa va a genio, deve essere fatta, qualunque commento possa suscitare agli altri.Nel 1969 Siro rimase da solo a condurre la cascina, che acquistò nel 1976. Gradualmente ampliò il numero delle bovine, e quando nel 1982 costruì la stalla all’aperto il numero di capi divenne considerevole: 120 vacche in mungitura, 20 in asciutta, e 150 in allevamento.Alla metà degli anni Settanta, accanto all’impegno di agricoltore, Siro Montanari affiancò quello di amministratore e assunse l’incarico di sindaco del comune di Caselle Landi. Quest’uomo ha quindi la sensibilità, l’esperienza, la capacità di interpretare gli eventi e ricavarne segni premonitori per il futuro. Ascoltandolo, non mi sembra di cogliere prospettive rosee per il futuro del mondo agricolo. Siro dice che per comprendere cosa stia accadendo occorrerebbe osservare cosa trasportano i camion. Ha ragione, ci ho fatto caso anch’io: trasportano mais. È per il biogas. Ormai gli affari in agricoltura si fanno lì: investendo sull’energia nuova. Così il prezzo d’acquisto del mais ha già avuto impennate notevoli, mentre quello dei terreni è divenuto proibitivo: acquista soltanto chi deve impiantare panelli per l’energia solare. I prezzi proibitivi dei campi sono un segnale inquietante: se passasse la norma che per smaltire i liquami degli animali occorre avere il terreno proporzionale al numero dei capi posseduti saranno numerose le stalle costrette a chiudere. Perché acquisire nuovi terreni, con i prezzi correnti, è come mettersi un cappio al collo. Può sembrare una verità scomoda, ma è pur sempre una verità: il possidente terriero di una volta sta tornando ad arricchirsi e chi si sporca ancora le mani, nella stalla, comincia a domandarsi se valga la pena di sopportare tanti sacrifici.Siro Montanari con la moglie Liliana Derottia, che non disdegna di andare in stalla a mungere, hanno raccolto la sfida: intendono proseguire con intatta passione e triplicati sforzi. Ad aiutarli si è affiancato anche il figlio Francesco, mentre l’altro maschio Davide ha optato per un’attività autonoma in proprio; infine c’è Elena, che svolge l’impegno di volontario alla Croce Rossa di Codogno.Ogni tanto, dice la propria anche nonna Ines. E tutti l’ascoltano.
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